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Terapia risincronizzante nello scompenso cardiaco


Categoria : cardiovascolare
Data : 24 novembre 2007
Autore : admin

Intestazione :

La terapia risincronizzante sembra utile anche nei pazienti con scompenso cardiaco in classe 4 secondo la classificazione NYHA.



Testo :

Nello studio COMPANION [1] erano stati arruolati 1520 pazienti affetti da scompenso cardiaco in classe 3-4 NYHA, sia di natura ischemica che non ischemica, con una frazione di eiezione inferiore al 35% e un intervallo QRS prolungato (> 120 msec). I pazienti erano stati randomizzati a ricevere terapia medica ottimale oppure terapia medica associata a device risincronizzante con o senza defibrillatore (rispettivamente CRT e CRT-D). I criteri di esclusione erano l'ospedalizzazione o prolungato uso di inotropi per via infusiva nel mese precedente, recente intervento di rivascolarizzazione coronarica, aritmie atriali refrattarie o infarto miocardico. Il follow-up fu di 11,9-16,5 mesi e l'end-point primario i decessi e i ricoveri da tutte le cause. Rispetto alla sola terapia medica sia il pacemaker risincronizzante (CRT) sia il pacemaker-defibrillatore (CRT-D) hanno ridotto l'end-point: HR 0,81 (P=0,014) e 0,80 (P=0,01) rispettivamente. Il rischio di morte per scompenso od ospedalizzazione per scompenso erano ridotte del 34% nel gruppo pacemaker (P< 0,002) e del 40% nel gruppo pacemaker-defibrillatore (P< 0,001). La morte da ogni causa (end-point secondario) era ridotta del 24% (P=0,059) nel gruppo pacemaker e del 36% (P=0,003) nel gruppo pacemaker-defibrillatore. Quindi nei pazienti con scompenso cardiaco avanzato e intervallo QRS prolungato la terapia risincronizzante diminuisce il rischio combinato di morte da ogni causa e di ospedalizzazione; quando il pacemaker è associato al defibrillatore impiantabile si ottiene anche una riduzione significativa della mortalità totale. Limitazioni dello studio erano la mancanza di cecità e un eccesso di interruzioni del trattamento nel gruppo in terapia medica.
E' stata effettuata ora un'analisi a posteriori [2] dei dati dello studio COMPANION che dimostra come sia i CRT che i CRT-D, rispetto alla terapia medica, migliorano il rischio di morte e di ospedalizzazione anche nei 214 pazienti che al baseline erano in classe 4 NYHA. Rispetto alla terapia medica si aveva un HR per l'end-point primario (morte e ospedalizzazione da tutte le cause) di 0,64 (p = 0,02) per i CRT e di 0,62 ( P = 0,01) per i CRT-D.
Gli autori concludono che questo studio è il primo a dimostrare i benefici di questi device nella classe 4 NYHA.
Un editorialista ammette che pazienti ambulatoriali con scompenso avanzato ma stabile e che non hanno necessità di agenti inotropi per via infusiva possono essere utilmente trattati con CRT/CRT-D, tuttavia è importante usare criteri appropriati di selezione dei pazienti, per cui sono auspicabili ulteriori studi [3].


Fonte:

1. Bristow MR et al. Cardiac-resynchronization therapy with or without an implantable defibrillator in advanced chronic heart failure. N Engl J Med 2004 May 20; 350(21):2140-50.
2. Lindenfeld J et al. Effects of cardiac resynchronization therapy with or without a defibrillator on survival and hospitalizations in patients with New York Heart Association class IV heart failure. Circulation 2007; 115: 204–212.
3. Tang WHW, Francis GS. Cardiac resynchronization therapy in New York Heart Association class IV heart failure. It is all about selection. Circulation 2007; 115:161-162.


