Pillole di EBM - Capitolo 13
Categoria : scienze_varie
Data : 09 maggio 2007
Autore : admin
Intestazione :
Cosa fare quando ci sono numerosi pazienti partecipanti ad uno studio di cui si sono perse le tracce?
Testo :
Quello dei pazienti persi al follow-up è un aspetto molto delicato da considerare quando si valuta uno studio. Mi limiterò a riportare l'esempio dello studio ISIS 2 (che ha analizzato l'efficacia dell'aspirina nell'infarto): in questo studio più di un quarto dei pazienti era persa al successivo follow-up. In altre parole non si sapeva che fine avessero fatto, se fossero vivi o morti, se avessero avuto o meno un infarto, ecc. Nessuno sa esattamente cosa bisognerebbe fare in questi casi ma, secondo alcuni autori, sarebbe necessario considerare i drop-outs (cioè i soggetti persi al follow-up) nel gruppo in trattamento come deceduti e quelli del gruppo controllo come viventi. Se si applicasse un tale approccio (troppo drastico?), i benefici dell'aspirina dimostrati dallo studio scomparirebbero. Ma allora come si fa a risolvere il problema dei persi al follow-up e dei quali non si conosce quindi il destino? Viene comunemente accettato che perdite minori, delll'ordine del 2-3% dei pazienti, non vadano ad inficiare i risultati e non sia pertanto necessario ricorrere a particolari artifici. Per perdite superiori, in genere fino al 10%, si può ovviare ricorrendo alla cosidetta "sensitivity analysis". Si tratta di un artificio che cerco di spiegare subito. Supponiamo di avere uno studio che prevedeva come end-point principale il numero di infarti e che abbia avuto una perdita al follow-up del 10% dei pazienti arruolati. Si può “fingere”: 1. che tutti i pazienti persi appartenenti al gruppo trattamento abbiano avuto un infarto e quelli del gruppo controllo no 2. che tutti abbiano avuto un infarto, sia quelli del gruppo trattamento che quelli del gruppo controllo 3. che nessuno di questi pazienti abbia avuto l'infarto 4. che l’infarto l’abbiano avuto solo quelli del gruppo controllo e non quelli del gruppo trattamento. Le cose ovviamente cambiano a seconda dello scenario ipotizzato: se per esempio supponiamo che tutti i pazienti persi del gruppo trattamento siano andati incontro ad un infarto e quelli del gruppo controllo no e, nonostante questo artificio estremo, il trattamento si dimostra ancora efficace possiamo essere tranquilli sulla bontà dei risultati trovati.
Per capire meglio la questione facciamo questo esempio:
- 1000 pazienti gruppo trattamento: 950 sono seguiti fino alla fine e di 50 si perdono le tracce si verificano 50 infarti
- 1000 pazienti gruppo controllo: 950 sono seguiti fino alla fine e di 50 si perdono le tracce si verificano 180 infarti
Come si vede la perdita al follow-up è del 5% in entrambi i gruppi.
Il rischio assoluto di infarto nel gruppo trattamento è del 5% (attenzione perchè si deve fare un'analisi intention to treat e quindi bisogna considerare la totalità dei pazienti assegnati a quel gruppo), nel gruppo controllo è del 18%, il Rischio Relativo è di 0,28 con IC95% di 0,21-0,33. Si conclude quindi che il trattamento è efficace nel ridurre il rischio di infarto in maniera significativa. Rimane però il problema dei pazienti persi al follow-up, quindi queste conclusioni sono affidabili? Ipotizziamo allora che tutti i 50 pazienti del gruppo trattamento abbiamo avuto un infarto (scenario peggiore ed in verità estremamente improbabile) e che nessuno dei 50 pazienti persi del gruppo controllo abbia avuto un infarto. Si ottiene:
1000 pazienti del gruppo trattamento: 50 + 50 infarti = 100 1000 pazienti del gruppo controllo: 180 infarti
Il rischio assoluto con il trattamento diventa del 10%, quello del gruppo controllo rimane del 18%. Si ha un RR = 0,56 con un IC95% = 0,44-0,70. Come si vede, nonostante questa ipotesi estrema la riduzione del rischio ottenuta dal farmaco rimane significativa dal punto di vista statistico. Si può quindi dire che, nonostante la perdita di pazienti del 10% al follow-up (5% nel gruppo controllo e 5% nel gruppo trattamento), i risultati dello studio sono robusti perchè se la significatività statistica rimane nello scenario più sfavorevole al trattamento a maggior ragione rimarrebbe nelle altre ipotesi.
Questo modo di procedere può essere accettato, come abbiamo visto, per perdite fino al 10% della casistica arruolata (alcuni autori portano questa percentuale al 15-20%). Per perdite superiori il trial, secondo stretti criteri metodologici, non fornisce più risultati attendibili. Infatti quando queste perdite sono notevoli esse possono essere molto squilibrate tra un braccio e l'altro: per esempio potrebbe essere che nel gruppo placebo i pazienti persi sono più a rischio o più malati di quelli persi nel gruppo trattamento (o viceversa). Il fenomeno finisce comunque per azzerare i benefici della randomizzazione che, come sappiamo, ha lo scopo di distribuire in maniera eguale fattori di rischio noti e non noti tra i due bracci dello studio. Un numero troppo elevato di drop-outs può quindi condizionare in modo imprevedibile l'end-point primario dello studio creando quello che viene definito in gergo tecnico "attrition bias". Anche l'escamotage della sensitivity analysis quindi va sempre considerato con prudenza.
Renato Rossi
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