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Le UTAP: sempre piu’ vicine. Ma cosa comportano?

Categoria : professione
Data : 29 luglio 2006
Autore : admin

Intestazione :

Cambiano le impostazioni del Sistema Sanitario: cosa ne pensano i medici di famiglia?



Testo :

Da diversi anni, ormai , si sente parlare di una misteriosa entita' che promette (o minaccia?) cambiamenti radicali del settore della Medicina di base: la UTAP, o Unita' Territoriale di Assistenza Primaria.
Se ne e’ discusso accesamente, mancando anche la chiarezza sui termini della questione: cosa sono in realta' le UTAP? Il passare del tempo ci ha permesso ora di capire meglio.
Le UTAP sono state ora anche incluse, seppure come entita’ sperimentali, nel recente accordo collettivo nazionale dei medici di famiglia. I sindacati, anche quelli non troppo favorevoli, stanno quindi preparandosi ad affrontare la gestione di queste nuove entita’.

Non e’ ancora certa la figura giuridica delle UTAP, che vengono descritte soprattutto in base ai compiti e alle funzioni loro attribuite: si tratterebbe di una nuova forma associativa, a forte caratterizzazione distrettuale, che raccoglierebbe diverse figure professionali (in particolare, ma non esclusivamente) sanitari di primo livello (Medici di Famiglia, Pediatri, Medici di Continuita' Assistenziale, specialisti ambulatoriali) in modo da gestire l' intero ciclo di assistenza primaria, sia dal punto di vista diagnostico che nelle terapie e interventi sanitario-assistenziali extraospedalieri.
La genericita’ e l’ apertura alle forme di sperimentazione anche “spinta” ha provocato un serrato dibattito interno nelle categorie interessate, preoccupando e allarmando molti medici, che vedono stravolta la loro figura professionale.

In effetti i sondaggi informali svolti da alcuni sindacati rilevano la contrarieta’ della maggioranza dei medici, soprattutto quelli di anzianita’ medio-elevata; piu’ aperti appaiono i medici molto giovani e quelli con attivita’ lavorativa non consolidata. Le maggiori preoccupazioni riguardano generalmente il timore di perdere il rapporto fiduciario esclusivo medico-paziente e di venir gravati da ulteriori impegni lavorativi, onerosi e compensati a un prezzo "sociale".
Molti medici, in altre parole, non vedono le UTAP come una ulteriore opportunita’ professionale, utile per ampliare i settori di intervento, qualificarsi meglio dal punto di vista professionale, migliorare la propria situazione economica; essi temono invece di venir usati dalla parte pubblica come comodi ed economici strumenti, utili per coprire i servizi attuali a costi minori per il SSN.

Entrando piu' nel dettaglio, possiamo evidenziare diversi ordini di motivi:
In primo luogo molti medici ritengono che queste forme "forti" di assistenza di gruppo, una volta che siano state definitivamente strutturate e rese di fatto obbligatorie, possano costituire il primo passo verso la disgregazione del rapporto fiduciario personale che tradizionalmente lega il paziente al medico di famiglia da lui scelto. Questo processo di "spersonalizzazione" del rapporto avrebbe poi conseguenze molto importanti in quanto porterebbe ad una diminuzione del peso contrattuale della categoria per l’ indebolimento del sostegno che il medico riceve dai sui assistiti. Quando il medico diventa “intercambiabile”, esso perde evidentemente quel legame col cittadino-paziente che costituisce la sua maggiore difesa. Qualcuno ricordera’ come un Ministro della Sanita’ di alcuni anni fa rispose ai sindacati che respingevano alcuni suoi progetti ritenuti troppo punitivi: “Se non vi va, lasciate pure la medicina convenzionata: ci sono tanti medici pronti a prendere il vostro posto…”. In una situazione di assistenza spersonalizzata, il diktat avrebbe potuto avere esito assai preoccupante.

