Lo stenting non è non-inferiore all'endoarterectomia nelle stenosi carotidee.
Categoria : cardiovascolare
Data : 10 gennaio 2007
Autore : admin
Intestazione :
Lo studio SPACE non è riuscito a dimostrare la non-inferiorità dello stenting rispetto all' endoarterectomia carotidea per il tasso di complicazioni periprocedurali; lo studio EVA-3S addirittura è stato interrotto anticipatamente per ragioni di sicurezza per la maggior comparsa di stroke e morte a 1 e 6 mesi con lo stenting
Testo :
L'endorterectomia carotidea è efficace nella prevenzione dell'ictus nei pazienti con stenosi carotidea sintomatica severa e lo stenting endocarotideo è usato frequentemente come trattamento alternativo. Non ci sono dati convincenti circa quale dei due metodi sia migliore. Al fine di valutare quale trattamento fosse maggiormente efficace a breve termine è stato realizzato lo studio SPACE (Stent-Protected Angioplasty versus Carotid Endarterectomy) su 1200 pazienti con stenosi sintomatica carotidea che sono stati randomizzati entro 180 giorni da un attacco ischemico transitorio o da un ictus di moderata intensità (score maggiore od eguale a 3 nella scala di Rankin modificata) a stenting carotideo (n=605) o endoarterectomia (n=595). L'end point primario era rappresentato dalla frequenza di ictus ipsilaterale o di morte dalla randomizzazione a 30 giorni dopo la procedura. Il limite di non-inferiorità è stato definito come una differenza del 2,5% in meno rispetto al tasso previsto di eventi pari al 5%. Le analisi sono state effettuate secondo l'intenzione a tratatre. Sono stati inclusi nell'analisi 1183 pazienti . Il tasso di morte o di ictus ipsilaterale dalla randomizzazione a 30 giorni dopo la procedura è stato pari al 6,84% con lo stenting e al 6,34% con endoarterectomia (differenze assoluta 0,51%; 90%IC da 1,89% a 2,91% ). Il valore unidirezionale di p per la non-inferiorità è 0,09. Lo studio SPACE non è riuscito a dimostrare la non-inferiorità dello stenting rispetto all' endoarterectomia carotidea per il tasso complicazioni periprocedurali. I risultati dello studio non giustificano l'uso molto diffuso dello stenting per il trattamento delle stenosi carotidei. Sono attesi i risultati a 6-24 mesi. Nello studio EVA-3S [2], anch'esso di non inferiorità, sono stati reclutati pazienti con stenosi carotidea sintomatica di almeno il 60%. Lo scopo era di paragonare endoarterectomia versus stenting. L'end-point primario era la comparsa di stroke o morte entro 30 giorni dall'intervento. Il trial è stato interrotto prematuramente dopo aver arruolato 527 pazienti perchè l'incidenza dell'end-point primario era del 3,9% dopo endoarterectomia e del 9,6% dopo stent. A 6 mesi l'incidenza di stroke e morte era del 6,1% dopo endoarterectomia e dell'11,7% dopo stenting. Si notarono maggiori complicazioni locali dopo stenting e maggiori complicazioni polmonari dopo endoarterectomia ma la differenza non era significativa. Lesioni dei nervi cranici furono più comuni dopo endoarterectomia.