Commento di Renato Rossi

I pazienti con scompenso cardiaco cronico nel 30% dei casi circa hanno un ritardo di conduzione intraventricolare (un blocco di branca destro o sinistro) che si traduce in una perdita della coordinazione della contrazione ventricolare e in ultima analisi in una riduzione della funzionalita' contrattile. Questi pazienti hanno outcomes peggiori rispetto agli scompensati con QRS di durata normale. Per il loro trattamento è stato proposto l'impianto di un device con un pacing sia nel ventricolo destro che sinistro che porta ad una risincronizzazione del battito cardiaco (CRT = Cardiac resynchronization therapy) e che può essere associato anche ad un defbrillatore (CRT-D).
Già una meta-analisi [1] di 4 RCT per un totale di 1634 pazienti con un follow-up di 3-6 mesi aveva suggerito che la terapia risincronizzante riduce la mortalità da scompenso cardiaco nei pazienti con disfunzione ventricolare sinistra sintomatica e le ospedalizzazioni e potrebbe anche ridurre la mortalità totale. In una revisione sistematica [2] successiva di 9 RCT per un totale di 3216 pazienti con scompenso in classe 3-4, si concludeva che, in pazienti selezionati, la risincronizzazione cardiaca migliora lo stato emodinamico e funzionale, riduce le ospedalizzazioni per scompenso e riduce la mortalità da tutte le cause, tuttavia gli studi potrebbero aver sovrastimato l'efficacia del trattamento.
Nel 2005 venne pubblicato lo studio CARE-HF [3] che reclutava 813 pazienti con scompenso cardiaco in classe 3-4, con follow-up di 29,4 mesi. Il trial dimostrò che la terapia risincronizzante migliora i sintomi e la qualità di vita rispetto alla sola terapia medica e riduce le complicazioni e il rischio di morte.
Ora l'analisi a posteriori dello studio COMPANION, pur con i limiti di questo tipo di analisi e pur riguardando pochi pazienti, suggerisce che i device funzionano anche nei casi più severi, quelli appartenenti alle classi più avanzate di scompenso. Tuttavia il punto critico rimane sempre la corretta selezione dei pazienti che, seppur gravi, devono esser in fase stabile, senza necessità di terapia infusiva con inotropi. Nello studio infatti questa tipologia di pazienti era esclusa come lo era chi aveva una aritmia atriale refrattaria e un infarto miocardico.
Nel 2005 l'American Heart Association ha stabilito [4] che i migliori candidati alla CRT sono pazienti con cardiopatia dilatativa ischemica o non ischemica, frazione di eiezione < 35%, QRS > 120 msec, ritmo sinusale e classe NYHA 3-4, sintomatici nonostante terapia medica massimale.
La CRT non è raccomandata invece nei pazienti con scompenso lieve. I rischi della CRT sono minimi e paragonabili a quelli dell'impianto di un pace-maker tradizionale o di un defibrillatore. Le complicanze descritte vanno dai sanguinamenti alle infezioni, al pneumotorace, agli ematomi ai versamenti pericardici. In casi molto rari sono stati però riportati anche infarto, stroke e persino morte.


Referenze

1. Bradley DJ et al. Cardiac resynchronization and death from progressive heart failure: a meta-analysis of randomized controlled trials. JAMA. 2003 Feb 12;289:730-740
2. McAlister FA et al. Systematic Review: Cardiac Resynchronization in Patients with Symptomatic Heart Failure. Ann Intern Med 2004 Sept 7; 141:381-390
3. Cleland JGF et al. for the Cardiac Resynchronization -- Heart Failure (CARE-HF) Study Investigators
The Effect of Cardiac Resynchronization on Morbidity and Mortality in Heart Failure. N Engl J Med 2005 Apr 14; 352:1539-1549
4. Strickberger SA et al. Endorsed by the American College of Cardiology Foundation and the Heart Failure Society of America. Patient Selection for Cardiac Resynchronization Therapy: From the Council on Clinical Cardiology Subcommittee on Electrocardiography and Arrhythmias and the Quality of Care and Outcomes Research Interdisciplinary Working Group, in Collaboration With the Heart Rhythm Society. Circulation 2005 Apr 26; 111: 2146 - 2150.



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