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Ricordo dal Kenia

Data : 30 novembre 2004
Autore : admin

Pagina: 1 - Quel matto di Don Alessandro

Sgrana improvvisamente gli occhi con evidente sorpresa… “Ma questa è la prova che la provvidenza esiste davvero! Ma davvero esistono dei preti così in Italia?”. “Sembra di sì, don Sandro…”. E continua a rimirare quella busta che don Fabio gli ha inviato… Veramente non l’ha inviata proprio a lui. Sicuramente ne ignorava l’esistenza. “Qui dentro c’è una somma che lei destinerà a chi vorrà”. Così mi aveva detto prima che io partissi per l’Africa per trascorrere il Natale. Il Kenya non è solo Malindi o Watamu, bianche spiagge di Vip e turisti di mari lontani che anelano crogiolarsi e arrostirsi ai 39 gradi di quel sole che a dicembre picchia come un martello in testa, con la vita che trascorre fra giorni di svago e serate brillanti e dorate. Basta allontanarsi dalla statale che da Mombasa si dirige in Somalia, percorrere pochi chilometri su quelle strade con una jeep che si lamenta ad ogni buca, quasi sentieri di terra rossa che si inoltrano nel bush fra palmeti, piante di manghi e baobab, e ci si ritrova a vagare fra villaggi di capanne di argilla e dal tetto di makuti dove sgambetta curiosa una miriade di bimbi. Già… Quei bimbi… Quel don Alessandro non vedeva l’ora di fare qualcosa per loro, per aiutarli a sopravvivere… Ma andiamo con ordine. In quella regione la popolazione è massacrata dall’AIDS e quei piccoli, tanti, troppi, ne sono inconsapevoli e incolpevoli vittime. Ha deciso di raccoglierne più che può e costruire per loro una casa dove possano essere assistiti e amorevolmente accompagnati verso il loro incerto e improbabile futuro. Ma anche da quelle parti le case costano… Una casa così almeno 10.000 euro... Forse a noi fa sorridere che una cifra così esigua possa rivelarsi un problema. Ma questo è un paese dove un lavoratore guadagna 60 euro al mese, dove ancora troppa gente vive alla giornata con una gran fame atavica da amministrare quotidianamente. “E poi- continua don Alessandro- dopo la casa ci vuole anche il cibo, poiché i bimbi hanno fame, hanno sempre fame. E quindi altri soldi…”. E che viene in mente a quel vulcanico missionario? Fa il giro di tutti gli amici, e qui ne ha davvero un sacco poiché tutti gli vogliono un gran bene, e ad ognuno accolla qualcosa. “Ce la fai a regalarmi un chilo di patate al mese? E tu ti impegni per un chilo di fagioli? E magari tu un sacchetto di farina…”. E’ un prete giovane, poco più che quarantenne; viene dalle parti di Roma e ha scelto di venire in Kenya a fare il parroco di un’innumerevole teoria di villaggetti. A volte mi sono chiesto se non si è un po’ matti per venire a fare il prete da queste parti… La domenica mattina la gente, vestita con abiti colorati, s’incammina verso la Chiesa. Una costruzione semplice e dignitosa con il tetto in lamiera. La Messa è l’occasione per incontrarsi, per ritrovare quel Dio che sembra averli dimenticati, ma che ha inviato quel prete, quei preti, a fare da tramite fra quella gente e il cielo. I tamburi scandiscono i canti di una gioia infinita e di un ritmo a volte frenetico e a volte malinconico. La gente accompagna i ritmi danzando, battendo le mani e levandole al cielo come armonici ventagli. E in questo Natale così lontano, così caldo e diverso, penso alle nostre Chiese dorate, alle mille luci degli alberi, alle girandole dei regali, alle corse impazzite verso il Supermercato, alle pantagrueliche mense. Qui, al contrario, basta solo una casa col tetto di paglia per infilarci un bel po’ di bambini… La costruzione è già iniziata. Una notte mi sono trovato a guardare se, in quel cielo così denso di stelle così lucenti e vicine alla terra, una cometa non si fosse posata proprio lì, ancora una volta sopra una capanna.

Camillo Vittici




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