Fonte: 1. The SPACE Collaborative Group. 30 day results from the SPACE trial of stent-protected angioplasty versus carotid endarterectomy in symptomatic patients: a randomised non-inferiority trial Lancet 2006 Oct 7; 368:1239-1247 2. Mas J-L et al for the EVA-3S Investigators. Endarterectomy versus Stenting in Patients with Symptomatic Severe Carotid Stenosis. N Engl J Med 2006 Oct 19; 355:1660-1671
Commento di Luca Puccetti
Il 20-40% degli ictus cerebrali è legato alla presenza di lesioni ateromasiche a livello delle arterie carotidee extracraniche [1]. Ampi studi randomizzati hanno dimostrato che la rimozione chirurgica dalla placca mediante endoarterectomia è superiore alla terapia medica antiaggregante nella prevenzione dell'ictus in caso di lesioni realizzanti una stenosi superiore al 60%, in pazienti con sintomi neurologici correlabili alla lesione, e superiore al 70-80%, in pazienti asintomatici [2-6]. Nel trattamento di stenosi carotidee extracraniche lo stenting dell'arteria carotidea sta emergendo come alternativa all'endoarterectomia chirurgica [7,8]. Inizialmente il trattamento con stent era riservato a pazienti con stenosi carotidee significative che presentavano un aumentato rischio operatorio dovuto, tra l'altro, all'occlusione della carotide controlaterale, alla presenza di lesioni molto distali, difficilmente raggiungibili dal chirurgo, di anomalie anatomiche come il collo taurino e di comorbidità cardiache e/o polmonari gravi. Da metà degli anni novanta le indicazioni inizialmente assai restrittive dello stenting, si sono tramutate nell' applicazione semisistematica per quasi tutti i pazienti della procedura con solo poche controindicazioni quali la presenza di trombo fresco o di lesioni critiche distali ed intracraniche. L'ampliamento delle indicazioni è dovuta ad una progressiva riduzione delle complicanze neurologiche periprocedurali che a sua volta è principalmente legata alla messa a punto della tecnica di stenting e all'utilizzo di sistemi di protezione cerebrale. Nei più recenti studi pubblicati, tutti con l'impiego routinario di protezione cerebrale, è stata riscontrata una bassa incidenza di stroke e morte, confrontabile con i migliori risultati riportati per il trattamento chirurgico[10-17]. Studi con il Doppler transcranico hanno dimostrato che lo stenting carotideo è associato ad una maggiore embolizzazione di frammenti rispetto all'endoarterectomia chirurgica [18,19]. Per ridurre la possibilità di queste embolizzazioni, che possono causare complicanze neurologiche periprocedurali [20], sono impiegati diversi sistemi di protezione cerebrale. Prima dello stenting carotideo viene somministrata aspirina 100-325 mg e ticlopidina (250 mg due volte al dì, iniziando almeno 3 giorni prima della procedura) o clopidogrel (75 mg al giorno se iniziato il giorno prima della procedura oppure 300 mg se somministrato immediatamente prima della procedura). Durante la procedura si somministra eparina 70-100 U / Kg .Dopo la procedura si continua terapia con aspirina a tempo indeterminato e ticlopidina o clopidogrel per 1 mese (doppia antiaggregazione). L'uso di farmaci inibitori della glicoproteina IIb/IIIa è sconsigliato durante le procedure di stenting carotideo [22,23]. Nello stenting carotideo, al contrario di quello coronarico, non c'è alcun bisogno di ottenere una stenosi residua vicina allo 0%. Risultati angiografici con presenza di stenosi residua fino al 40%, ottenuti senza correre un eccessivo rischio d'embolizzazione, garantiscono buoni risultati clinici ed ecografici sia immediati che a lungo termine. L'endoarterectomia chirurgica è stata effettuata con ottimi risultati per molti anni ed è stata considerata il "gold standard" per il trattamento delle stenosi carotidee [2-6]. Per dimostrare l'uguaglianza o superiorità di una tecnica alternativa, bisogna valutare criticamente l'incidenza di complicanze periprocedurali e l'efficacia clinica a lungo termine dell'approccio terapeutico nuovo. L'efficacia clinica che è il vero obiettivo del trattamento si valuta negli anni di sopravvivenza senza ictus. Per valutare la sicurezza procedurale l'unico parametro valido è l'end-point