Statine nello scompenso cardiaco?
Categoria : cardiovascolare
Data : 17 aprile 2007
Autore : admin
Intestazione :
Le statine potrebbero essere utili nello scompenso cardiaco, sia di origine ischemica che non ischemica, ma sono necessari studi randomizzati e controllati per trarre conclusioni definitive.
Testo :
In uno studio di tipo osservazionale sono stati analizzati i dati di 24.598 pazienti (età media 71 anni), sia ospedalizzati che ambulatoriali, ai quali era stata posta una diagnosi di scompenso cardiaco nel periodo 1996-2004. Il 51% dei pazienti aveva cominciato ad assumere statine nei 4 mesi precedenti la diagnosi di scompenso. Questo sottogruppo evidenziava più frequentemente del sottogruppo che non aveva ricevuto statine un pregresso infarto miocardico, una coronaropatia, un intervento di rivascolarizzazione coronarica, diabete o ipertensione. Inoltre si trattava di soggetti più spesso di sesso maschile e più giovani. Il follow-up medio dello studio è stato di 2,4 anni. Dopo aggiustamento per fattori confondenti, l'uso delle statine risultava associato ad una mortalità più bassa (14,5% versus 25,3%/anno; Hazard Ratio 0,76; IC95% 0,72-0,80). Più basso risultava anche il rischio di ricovero per scompenso cardiaco (Hazard Ratio 0,79; IC95% 0,74-0,85). Questi risultati erano indipendenti dalla etiologia dello scompenso e dalla presenza o meno di cardiopatia ischemica o altre caratteristiche cliniche.
Fonte: Go AS et al. Statin therapy and risks for death and hospitalization in chronic heart failure. JAMA 2006 Nov 1; 296:2105-11.
Commento di Renato Rossi
Oltre alle loro proprietà ipocolesterolemizzanti le statine sono dotate di numerosi altri effetti ancillari (proprietà pleiotropiche): sulla funzione endoteliale, sulla flogosi, sui processi trombotici, sullo stress ossidativo, sulla proliferazione cellulare e financo sul rimodellamento ventricolare e sull'ipertrofia cardiaca. Si può ipotizzare quindi un loro uso esteso nei pazienti affetti da scompenso cardiaco di etiologia non solo ischemica. Analisi secondarie di alcuni studi randomizzati sulle statine (CARE, 4S) hanno suggerito che le statine potrebbero ridurre la progressione verso l'insufficienza cardiaca. Uno studio osservazionale [1] su quasi 55.000 pazienti dimessi dall'ospedale dopo un ricovero per scompenso cardiaco ha dimostrato che chi veniva dimesso con una statina aveva una ridotta mortalità sia ad un anno (HR 0,80) che a tre anni (HR 0,82), indipendentemente dai livelli di colesterolo, dall'età e da una storia di cardiopatia ischemica. Un' analisi a posteriori [2] dello studio Val-HeFT (in cui veniva testato il valsartan in pazienti scompensati) ha dimostrato che la mortalità, in un periodo di 2 anni, era del 17,9% in chi assumeva statine e del 20,3% in chi non le assumeva (HR 0,81; IC95% 0,70-0,94). Esiste anche un piccolo studio randomizzato e controllato [3] su 108 pazienti affetti da scompenso cardiaco non ischemico in cui la somministrazione di atorvastatina (20 mg/die) ha prodotto, dopo un anno, il miglioramento della frazione di eiezione ventricolare sinistra rispetto al placebo, ma non una riduzione della mortalità e delle ospedalizzazioni. Tuttavia si tratta di uno studio con poca casistica e di durata limitata per poter trarre qualche conclusione, sia in un senso che nell'altro. Purtroppo tutte le evidenze disponibili derivano per ora da studi di tipo osservazionale e l'analisi a posteriori degli RCT sulle statine ci aiuta poco. Infatti in una revisione sistematica [4] della letteratura esistente si evidenzia che nei trials in cui sono state testate le statine come farmaci ipolipemizzanti i pazienti con scompenso cardiaco erano sistematicamente esclusi, per cui rimane da stabilire quale possa essere l'utilità di questi farmaci in tali pazienti. In effetti sono in corso RCT (tra cui il GISSI-HF italiano) che stanno valutando l'efficacia della terapia con statine versus placebo nella insufficienza cardiaca. Come concludere per il momento? Anche se le evidenze derivanti da studi osservazionali lasciano intendere che le statine potrebbero essere utili nei pazienti con scompenso cardiaco, fino a che gli RCT attualmente in corso non saranno completati, riteniamo che questa classe di farmaci dovrebbe essere usata solo in particolari sottogruppi di pazienti scompensati (per esempio se coesiste diabete, cadiopatia ischemica, arteriopatia periferica, ecc) ma che sia ancora prematuro un uso estensivo in tutti i casi.
Bibliografia 1. Foody JM et al. Statins and mortality among elderly patients hospitalized with heart failure. Circulation 2006 Feb 28; 113:1086-92. 2. Krum H et al. Statins and symptomatic chronic systolic heart failure: A post-hoc analysis of 5010 patients enrolled in Val-HeFT. Int J Cardiol 2006 Oct 16 (pubblicato online anticipatamente) 3. Sola S et al. Atorvastatin improves left ventricular systolic function and serum markers of inflammation in nonischemic heart failure. J Am Coll Cardiol 2006 Jan 17; 47:332-7. 4. van der Harst P et al. Statins in the Treatment of Chronic Heart Failure: A Systematic Review. PLoS Medicine 2006 Vol. 3, No. 8 (Aug), e333 DOI: 10.1371/journal.pmed.0030333
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