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Giurisprudenza discorde sul risarcimento dei danneggiati da emotrasfusioni

Categoria : medicina_legale
Data : 26 marzo 2007
Autore : admin

Intestazione :

Sentenze contrastanti sul diritto ad un risarcimento integrale e sugli altri benefici richiesti dagli emotrasfusi ammalatisi di epatite. E i medici rischiano di pagare per tutti



Testo :

Sta per nascere una guerra tra magistrati di opposte tendenze, il Ministero della Salute, i medici legali Consulenti del Tribunale?
Speriamo di no, ma le prime avvisaglie si vedono gia’. Argomento del contendere, il trattamento da riservare ai danneggiati da emotrasfusioni.
Infatti questo nucleo di malati sta diventando un vero e proprio casus belli, di una contesa che tende ad essere sempre piu’ aspra.
Tutto nasce dal fatto che non e’ ancora stato precisamente e concordemente definito il trattamento che lo Stato intende riservare ai danneggiati da emotrasfusioni.

Un passo indietro: e’ noto infatti come numerosi soggetti sottoposti a trasfusione di sangue o di emoderivati siano stati infettati da virus contenuti nel materiale trasfuso, contraendo malattie certamente importanti, come le epatiti B e C o addirittura l ‘ HIV.
Cio’ e’ avvenuto soprattutto (anche se non esclusivamente) nei decenni 80-90, allorche’non era ancora ben nota l’epidemiologia e l’infettivita’ di diversi virus.
Lo Stato, per motivi di solidarieta’ sociale, ritenne di farsi carico della situazione con una serie di disposizioni legislative che intendevano tutelare i soggetti affetti da queste patologie; al Ministero vennero affidati compiti di controllo e tutela dei derivati ematici e, con la Legge 210/92 lo Stato stabiliva un indennizzo in favore degli infettati. Tale indennizzo aveva esplicitamente finalita’ assistenziali e non risarcitorie, ed era erogato in base alle tabelle allegate alla stessa legge.
Nel 2001, in seguito ad una sentenza del Tribunale di Roma (4/15 Giugno 2001, Giudice Lamorgese) la questione subiva un repentino cambiamento: il Magistrato stabiliva che l’ infezione da parte di virus contenuti nei prodotti per emotrasfusioni comportava una responsabilita’ da parte del Ministero.
Infatti, come in sintesi stabilisce il Magistrato, il Ministero della Salute era venuto meno al suo dovere di tutela e di controllo verso le aziende farmaceutiche produttrici di tali farmaci e verso i Centri Trasfusionali, e quindi al Ministero risaliva in via definitiva la responsabilita’ del danno subito.
Questa sentenza apriva un nuovo filone di contenzioso in quanto, entrati nel settore della responsabilita’ civile (art. 2043, art.2050, art. 2059 codice civile), si legittimava la riparazione del danno non piu’ mediante un “indennizzo” bensi’ mediante un piu’ lucroso “risarcimento”.
Come e’ noto, infatti, l’indennizzo e’ un rimborso forfettario stabilito da una norma legislativa o contrattuale stabilito per riparare un eventuale situazione di danno; il risarcimento invece e’ il rimborso totale di tutti i tipi di danno subiti (patrimoniale, non patrimoniale, esistenziale) nonche’ delle eventuali spese sostenute in seguito all’evento.
Al contrario della cifra forfettaria stabilita per l’ indennizzo il risarcimento, specie in caso di soggetti giovani ammalatisi di epatite cronica evolutiva, poteva raggiungere sommando le diverse voci a cifre estremamente elevate, nell’ordine di miliardi delle vecchie lire.

Tale interpretazione giurisprudenziale dava quindi inizio ad una pioggia di ricorsi avverso il Ministero della Salute.

Non tutti i Tribunali pero’ concordavano con questa interpretazione: mentre a Roma l’interpretazione del Giudice Lamorgese si affermava come prevalente, presso altri Tribunali si seguivano indirizzi diversi: il Tribunale di Torino ad esempio, con la sentenza del 13/12/2001, negava la legittimazione passiva del Ministero sostenendo, in altre parole, l’ assenza di responsabilita’ del Ministero.

L’ interpretazione “romana” induceva anche un certo numero di malati ad effettuare richieste multiple di indennizzo e, contemporaneamente, di risarcimento (verso il Ministero e spesso anche verso i Centri Trasfusionali). La Cassazione (Sez. Lavoro n. 13923 del 21/10/2000) bloccava queste pretese dichiarando, in contrasto con alcune pronunce del Giudice di Merito, l’indennizzo come “alternativo alla pretesa risarcitoria volta a tenere integrale risarcimento dei danni sofferti in conseguenza del contagio, ove sussista una colpa delle strutture del S.S.N”.
In altre parole la Cassazione negava la possibilita’ di cumulare l’indennizzo ricevuto in base alla norma di legge con il risarcimento ricevuto in sede giudiziaria.
La Cassazione si pronunciava poi, su un altro aspetto controverso: quello del limite cronologico a cui potersi appellare per sostenere una richiesta di risarcimento. La Sez. Lavoro (sentenza n. 11609 del 31/5/2005) affermo’ che non è configurabile la responsabilità civile del Ministero della Sanità nei confronti di soggetti che risultano contagiati dai virus HIV, HBC e HCV a seguito di trasfusioni e somministrazione di emoderivati in relazione a condotte tenute anteriormente alla prevedibilità dei virus e alla possibilità materiale di rilevarne l'esistenza con appositi controlli, mancando il messo causale tra condotta ed evento.
I limiti cronologici individuati dalla Corte sono, rispettivamente, il 1978 per i casi di infezione da virus dell' epatite B, il 1985 per l' HIV, il 1988 per l' HCV.

