Studio con dati inventati pubblicato sul Lancet
Categoria : scienze_varie
Data : 20 gennaio 2006
Autore : admin
Intestazione :
Clamoroso sul Lancet: i dati sulla riduzione del rischio di cancro orale da parte dei FANS erano inventati. Dova sta andando la ricerca scientifica?
Testo :
The Lancet aveva pubblicato uno studio caso-controllo (1) da cui risultava che l'uso di farmaci antinfiammatori non steroidei è associato ad una riduzione del rischio di cancro orale. Commentando quello studio Pillole.org faceva giustamente notare che quei dati andavano interpretati con molta cautela in quanto vi potevano essere numerosi fattori confondenti. Ora la rivista pubblica una cosiddetta "Espression of concern" a firma di Richard Horton (2) in cui si dice in buona sostanza che i dati dello studio sono stati "inventati", per ammissione dello stesso autore. Funzionari del Radium Hospital in Oslo hanno informato The lancet che i dati dello studio sono stati completamente inventati. L'ospedale Radium ha creato un CXomitato investigativo che passerà al setaccio non solo questo lavoro, ma anche altri studi di Jon Sudbø, inclusi i lavori pubblicati sul New England Journal of Medicine. Commento di Renato Rossi La notizia ha quasi dell'incredibile, anche se non è la prima volta e probabilmente non sarà l'ultima (la vicenda della memoria dell'acqua è ancora stampata nella memoria di noi tutti). Del tutto recentemente il New England Journal of Medicine ha pubblicato qualcosa di analogo per quanto riguarda lo studio VIGOR. In questo studio sarebbero stati taciuti tre infarti nel gruppo in trattamento con rofecoxib. La ditta produtrice ha risposto alle accuse dicendo che gli eventi cui si riferisce l'editoriale del NEJM sono stati riportati dopo il periodo di cut-off prespecificato e dunque per tale motivo non sono stati inclusi nel rapporto preliminare (per altri particolari vedi pillola realtiva del 10 dicembre 2005). Tutto questo pone un grosso interrogativo: quanto dobbiamo/possiamo fidarci dei ricercatori e in seconda istanza delle riviste che pubblicano gli studi, siano esse le più quotate e famose? La ricerca scientifica, che era nata per chiarire i dubbi e togliere la pratica della medicina dalla soggettività, sembra aver perso la bussola. Per averne un esempio basta scorrere, sempre nel numero del Lancet del 21 gennaio 2006, i vari botta e risposta tra studiosi sulla interpretazione dello studio ASCOT-BPLA (vedi pillola relativa). Leggendo i vari interventi che citano studi e metanalisi tra loro in contraddizione fa fatica a trovare il bandolo anche chi di queste cose si appassiona, figuriamoci come ci si trova un medico pratico che, ovviamente incapace di dirimere una diatriba tra esperti, si chiede: ma chi ha ragione? L'impressione è di trovarsi sempre più sulla cima di una vera e propria torre di babele di biblica memoria.
Commento di Luca Puccetti John P. A. Ioannidis epidemiologo alla Università di Ioannina, (Grecia), e al Clinical Research and Health Policy Studies, della Tufts University, Boston, in un recente articolo su PLOS Medicine (3) afferma che esiste una grave preoccupazione riguardo al fatto che la maggioranza e persino la grande maggioranza dei risultati degli studi pubblicati sia falso. In effetti chi ha effettivamente esperienza di studi clinici si domanda in quale modo si possano produrre dati su migliaia di pazienti sui più svariati argomenti con Autori che pubblicano spesso vari studi all'anno. E' logico chiedersi come tutto ciò sia in effetti possibile. Per noi italiani la domanda è ancora più sconcertante, dato i mezzi per la ricerca di cui siamo soliti disporre. E' verosimile che altri paesi concedano ai ricercatori mezzi finanziari ed organizzativi molto più consistenti, tuttavia la mole di studi che vengono prodotti e le dimensioni delle casistiche lasciano veramente perplessi. Le cause sono certamente molteplici. La fama e talora la ricchezza ed il potere dei ricercatori dipendono dal successo con cui riescono a pubblicare articoli su riviste ad alta reputazione ed elevato impact factor. La competizione per l'assegnazione dei fondi, oltre che sulla presunta bontà di un'idea sperimentale si fonda sulla bibliografia del principale proponente. E' evidente che se si pubblicano studi su argomenti che tirano, al tempo giusto e su riviste prestigiose, anche il potere del ricercatore aumenterà e così avrà in futuro ancora più soldi e potere. Il sistema del metodo scientifico vorrebbe che i risultati di uno studio fossero verificati e controllati da altri studi, realizzati da ricercatori indipendenti. La pubblicazione dei risultati di uno studio è dunque una tappa fondamentale per la verifica che dovrebbe seguirne e per la successiva eventuale accettazione delle evidenze nel corpus delle conoscenze consolidate. La feroce competizione in atto spinge verso la tentazione di aggiustare od addirittura fabbricare ad hoc dati per studi da pubblicare, magari su riviste prestigiose. Spesso, anzi quasi sempre, la si fa franca perchè il sistema attuale, di fatto, non prevede controlli. Se la pubblicazione riguarda temi di rilevante importanza addirittura intere linee guida possono essere falsate. Il danno per la collettività e per la comunità scientifica è incalcolabile. I cittadini possono perdere la fiducia nella ricerca e dunque possono crearsi le condizioni per una diminuzione delle già scarse risorse pubbliche a vantaggio di quelle private che sono più prone, ontologicamente, a condizionare gli esiti degli studi e a investire in campi dal ritorno economico a breve. Che fare ? Come si è già fatto per i clinical trials, occorre istituire un registro apposito per gli studi, anche non riguardanti farmaci, in cui gli autori dichiarino preventivamente gli scopi, le fonti di finanziamento, i tempi e si impegnino a fornire comunque i risultati, sia che siano "positivi", sia che siano "negativi". I risultati che con termine fuorviante vengono definiti "negativi" forniscono informazioni spesso ancor più rilevanti sotto il profilo pratico di quelli cosiddetti "positivi". Solo gli studi preventivamente registrati dovrebbero essere ammessi alla competizione per la pubblicazione sulle riviste a maggiore impatto. Occorre proporre un sistema di maggiore trasparenza che richieda agli autori di uno studio sottoposto alla redazione dei giornali scientifici primari di mettere a disposizione degli esperti della rivista tutti i dati grezzi dello studio che devono essere certificati, circa la loro autenticità, dal legale rappresentante della Istituzione cui i ricercatori appartengono. Siccome i danni derivanti dalla pubblicazione di studi falsi o manipolati sono transnazionali, anche le sanzioni dovrebbero esserlo e dunque dovrebbe essere istituita un' Authority internazionale ad hoc, operante sotto l'egida delle nazioni Unite, con poteri sanzionatori certi dagli effetti transnazionali. Solo coloro che accettassero tali regole potrebbero aspirare a pubblicare sulle principali riviste che, a loro volta, dovrebbero uniformarsi ad un disciplinare sulle modalità di revisione ed accettazione degli articoli proposti. Ancora, per pubblicazioni su riviste primarie, se i risultati pubblicati dovessero essere smentiti da studi ulteriori concordanti, la stessa rivista dovrebbe chiedere chiarimenti e un eventuale contraddittorio pubblico ai vari autori degli studi per chiarire se i risultati discordanti non siano frutto di alterazioni, omissioni, o peggio.
Bibiografia 1) Lancet 2005; 366: 1359-1366 2) Lancet 2006; 367:196 3) Plos Medicine; Volume 2 | Issue 8 | Agosto 2005
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