combinato dell'incidenza di ictus/morte nei primi trenta giorni. Gli ictus includono quelli minori (non disabilitanti oppure non permanenti) ed i maggiori (disabilitanti e permanenti), ma non i TIA. La morte può essere da qualsiasi causa. Un'altra importante definizione riguarda i pazienti sintomatici ed asintomatici. Sono definiti sintomatici solo i pazienti che nei 6 mesi precedenti la procedura hanno subito un TIA, un ictus oppure un' amaurosi fugace chiaramente correlabile alla lesione da trattare. Tutti gli altri pazienti completamente asintomatici o con sintomi aspecifici (ad esempio sincopi, vertigini o stroke/TIA controlaterali) sono da considerare come pazienti realmente asintomatici [2,3,6]. L'indicazione ad eseguire qualsiasi tipo di rivascolarizzazione delle arterie carotidi dipende dall'incidenza di complicanze associate alla procedura proposta [24]. Secondo le linee guida [24,25] il trattamento di stenosi carotidee deve essere eseguita solo se l'incidenza di stroke/morte nei primi 30 giorni è del 6% nei pazienti con lesioni sintomatiche e del 3% nei pazienti asintomatici. Questi limiti si basano sui risultati di due grandi studi. Nel NASCET (North American Symptomatic Carotid Endarterectomy Trial) [2,3] l'incidenza di stroke/morte a 30 giorni di pazienti sintomatici è stata del 6.7%. Il limite del 3% nei pazienti asintomatici è basato sullo studio ACAS (Asymptomatic Carotid Artery Study) [4], dove l'incidenza periprocedurale di stroke/morte dopo CEA in pazienti a basso rischio è stata del 2.3%. Altri studi con pazienti asintomatici meno selezionati hanno ottenuti risultati meno favorevoli. Nello studio VACS (Veterans Affairs Cooperative Study) [5] l'incidenza di stroke permanente e morte era del 4.7%. Tre precedenti studi randomizzati hanno confrontato l'endoarterectomia con lo stenting [26-28]. Nei tre studi l'incidenza di stroke/morte periprocedurale non è risultata significativamente differente tra le due tecniche. Confrontando i risultati dei primi registri di stenting carotideo eseguito senza protezione con quelli più recenti con utilizzo routinario di questi sistemi, si nota un'importante riduzione delle complicanze procedurali. L'applicazione routinaria della protezione cerebrale riduce dunque l'incidenza di complicanze procedurali. Altri importanti fattori sono l'ottimizzazione della tecnica di stenting ed il miglioramento del materiali usati. Durante 5 anni d'esperienza Roubin e Coll. [7] hanno dimostrato una riduzione dell'incidenza di stroke/morte dal 9.3% nel primo anno al 4.3% nel quinto anno. Il confronto dell'efficacia clinica a lungo termine dello stenting e dell'endoarterectomia non è facile per la mancanza di dati direttamene comparabili. Nello studio randomizzato CAVATAS l'incidenza di stroke ipsilaterale e morte a 3 anni dalla procedura era simile tra i gruppi [26]. Nello studio NASCET l'incidenza di stroke/morte era del 15.8% a 2 anni e nell'ACAS 20.7% a 5 anni [3]. Nel registro di Roubin e Coll. l'incidenza di stroke nei pazienti sintomatici era dell' 11% e nei pazienti asintomatici del 14% [7]. L'incidenza di restenosi dopo stenting è inferiore al 10% [7, 10, 30] e l'angioplastica semplice con protezione per il trattamento della restenosi intrastent comporta buoni risultati angiografici. Nonostante il disegno sperimentale del trial recensito nella presente pillola non sia certamente idoneo a far emergere differenze, trattandosi di studio di non inferiorità, lo stenting carotideo, così ampiamente praticato, non si è rivelato non-inferiore all'endoarterectomia limitatamente all'end point primario predefinito ossia le complicanze perioperatorie. Come già sottolineato cruciali possono rivelarsi i metodi di protezione cerebrali che sono stati usati, le co-morbidità, i materiali usati per lo stenting, l'abilità e l'esperienza degli operatori nelle tecniche applicate. Sono attesi i risultati con un follow-up più protratto che potrebbero essere pesantemente condizionati dalla durata e dal tipo di terapia antiaggregante postoperatoria praticata. Lo stenting dunque in base ai risultati del presente studio potrebbe essere riservato ai pazienti ad elevato rischio operatorio.
