Psa: istruzioni per l'uso
Categoria : urologia
Data : 13 gennaio 2008
Autore : admin
Intestazione :
Una valutazione pratica dell'utilizzo del dosaggio del PSA in diversi contesti clinici.
Testo :
In mancanza di studi clinici randomizzati e controllati (che sono attualmente in corso, ma i cui risultati saranno dispobili fra qualche anno) non è chiaro se lo screening del cancro postatico mediante dosaggio del PSA sia utile o dannoso. E’ possibile infatti che il PSA non sia utile come screening tumorale, e potrebbe rivelarsi perfino dannoso anche per le frequenti sequele della prostectomia radicale, creando un esercito di impotenti ed incontinenti. In caso di scoperta di PSA aumentato un trucco è quello di controllarlo nel tempo, ogni 6, mesi senza nessun pericolo anche in caso di neoplasia sottostante.
E’ dimostrato che in caso di neoplasia un PSA aumentato anticipa la diagnosi da 6 a 12 anni. (1) Questo permette di osservare la variazione del PSA e di notare la tendenza all'incremento (in tal caso è opportuno seguire attentamente il caso), alla diminuzione (per probabile infiammazione prostatica cronica) oppure verso un andamento altalenante.
Questo modo di procedure è molto utile e pratico in un setting di Medicina Generale, consentendo un risparmio di molte procedure inutili e dannose.
E' consigliabile rappresentare i dati su un grafico per una più immediata valutazione rispetto ai singoli dati grezzi.
Grafico 1: Variazione PSA nel tempo in paziente con IPB senza Neoplasia Prostatica
Nel grafico n. 1 sono rappresentati i valori plasmatici del PSA in in un paziente anziano con frequenti infezioni prostatiche che contribuiscono a mantenere il PSA a valori alti. L’osservazione ripetuta nel tempo fornisce una curva suggestiva per assenza di patologia prostatica clinicamente attiva e questo può consentire di evitare manove diagnostiche inutili o addirittura dannose per il paziente.
Grafico 2: Variazione PSA nel tempo in paziente con Neoplasia Prostatica
In casi di neoplasia aggressiva il PSA tenderà ad aumentare lentamente, anche in maniera altalenante, ma il trend è comunque verso l’aumento. Questo impone un approfondimento diagnostico.
Grafico 3: Variazione PSA nel follow-up dopo prostatectomia
L’emivita del PSA è di 3 giorni e dopo prostatectomia il PSA dovrebbe essere indosabile a 30 giorni, ma per convenzione si stabilisce un riferimento a 2 mesi. Un aumento del PSA sopra 0,2 ng/mL in due determinazioni consecutive definisce una recidiva biochimica.
Con la terapia radiante, in caso di risposta, dovremmo aspettarci una diminuzione del PSA sotto 1 ng/mL in un tempo molto più lungo, circa 6-12 mesi. La misurazione seriata del PSA ogni 3 mesi per il primo anno consente di stabilire il suo nadir ovvero la soglia più bassa raggiunta.
Questa è la base per stabilire la recidiva biochimica che richiede 3 aumenti consecutivi oltre il nadir, secondo le Linee Guida della American Society for Therapeutic Radiology and Oncology (ASTRO).
Grafico 4: Variazione PSA in paziente con carcinoma prostatatico in watchful waiting (paziente nato nel 1942)
Durante un ricovero per problemi respiratori viene eseguito il dosaggio del PSA che viene trovato aumentato ed il paziente viene avviato alla biopsia che dimostra un adenoca della prostata. Il paziente, dopo adeguata informazione, preferisce adottare l’attesa vigile. La figura mostra l’andamento del suo PSA nel tempo che si mantiene sempre alto, ma altalenante. Una possibile spiegazione è che la neoplasia non è clinicamente evolutiva, ossia non è di quelle che uccidono. In questo modo è possibile stabilire il timing della sua aggressività in base al trend della curva verso l’alto.
Clementino Stefanetti
Referenze
1) Draisma G. Lead times and overdetection due to prostate-specific antigen screening: estimates from the European Randomized Study of Screening for Prostate Cancer. J Natl Cancer Inst. 2003;:868-78. http://jnci.oxfordjournals.org/cgi/reprint/95/12/868.pdf
Commento di Luca Puccetti
Nonostante molti sforzi per trovare un predittore affidabile dell'evoluzione di una neoplasia prostatica scoperta mediante dosaggio del PSA, ad oggi, non esiste un metodo standardizzato e largamente implementato, anche se nuovi markers sono allo studio con buone possibilità. L'osservazione del PSA è un metodo che può consentire il risparmio di procedure invasive e di sequele chirurgiche molto fastidiose, ma non c'è modo per sapere se l'aspettare può, in quel caso specifico, comportare una diminuzione della speranza di vita del paziente per il ritardo terapeutico di una neoplasia precocemente aggressiva sul piano clinico. Recentemente il test PCA3, che consiste nella valutazione dell'espressione di un particolare gene delle cellule prostatiche raccolte nelle urine dopo massaggio prostatico, sembra costituire una speranza in tal senso, ma non ci sono dati conclusivi a riguardo. Pertanto solo la corretta informazione dei pro e dei contro è il metodo corretto, al momento, per gestire un caso di PSA aumentato. Come più volte ricordato su Pillole, è opportuno spiegare al paziente tutti i risvolti della questione addirittura prima di procedere al dosaggio del PSA in presenza di un caso asintomatico.
Il monitoraggio del PSA dopo prostatectomia è invece di dubbia utilità pratica, se non dal punto di visto psicologico nei casi con PSA indosabile, dal momento che nessun dato supporta la speranza che lo scoprire una recidiva biochimica possa in qualche modo condizionare positivamente l'evoluzione del caso, sia quoad vitam che quoad valitudinem.
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