Un ulteriore aspetto, che preoccupa soprattutto i medici non piu' giovanissimi, e' quello tecnico-organizzativo: dato che le UTAP si rifanno essenzialmente al modello inglese, dove l’ assistenza viene effettuata a ciclo continuo (a fronte pero' di ben altri emolumenti rispetto a quelli italiani) essi temono di venir trasformati in una “copia povera” di questo modello: gestire senza interruzioni l' intero ciclo di assistenza primaria, con turni di guardia anche di notte e nei giorni festivi, perdendo le attuali (sempre piu’ scarse) tutele lavorative e senza adeguati miglioramenti economici.
Alcune paure: gestire i turni in modo da coprire l’intero arco temporale, gestire le notti, i turni di riposo, i recuperi dopo le notti, le festivita' piu' prolungate, i “ponti”, le eventuali indisponibilita' e le malattie dei componenti le UTAP, i meccanismi di "filtro" per le richieste degli assisititi ecc.
I medici, viste precedenti esperienze negative, temono di diventare cosi' i factotum e i capri espiatori di disservizi che non li riguardano.

Un altro problema, gia’ accennato, e’ costituito dagli aspetti prettamente economici: da tempo la Parte Pubblica lamenta l' eccessiva spesa sanitaria e si ingegna per trovare nuovi meccanismi di contenimento; viste le premesse, quindi, molti medici si dichiarano scettici circa la possibilita' di adeguati miglioramenti, temendo invece aumenti illusori e insufficienti a remunerare adeguatamente gli aumentati costi gestionali e l' aumentato carico di lavoro.

Molti hanno riferito di temere problemi di tipo medico-legale: come gestire, in una struttura composita di questo tipo, le problematiche connesse con i problemi della privacy, con le prescrizioni indotte, con il coordinamento dei vari sanitari nella prescrizione e nell’ attuazione delle varie (e magari non condivise) strategie di diagnosi e terapia? Come discriminare le responsabilita’ del singolo da quelle condivise da tutto il gruppo?
Infatti mentre la responsabilita’ penale per la malpractice e’ strettamente personale, la responsabilita’ organizzativa e amministrativa puo’ invece, sovente, ricadere sull’ intera Associazione, con problemi economici e assicurativi non indifferenti. Si pensi, ad esempio, all’ evenienza di visite o prestazioni richieste ma non effettuate o ai diversi punti di vista nell’ effettuazione di diagnosi no terapie. E’ ben noto l’aumento enorme della conflittualita’ tra medici ed assistiti, ma mentre i medici delle strutture pubbliche godono in parte dell’ombrello protettivo dell’ Istituzione da cui dipendono, questo non accadrebbe per i convenzionati riuniti in UTAP. Va considerato anche che parte degli obblighi giuridici che ora sono a carico delle ASL (copertura totale dell' assistenza, organizzazione dei turni, sostituzioni in caso di indisponibilita' o di malattia, organizzazione del call-center e del filtro, le responsabilita' civili, penali e amministrative, il costo delle assicurazioni contro infortuni o responsabilita' ecc.) verrebbero ad essere totalmente a carico diretto dei medici. E molti si chiedono se ne valga effettivamente la pena.

Torna percio' a spuntare, sorprendentemente, la richiesta di un passaggio dei medici territoriali ad un rapporto di dipendenza.
In effetti, di fronte ad una tale mole di obblighi e di responsabilita', molti sanitari si chiedono se non sia preferibile, piuttosto, un lavoro con orari garantiti, stipendio certo e privo di spese, piuttosto che un lavoro potenzialmente gratificante ma aleatorio e pieno di rischi, per di piu' condizionato da meccanismi imposti dall' alto.

Non c'e' dubbio che la sanita' italiana abbia bisogno di una profonda ristrutturazione; e’ anche vero che questo processo di cambiamento puo’ essere gestito in senso positivo, sfruttandone le opportunita’ senza demonizzarne i difetti.
Tuttavia resta inderogabile la necessita’ di non alterare il rapporto personale e fiduciario tra medico e paziente; l’UTAP, quindi, puo’ essere un valido strumento se inteso come struttura finalizzata a migliorare l’ aspetto organizzativo, non e’ accettabile se va ad intaccare questo aspetto fondamentale.
Daniele Zamperini - Guido Zamperini



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