Nella stessa direzione del Tribunale di Torino si e’ mosso il Tribunale di Catania (Sez. V Civile sentenza n. 2547/06) che respinge l’ipotesi di legittimazione passiva del Ministero della Salute, negando la possibilita’ di ottenere dallo Stato un risarcimento che, qualora venisse riconosciuta una effettiva responsabilita’ o colpa grave da parte di aziende farmaceutiche o da parte degli ospedali o dei sanitari che effettuavano le trasfusioni, andrebbe semmai chiesta a questi soggetti e non al Ministero.
La Sentenza del Tribunale di Catania, dopo una articolata critica alle decisioni del Tribunale di Roma, si spinge a considerazioni critiche piuttosto pesanti: ”Cio’ che sembra muovere gli orientamenti giurisprudenziali qui in discussione sembra la lodevole (se coltivata nel rispetto delle regole costituzionali) ambizione di farsi carico del dramma di chi abbia subito, nelle piu’ diverse circostanze, danni gravissimi alla persona. L’ambizione di risolvere un problema assumendo tanto coraggiosamente il compito da cercare percorsi interpretativi che consentano qualche supplenza… e’ il pericolo che da sempre corrono i giudici: quello di cercare il modo di motivare cio’ che sembra giusto, invece che individuare, sulla base di una rigorosa selezione delle motivazioni possibili cosa sia conforme alla legge e all’ordinamento nel suo complesso”.
La riattribuzione delle responsabilita’ allo Stato, come stabilito dal Tribunale di Roma veniva commentato come “uso approssimativo improprio del sistema della responsabilita’ civile”.

Al centro di queste dispute dottrinarie puo’ trovarsi talvolta, in difficolta’, il Consulente d’Ufficio (CTU) chiamato dal Magistrato non solo a diagnosticare le patologie, a esaminare il nesso di causalita’ con le passate trasfusioni, a quantificare l’entita’ del danno in base alle Tabelle di legge, ma anche a stabilire se siano rilevabili elementi di responsabilita’ da parte delle strutture sanitarie o del Ministero.
In questo modo il CTU viene coinvolto in una disputa giuridica che non trova d’accordo nemmeno i cultori della materia, ed e’ chiamato, impropriamente, a risolvere un problema di interpretazione giurisprudenziale che non e’ medico ma esclusivamente giuridico.
Ed ecco che il CTU puo’ trovarsi quindi nella situazione di travalicare, magari senza nemmeno rendersene conto, i suoi poteri, al punto di venire pesantemente contestato.
Infatti le somme erogate dal Ministero (da sempre oppostosi al criterio risarcitorio) per risarcimenti miliardari sono lievitate enormemente, al punto da far ipotizzare la possibilita’ di rivalsa verso i CTU troppo accomodanti o troppo favorevoli alla linea “romana”. Qualche voce ha parlato perfino di possibili interventi della Guardia di Finanza, che sembra diventata l’ arma finale per ogni pressione o vendetta verso categorie scomode.

Infatti le recenti norme (come descritto in un recente Convegno sulla materia, svoltosi a Roma e segnalatoci dalla collega Cristina Gervasi) integrano economicamente il beneficio economico realtivo alla legge 210/92 ma solo per i danneggiati da vaccinazione, con un beneficio economico pari ad una quota MENSILE di Euro:
4356,345 per la prima categoria (90-100%)
4280,605 per la second acategoria (80-90%)
4205,46 per la terza categoria (70-80%)
4129,93 per la quarta categoria (60-70%)
3475,05 per la quinta categoria (50-60%)
3410,13 per la sesta categoria (40-50%)
2787,825 per la settima categoria (30-40%)
2733,775 per l'ottava categoria (20-30%)
La quota sopra menzionata deve esser ripartita tra il soggetto leso e chi lo "...assiste in maniera prevalente e continuativa....." .
Non puo’ tuttavia non rilevarsi la stridente incoerenza con le altre provvidenze socio-sanitarie, considerando la concessione di un importante beneficio assistenziale a categorie con un danno di valore esiguo ( in merito al quale lo stato di assistenza deve essere semplicemente autodichiarato) in un sistema sociale ove per gravi patologie meritevoli di assistenza continua ( gli invalidi al 100% con diritto all’ indennita’ di accompagnamento) vengono elargiti appena 450 euro al mese, con una
commissione apposita che deve valutare l'esistenza dello stato di bisogno.

Inoltre va tenuto presente che una volta che sia stata riconosciuta la correlazione causale, si aprono ulteriori orizzonti economici nel versante della responsabilità civile in quanto e’ possibile avanzare risarcimento per fatto illecito: non sono poche le cause avanzate in giudizio in cui il medico vaccinatore e’ poi stato citato per responsabilita professionale avvalendosi del riconoscimento del nesso già avuto dalla CMO. I cittadini, non appagati da quanto già ottenuto , avanzano ulteriore richiesta di risarcimento in sede civile, da sommare a quanto gia’ percepito avvalorando come estremi di responsabilità motivazioni quali la mancata visita al momento della somministrazione e la mancanza di informazione e consenso.
Daniele Zamperini



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