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Una paziente difficile

Categoria : casi_clinici
Data : 16 maggio 2007
Autore : admin

Intestazione :

Una paziente etichettata da anni come funzionale in realtà nascondeva una precisa patologia organica.



Testo :

Giovanna ha 72 anni, vedova da cinque, vive da sola, non lontano dall'unica figlia sposata.
Frequenta molto assiduamente l'ambulatorio del medico di famiglia, di volta in volta per i più vari disturbi: astenia, capogiri, dolori migranti alle articolazioni, cattiva digestione, insonnia, mancanza di respiro. Il medico l'ha visita più volte senza mai riscontrare un repetto obiettivo che potesse giustificare i vari quadri clinci lamentati. Sono stati eseguiti, nel corso degli anni, numerosi esami ematochimici risultati sempre normali, radiografie del torace, ecografia dell'addome, radiografia della colonna lombo-sacrale, varie consulenze specialistiche (ortopedica, reumatologica, cardiologica). Gli accertamenti praticati non hanno mai mostrato rilievi patologici. Il medico si è ormai abituato, nel corso degli anni, alle varie lamentazioni di Giovanna e l'ha etichettata come ipocondriaca. Quando la vede comparire sulla porta dell'ambulatorio nella sua mente scatta già l'inquadramento diagnostico di paziente funzionale. Da circa 4 mesi ha tentato anche una terapia con un antidepressivo SSRI, con risultati a dir il vero scoraggianti.
Negli ultimi mesi però le visite di Giovanna al medico si sono fatte più frequenti: si lamenta che la stanchezza è aumentata, che fatica a muoversi con la stessa scioltezza di prima, che le sembra di essere gonfia (in realtà è anche aumentata di qualche chilo). Il medico la visita per l'ennesima volta, risscontra una pressione arteriosa di 120/70, una frequenza cardiaca di 60 bpm, un addome leggermente globoso, ma null'altro. Il colorito gli sembra un poco anemico per cui fa eseguire degli esami ematchimici che mostrano in effetti un valore di emoglobina di poco al di sotto dei valori normali (11,8 g/dL) ma con volume globulare medio normale, sideremia e ferritina sono nella norma, così come gli altri parametri misurati (glicemia, creatinina, transaminasi, VES, esame urine, elettroforesi proteica). Certo quindi che si tratti dell'ennesima forma "funzionale" il medico prescrive una terapia "ricostituente" a base di iniezioni.
La paziente non si fa più vedere per qualche settimana, poi un bel giorno piomba in ambulatorio con la figlia al seguito. "Dottore, dobbiamo far qualcosa per mia madre" esordisce quest'ultima " le cure che le ha ordinato non sono servite a nulla, lei si sente sempre più stanca, svogliata, ha poco appetito e continua a gonfiarsi. Non potrebbe essere la tiroide?" Il medico è preso in contropiede, alla tiroide non aveva pensato, controlla la cartella clinica e vede che comunque aveva richiesto un dosaggio del TSH e dell'FT4 circa un paio d'anni prima, ma erano risultati nella norma. Scuote la testa perplesso ma richiede questi nuovi esami. Una settimana dopo Giovanna e la figlia ritornano raggianti: "Ha visto che era proprio la tiroide?". I medico controlla gli esami ed in effetti nota che vi è un franco ipotiroidismo, per il quale prescrive la terapia sostitutiva a base di tiroxina. In cuor suo deve ammettere che la figlia è stata più abile di lui a porre il sospetto diagnostico.
Dopo un paio di mesi Giovanna entra in ambulatorio ed esclama "Dottore, con la pastiglia che mi ha dato ora mi sento come rinata".

Commento al caso clinico

Questo caso clinico è esemplare non tanto per la patologia in sè (un ipotiroidismo in una donna anziana è una condizione che si riscontra con una certa frequenza), quanto perchè dovrebbe portarci a riflettere sul fatto che i "frequent attenders", i pazienti che vediamo spesso per motivi i più vari e ai quali per anni abbiamo fatto eseguire accertamenti sempre negativi, tanto che li abbiamo etichettati come "funzionali", possono ad un certo punto ammalarsi di una patologia organica. Questi pazienti sono forse quelli che più mettono a dura prova l'acume diagnostico del medico.


Renato Rossi



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