Possibile curare il reflusso gastroesofageo con metodi fisici
Categoria : gastroenterologia
Data : 29 ottobre 2003
Autore : admin
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La malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) e’ una patologia in crescente aumento per incidenza e gravita’, in parte in seguito alle nuove tecniche diagnostiche, in parte probabilmente ai mutati stili di vita e alla mutata alimentazione della popolazione. Questa patologia viene affrontata generalmente con metodi farmacologici (inibitori dell’acidita’ gastrica e farmaci tendenti a regolarizzare la motilita’ esofagea). I risultati di queste terapie non sempre consentono di risolvere o migliorare in modo stabile questa patologia. Un tecnica alternativa basata su radiazioni a bassa frequenza (onde radio) irradiate a livello dello sfintere esofageo e del cardias e’ stata recentemente proposta. Sono stati esaminati, per verificare l’effettiva utilita’ di tale metodica 20 pazienti affetti da MRGE. Questi soggetti sono stati esaminati endoscopicamente e valutati a distanza di 6 mesi e 12 mesi dall’inizi del trattamento. Sono stati poi monitorati naturalmente i principali parametri biochimici. La somministrazione di radiofrequenza aveva ottenuto una diminuzione del numero di rilassamenti post prandiali dello sfintere esofageo con una aumento contemporaneo della pressione sfinterica. Da cio’ conseguiva una diminuzione del numero degli episodi di reflusso e una ulteriore conseguente diminuzione dell’esposizione all’acido della mucosa esofagea. Il monitoraggio dell’acidita’ gastrica eseguita a 12 mesi dal trattamento, dimostrava risultati altrettanto significativi. Complessivamente e’ stato dimostrato che dopo 6 mesi di trattamento il 75% dei pazienti presentava una remissione sintomatologia significativa, e a distanza di 1 anno la percentuale dei soggetti che presentavano benefici clinici si manteneva nella percentuale del 65%. L’azione con radiazione a bassa frequenza sembrerebbe agire a livello della motilita’ dello sfintere esofageo ripristinandone la tonicita’. Questo metodo fisico potrebbe costituire quindi una utile alternativa o una utile associazione alle terapie classiche, anche se il piccolo numero di soggetti indagati obblighera’ a successivi studi sull’argomento.
Tam WCE, Schoeman MN, et all. “GUT” 2003;52:479-485
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