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Sopravvivenza cardiopatici trattati con betabloccanti è scritta nei geni


Categoria : cardiovascolare
Data : 15 ottobre 2005
Autore : admin

Intestazione :

I pazienti colpiti da infarto o affetti da angina instabile curati con beta-bloccanti hanno una prognosi che dipende in buona parte dall'assetto genetico.



Testo :

Sono stati considerati 735 pazienti che avevano sofferto di una patologia coronarica acuta, di età media pari a 60 anni. L’81% dei partecipanti era in trattamento con beta-bloccanti. Tutti i pazienti sono stati valutati per i geni dei recettori beta-1 e beta-2 adrenergici. In particolare sono stati analizzati due punti variabili del gene per il recettore beta-2, la posizione 79 (alla quale il 39% degli individui possiede una citosina) e la posizione 46 (dove il 16% della popolazione possiede un’adenina). L'end point principale predefinito era la mortalità generale a 3 anni. I risultati dello studio indicano che i pazienti che presentavano una Citosina in posizione 79 od una Adenina in posizione 46 del gene gene per i recettori beta-2, presentava una mortalità del 20% a 3 anni. I pazienti che presentavao una Guanina in posizione 79 o 46 avevano invece una mortalità pari al 6% nei tre anni del follow.up. Tutte le altre possibili combinazioni nelle due posizioni chiave del gene per il recettore beta-2 sono risultate a rischio intermedio (11% di probabilità di decesso a tre anni). Nei pazienti che non erano trattati con beta-bloccanti la diversità del genotipo a livello dei recettori beta-adrenergici non è risultato associato con differenze nella sopravvivenza, benché il numero di partecipanti non permetta di trarre conclusioni definitive.

Fonte: JAMA. 2005;294:1526-1533

Commento di Luca Puccetti

In passato altri studi avevano messo in evidenza relazioni tra l'assetto dei geni codificanti per i recettori beta ed alcuni end points secondari, come il controllo pressorio o la funzione cardiaca. Questo studio ha il merito di esaminare le relazioni tra assetto genetico dei recettori beta e la mortalità generale. Il follow-up appare troppo breve per trarre conclusioni definitive e la numerosità del campione, benchè ampia, risulta probabilmente inadeguata ad evidenziare differenze per un parametro come la mortalità, specie se si prendono in considerazioni molti confronti tra sottopruppi. Inoltre la differenza tra la sopravvivenza riscontrata tra i portatori di taluni genotipi del gene per il recettore beta-2, come affermato dagli stessi Autori dell'articolo in questione, potrebbe non essere correlata con la risposta ai farmaci betabloccanti, ma piuttosto potrebbe connotate subset di pazienti a peggior prognosi per altri fattori indipendenti dalla risposta ai betabloccanti. Risposte a tali interrogativi potranno venire dallo studio TRIUMPH (Translational Research Investigating Underlying Disparities in Myocardial Infarction Patients Status), che coinvolgerà 4500 cardiopatici e analizzerà i dati relativi ai sintomi dei pazienti, la qualità della vita e la funzionalità cardiaca in relazione alle varianti geniche dei recettori beta-adrenergici e di altri geni potenzialmente rilevanti. Comunque si sta sempre più assistendo alla ricerca di indici prognostici genetici che integrino od addirittura sostituiscano quelli clinici o fenotipici al fine di individuare subset di pazienti con diversa prognosi. E' infatti necessario personalizzare meglio sia i trattamenti che i protocolli di monitoraggio al fine di allocare meglio le risorse evitando sia i sovratrattamenti od i sottotrattamenti ed i follow-up ridondanti o troppo minimalisti. Tale tendenza è particolarmente evidente per le grandi patologie croniche e per le patologie neoplastiche.

Fonte: P. Paladini; okmedico.it 11/10/2005



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