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Ridurre il numero di sigarette non serve; smettere presto si


Categoria : scienze_varie
Data : 22 luglio 2007
Autore : admin

Intestazione :

Nei forti fumatori la riduzione di almeno il 50% del numero di sigarette fumate ogni giorno non comporta benefici sulla mortalità totale o specifica.



Testo :

Uno studio prospettico di coorte norvegese si è proposto di determinare se la riduzione di almeno il 50% del numero di sigarette consumate sia in grado di ridurre la mortalità in uomini e donne forti fumatori (> 15 sigarette al giorno). Sono stati arruolati 24.959 uomini e 26.251 donne (età 20-49 anni) screenati a metà degli anni '70 per fattori di rischio cardiovascolare, screenati nuovamente dopo 3-13 anni e seguiti fino al 2003. Lo studio ha paragonato chi continuava a fumare almeno 15 sigarette al giorno a chi durante il follow-up ha ridotto il consumo di almeno il 50%. La riduzione delle sigarette fumate non comportava un abbattimento del rischio di morte per tutte le cause, per malattie cardiovascolari, per coronaropatia, per neoplasie associate al fumo e per cancro polmonare.
Gli autori concludono che nei forti fumatori la riduzione di almeno il 50% del numero delle sigarette fumate ogni giorno non riduce il rischio di morte. E' consigliabile non far credere al paziente che la riduzione del fumo comporta benefici in termine di salute onde non creare false aspettative.

Fonte:
Tverdal A et al. Health consequences of reduced daily cigarette consumption
Tobacco Control 2006;15:472-480.


Commento di Renato Rossi

Pur trattandosi di uno studio osservazionale in cui il consumo di sigarette era riferito dai pazienti ( e quindi il dato potrebbe essere soggetto a bias) i risultati appaiono scoraggianti: i forti fumatori, anche se riescono a dimezzare il numero di sigarette fumate, non ne trarranno beneficio. Non sappiamo se questo sia valido anche per i fumatori "leggeri", comunque il messaggio è chiaro: con il fumo niente compromessi, si deve smettere del tutto perchè la semplice riduzione potrebbe essere un illusorio quanto inutile palliativo.

Comento di Luca Puccetti

Lo studio conferma i risultati di uno studio danese pubblicato nel 2002 (1) in cui 19732 soggetti sono stati seguiti tra il 1967 ed il 1988, con controlli seriati a intervalli di 5-10 anni ed con un follow-up medio di 15,5 anni.

La mortalità non risultò significativamente diminuita nel gruppo che aveva ridotto il consumo di sigarette, HR = 1,02 (95% CI: 0,89, 1,17).

Ben diverso il risultato per chi riesce a smettere del tutto come dimostrano i dati di uno studio multicentrico, svolto in U.S.A. e Canada su 5887 fumatori di mezza età con lieve compromissione della funzione respiratoria, ma per il resto apparentemente in buona salute (2). I soggetti sono stati randomizzati ad un programma intensivo di disassuefazione dal fumo della durata di 10 settimane o alla "cura abituale". L'intervento consisteva in interventi volti a conseguire modifiche comportamentali, uso di gomme alla nicotina, ed ipratropio o placebo per inalazione.
I Partecipanti al gruppo di intervento hanno preso parte ad un programma di mantenimento per ridurre le riprese dl fumo.

Dopo 5 anni, il 21.7% dei partecipanti nel gruppo di intervento ed il 5.4% del gruppo "cura abituale" erano astinenti dal fumo fin dall'inizio dello studio.

Ad un follow-up di 14,5 anni sono state registrate 731 morti: 33% per cancro polmonare, 22% per malattia cardiovascolare, 7.8% per altre patologie respiratorie, e 2.3% per cause sconosciute.

La mortalità per tutte le cause è stata del 10,38 per 1000 persone-anni nel gruppo "cura abituale" e 8,83 per 1000 persone-anni nel gruppo di intervento (P = 0,03; hazard ratio [HR], 1,18; (95% CI, 1,02-1,37).

Chi riesce a smettere di fumare ha una mortalità per tutte le cause ridotta della metà rispetto a chi continua.

Ovviamente la forbice si divarica dopo svariati anni dalla cessazione per cui è importante smettere di fumare quanto prima se proprio non si riesce ad evitare di cominciare.

L'effetto della cessazione sulla mortalità è significativo solo nei soggetti con età inferiore a 45 anni (HR terapia abituale vs intervento 1,88; P = 0,001, mentre non risulta significativo se la cessazione avviene dopo i 45 anni.


Referenze

1) Am J Epidemiol 2002; 156:994-1001
2) Ann Intern Med. 2005;142:233-239



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