Beta-bloccanti nell'ipertesione: che fare?
Categoria : cardiovascolare
Data : 04 dicembre 2007
Autore : admin
Intestazione :
Una rapida rassegna degli studi che hanno valutato l'efficacia dei betabloccanti come farmaci di prima scelta nel trattamento dell'ipertensione ci permette di fare il punto sullo stato dell'arte.
Testo :
In questi ultimi anni il ruolo dei beta-bloccanti come farmaci di prima scelta nel trattamento dell'ipertensione arteriosa è stato messo in discussione. Che cosa è successo? Vediamo di ripercorrere le varie tappe del processo di revisione e, se possibile, di trarre delle conclusioni per il medico pratico. Una prima metanalisi [1] aveva valutato l'efficiacia dell'atenololo rispetto a placebo o altri trattamenti. Il dato sorprendente fu che rispetto al placebo l'atenololo non riduceva la mortalità totale nè quella cardiovascolare nè l'infarto, anche se vi era una riduzione, statisticamente non significativa, dell'ictus. Rispetto agli altri trattamenti i dati erano ancora più sconfortanti: l'uso dell' atenololo risultava associato ad una mortalità totale e cardiovascolare e ad un rischio di ictus più elevati. Una seconda meta-analisi [2] comprendente 18 RCT concludeva che rispetto al placebo o al non trattamento il rischio di stroke era ridotto dai betabloccanti del 19% (circa metà di quanto ci si sarebbe aspettato), mentre rispetto agli altri antipertensivi l'uso dei betabloccanti era associato ad un rischio di ictus più elevato del 16% (p = 0,009) e ad un aumento della mortalità totale del 3% (dato non significativo, p = 0,14). Tuttavia la letteratura ci ha ormai abituato al dire e disdire: e infatti, immancabile, viene pubblicata una contro-metanalisi [3] per contestare i dati di Lindholm. La tesi sostenuta è che i beta-bloccanti funzionano nei giovani ipertesi (< 60 anni) perchè portano ad una significativa riduzione della mortalità e della morbidità mentre non dovrebbero essere usati negli anziani soprattutto perchè, rispetto ad altre terapie, comportano un rischio maggiore di ictus. Ma Lindholm insiste e ribatte [4] che in realtà non vi sono evidenze che confermino una maggior efficacia dei beta-bloccanti nei pazienti più giovani. In seguito a questi studi il NICE rivede le sue linee guida e toglie i betabloccanti dalla lista dei farmaci di prima scelta: nei giovani si dovrebbe partire con un aceinibitore o un sartano, negli anziani con un calcio-antagonista o un tiazidico. Peraltro anche queste raccomandazioni sono state in parte contestate [5]. Arriva per ultima una revisione Cochrane [6] (aggiornata agli studi condotti fino al giugno 2006) che esordisce rimproverando alle metanalisi precedenti di aver confrontato i betabloccanti con gli altri trattamenti come se questi fossero una classe omogenea mentre potrebbe essere che essi sono meno efficaci di una classe di antipertensivi ma più efficace di un'altra. Inoltre nessuno si è preso la briga di valutare la tollerabilità dei betabloccanti rispetto agli altri farmaci. Si sa che le revisioni Cochrane sono caratterizzate da una elevata qualità metodologica (parafrasando una nota pubblicità del bel tempo andato potremmo dire che si comprano quasi a "scatola chiusa"), è interessante quindi studiare bene le loro conclusioni. La revisione ha permesso di ritrovare 4 RCT (n=23.613) in cui i betabloccanti sono stati confrontati con placebo, 5 RCT (n=18.241) in cui il confronto è avvenuto con i diuretici, 4 RCT (n=44.825) di confronto con calcioantagonisti, e 3 RCT (n= 10.828) di paragone con inibitori del sistema renina-angiotensina. Di seguito i risultati della revisione.
Mortalità totale Non c'era differenza tra betabloccanti e placebo, betabloccanti e diuretici e betabloccanti e inibitori del sistema renina-angiotensina; risultava però più elevata con i betabloccanti rispetto ai calcioantagonisti (numero dei soggetti da trattare per avere un decesso in più o NNH = 200). Eventi cardiovascolari Riduzione degli eventi rispetto al placebo, soprattutto grazie ad una riduzione del rischio di stroke (NNT = 200), ma nessuna riduzione del rischio di eventi coronarici; non risultarono differenze rispetto a diuretici e inibitori del sistema renina-angiotensina; aumento degli eventi rispetto ai calcioantagonisti (NNH = 80) Stroke Aumento del rischio rispetto ai calcioantagonisti (NNH = 180) e agli inibitori del sistema renina-angiotensina (NNH = 65) Cardiopatia ischemica Nessuna differenza rispetto a calcioantagonisti, diuretici, inibitori del sistema renina-angiotensina. Interruzione del trattamento per effetti collaterali Nessuna differenza rispetto ai calcioantagonisti; percentuale di maggior interruzione rispetto a diuretici (NNH = 16) o inibitori del sistema renina-angiotensina (NNH = 18)
Gli autori concludono quindi che le prove disponibili non consigliano di usare i betabloccanti come farmaci di prima scelta nel trattamento dell'ipertensione. Tuttavia sottolineano che il betabloccante usato dal 75% dei partecipanti era l'atenololo, quindi non sappiamo se questi risultati siano validi per altri betabloccanti. Inoltre non è noto, almeno per ora, se vi siano differenze di efficacia sui giovani piuttosto che sugli anziani. Cosa si può aggiungere? Non molto altro se non che vi sono comunque delle condizioni cliniche associate all'ipertensione in cui i betabloccanti possono avere un loro ruolo, per esempio nel paziente emicranico o con angina o aritmie. Inoltre i betabloccanti hanno dimostrato di ridurre la mortalità nel post-infarto e nello scompenso cardiaco per cui in queste condizioni son farmaci obbligati, purchè tollerati e non controindicati. Altre condizioni in cui i betabloccanti possono essere utili sono l'ipertiroidismo, l'ipertensione portale, il glaucoma. Un bollettino indipendente [7] fa notare che probabilmente non esiste un farmaco ideale unico di prima scelta, che spesso è necessario usare più di un farmaco per ottenere l'effetto ipotensivo desiderato e che ridurre la pressione è più importante del tipo di farmaco usato: la decisione deve essere personalizzata ma i betabloccanti restano farmaci importanti e non dovrebbero comunque essere sospesi nei pazienti già in trattamento se tollerati ed efficaci.
Renato Rossi
Referenze
1. Carlberg B et al. Atenolol in hypertension: is it a wise choice? Lancet 2004 Nov 6; 364: 1684-89 http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=1510 2. Lindholm LH et al. Should β blockers remain first choice in the treatment of primary hypertension? A meta-analysis. Lancet 2005 Oct 29; 366:1545-1553 http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2013 3. Khan N et al. Re-examining the efficacy of ß-blockers for the treatment of hypertension: a meta-analysis. CMAJ 2006 Jun 6; 174: 1737-1742 http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2549 4. Lindhom LH et al.Beta blockers in primary hypertension: do age and type of beta-blocker matter? J Hypertens. 2006 Nov;24(11):2143-5. 5. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2683 6. Wiysonge CS et al. Beta-blockers for hypertension. Cochrane Database of Systematic Reviews 2007, Issue 1. Art. No.: CD002003. DOI: 10.1002/14651858.CD002003.pub2. 7. Elsik M et al. Should beta blockers remain first-line drugs for hypertension? Australian Prescriber 2007 Feb; 30:5–7.
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