Commento di Renato Rossi
Come ha esaurientemente spiegato Luca Puccetti nel suo commento non è ancora chiaro se nelle stenosi carotidee l'angioplastica associata a posizionamento di stent ottenga gli stessi risultati dell'endoarterectomia. In una revisione Cochrane del 2003 [31] hanno soddisfatto i criteri di inclusione (terapia endovascolare vs endoarterectomia oppure terapia endovascolare associata a terapia medica vs terapia medica da sola) due RCT per 698 pazienti. La revisione ha permesso di ritrovare inoltre altri due trials (242 pazienti) che erano stati interrotti anticipatamente e un terzo trial (307 pazienti) che aveva completato il follow-up a 30 giorni. La meta-analisi dei dati non ha trovato differenze per quanto riguarda morte e stroke a 30 giorni tra angioplastica con stent e intervento chirurgico; ad un anno continuavano a non essere evidenti differenze per morte e stroke tra i due trattamenti. L'approccio endovascolare riduceva il rischio di lesione dei nervi cranici mentre non c'era differenza per l'end-point composto da morte, stroke e infarto miocardico. Gli autori della revisione concludevano che i rischi precoci e i benefici a lungo termine tra le due procedure sembrano simili, tuttavia questa conclusione potrebbe essere minata dalla eterogeneità presente in 4 dei 5 trials esaminati. Inoltre due RCT sono stati interrotti anticipatamente per motivi di sicurezza e questo potrebbe aver portato ad una sovra-stima dei rischi del trattamento endovascolare. Prudentemente la Cochrane suggeriva che le prove a disposizione non giustificano un cambiamento radicale delle raccomandazioni che vedono l'endoarterectomia il trattamento di scelta e si ritengono necessari ulteriosi studi. In uno studio successivo [32], denominato SAPPHIRE,sono stati arruolati 334 pazienti con stenosi carotidea sintomatica di almeno il 50% o asintomatica di almeno l'80%. I partecipanti, che avevano tutti delle condizioni ritenute ad alto rischio per l'endoarterectomia, sono stati randomizzati a intervento chirurgico di rimozione della placca oppure a stent associato a device per la protezione contro le embolizzazioni. L'end-point primario era composto da morte, stroke o infarto miocardico entro 30 giorni dall'intervento e da morte o stroke ipsilaterale dal 31° giorno ad un anno. Questo end-point si verificò in 20 pazienti (12,2%) del gruppo stent e in 32 (20,1%) del gruppo endoarterectomia. Lo studio era di non inferiorità e la P per questo parametro era di 0.004; al contrario la P per la superiorità risultò essere di 0,053. A distanza di un anno interventi di rivascolarizzazione carotidea si resero necessari nello 0,6% del gruppo stent e nel 4,3% del gruppo chirurgico (P = 0,04). Lo studio evidenziava quindi che a distanza di un anno l'uso di stent con protezione anti-emboli non è inferiore all'endoarterectomia carotidea e anzi comporta un minor ricorso a procedure di rivascolarizzazione della carotide. In una meta-analisi [33] ancora più recente di 5 RCT per un totale di 1154 pazienti (557 randomizzati ad angioplastica con o senza stent e 577 ad endoarterectomia) ad un mese l'end-point composto da morte o stroke non risultò diverso tra i due gruppi (P = 0,5). Sempre ad un mese la frequenza di infarto miocardico e di lesione dei nervi cranici risultò inferiore nel gruppo angioplastica. Ad un anno non risultarono differenze per quanto riguarda l'ictus ipsilaterale. Vengono ora pubblicati i risultati a breve termine dello studio SPACE, che ha arruolato una casistica più numerosa rispetto agli studi precedenti. Anche questo studio era di non inferiorità ma non è riuscito a dimostrare che lo stenting non è inferiore alla endorterectomia. Tuttavia sarà opportuno aspettare i risultati a 6 mesi e ad un anno per avere una visione più completa della questione. L'end-point ad un mese dall'intervento è sicuramente interessante perchè focalizza l'attenzione sulle complicanze periprocedurali però offre una visione limitata nel senso che i dati potrebbero cambiare nel lungo termine. Infatti, come suggeriscono le evidenze per ora disponibili, sembra che ad un anno non ci siano grandi differenze tra stenting ed endoarterectomia. Anzi alcuni studi fanno ritenere che lo stent potrebbe portare a minori complicanze a carico dei nervi cranici e ad un minor ricorso di rivascolarizzazione del vaso. I risultati dello studio EVA-3S sono più preoccupanti: è stato necessario interromperlo prematuramente perchè l'incidenza di ictus e morte era decisamente più elevata sia a 30 giorni che a 6 mesi nel gruppo stenting. Come si giustificano i risultati di questi due studi, in controtendenza rispetto a quelli precedenti? Una spiegazione potrebbe essere che le popolazioni arruolate erano molto diverse, un'altra che la casistica degli studi era limitata mentre sia lo SPACE che l'EVA-3S hanno arruolato un numero cospicuo di pazienti. La questione appare quindi molto complessa, ancora in pieno divenire. Come concludere? Per ora e provvisoriamente ci sembra accettabile la raccomandazione di usare come trattamento elettivo l'endoarterectomia, riservando l'angioplastica con stent ai pazienti che si ritiene siano a rischio chirurgico elevato.
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