Medicine complementari: costi certi e benefici incerti
Categoria : scienze_varie
Data : 14 ottobre 2005
Autore : admin
Intestazione :
Le medicine complementari rappresentano un costo certo a fronte di benefici assai incerti e non dovrebbero essere erogate a carico della collettività.
Testo :
La Regione Toscana ha inserito la fitoterapia nei livelli essenziali di assistenza. Basterà dunque la classica "impegnativa" per avere accesso a queste cure. Ci chiediamo chi controlli i risultati di queste cosiddette cure. Sono personalmente testimone di pazienti che sono stati curati presso Centri fitoterapici pubblici con fitofarmaci per malattie gravi come l'artrite reumatoide. E' tollerabile che a fronte di risorse sempre più limitate una pubblica amministrazione ammetta al rimborso da parte della collettività cure sulla cui efficacia esistono dati nemmeno lontanamente paragonabili a quelli dei farmaci tradizionali? Come mai si richiede tanto giusto rigore scientifico e metodologico per validare l'efficacia su end points spesso primari e la tollerabilità su ampi gruppi di pazienti nel caso dei farmaci tradizionali e si concede così facilmente l'utilizzo di fondi pubblici a terapie sulla cui utilità e sicurezza rimangono, per essere magnanimi, fortissime incertezze? E che cosa dovremmo pensare della cosiddetta etnomedicina accostata al logo di una ASL? Queste aperture terapeutiche terzomondiste e naturalpopolari sono davvero compatibili con l'efficacia, la tollerabilità, la sicurezza e l'efficienza che sono oggi richieste alle cure mediche? Chi dovrebbe sostenerne l'onere? Ma perché la gente si rivolge a queste terapie? Se lo chiede anche un editoriale del BMJ. Nella maggioranza dei casi, sarebbero il persistere dei sintomi e le reazioni avverse dei farmaci tradizionali la ragione del ricorso a metodi, se non alternativi, complementari alle cure classiche. Molti pazienti vi fanno ricorso, ma la popolarità di un metodo, secondo Trevor Thompson e Gene Feder, non va confusa con il suo valore. Fiona Godde, editor del BMJ, afferma che queste terapie costituiscono certamente un costo aggiuntivo per il sistema sanitario, mentre il beneficio clinico che se ne ricava è ancora incerto. Una condotta prudente e rispettosa dei diritti di tutti imporrebbe di prendere in seria considerazioni gli allarmi che vengono dal mondo scientifico sulla validità di alcune medicine complementari e, stante la grande incertezza, non concedere il ricorso a queste terapie a carico del SSN in quanto mancanti di quelle prove di efficacia e sicurezza che sono richieste alle altre cure. L'argomentazione della supposta innocuità di tali cure non è tale in quanto i danni alla salute ed i relativi disvalori socialmente rilevanti ad essi associati, avvengono non solo per atti commissivi, ma anche omissivi. Avviare pazienti, anche consenzienti, a trattamenti la cui utilità è almeno tutta da dimostrare a fronte di trattamenti alternativi convenzionali di comprovata efficacia è un comportamento non etico, altamente inefficiente e diseducativo. Il fatto poi che Istituzioni pubbliche offrano addirittura a carico dell'intera collettività queste cure è ancora più grave, accreditando, con la loro stessa immagine, di appropriatezza una procedura spesso priva di prove scientifiche di efficacia, sicurezza ed efficienza. L'onere della prova per l'erogazione a carico della collettività di tali cure spetta dunque a chi le propugna!
Luca Puccetti
Fonti: BMJ 2005; 331: 856-857. BMJ 2005; 331: 880-881
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