Rosuvastatina in pazienti anziani con insufficienza cardiacaCategoria : cardiovascolare Data : 15 luglio 2008 Autore : admin Intestazione : La somministrazione di rosuvastatina 10 mg/die in pazienti anziani con scompenso cardiaco di grado moderato-grave riduce il numero delle ospedalizzazioni per cause cardiovascolari, ma non riduce la mortalità cardiovascolare e da qualsiasi causa. Testo : Nonostante gli inibitori dell’enzima HMG-CoA reduttasi (statine) rappresentino uno dei più importanti approcci farmacologici nella prevenzione degli eventi cardiovascolari, precedenti studi prospettici non sono stati in grado di fornire chiare indicazioni sul profilo rischio/beneficio di questi farmaci nei pazienti con insufficienza cardiaca. I dati di questo studio mettono in evidenza che la somministrazione di rosuvastatina 10 mg/die in pazienti anziani con scompenso cardiaco di grado moderato-grave, nonostante migliori il profilo lipidico e riduca il numero delle ospedalizzazioni per cause cardiovascolari, non ha prodotto dei risultati statisticamente significativi rispetto al placebo nella riduzione della mortalità cardiovascolare e da qualsiasi causa. Riferimenti bibliografici 1) Kjekshus J et al. Rosuvastatin in older patients with systolic heart failure. N Engl J Med 2007; 357: 2248-61. 2) Masoudi FA. Statins for ischemic systolic heart failure. N Engl J Med 2007; 357: 2301. Dottoresse Francesca Parini e Sandra Sigala Commento L’editoriale di accompagnamento pubblicato sullo stesso numero del N Engl J Med commenta in modo abbastanza critico i risultati dello studio CORONA. L’autore rileva, infatti, che dai risultati riportati si può essere tentati di paragonare i benefici osservati in questi pazienti con quanto evidenziato in altri trial eseguiti precedentemente. In realtà, sottolinea l’autore, lo studio CORONA è stato condotto su una particolare popolazione, con caratteristiche diverse rispetto alla popolazione generale. Sono pazienti anziani, con patologie associate severe e in politerapia con farmaci che agiscono sulla funzionalità cardiaca, riducendo, per esempio, l’incidenza di eventi cardiaci (nello studio CORONA, l’incidenza di infarto miocardico non fatale è circa ¼ rispetto allo studio PROPER (Prospective Study of Pravastatin in the Elderly at Risk), nel quale sono stati arruolati pazienti anziani, ma con caratteristiche diverse). La politerapia può, inoltre, influenzare l’efficacia terapeutica della rosuvastatina, così come l’incidenza di potenziali reazioni avverse a farmaci. Un altro limite è stato identificato nella relativa brevità dello studio, che potrebbe non permettere di valutare l’effetto a lungo termine della rosuvastatina. L’autore conclude dicendo che probabilmente i risultati di altri trial in corso potrebbero chiarire alcuni dei limiti osservati nello studio CORONA. In particolare, sono in corso due studi con la rosuvastatina: lo studio JUPITER (Justification for the Use of Statins in Primary Prevention: An Intervention Trial Evaluating Rosuvastatin), nel quale sono arruolati pazienti senza patologie cardiovascolari e lo studio italiano GISSI HF (Gruppo Italiano per lo Studio della Sopravvivenza nell’Insufficienza Cardiaca Heart Failure Study), uno studio randomizzato in pazienti con insufficienza cardiaca, ma che prevede anche pazienti con cardiomiopatia non ischemica e pazienti con funzione ventricolare sinistra preservata. La conclusione dell’editoriale è abbastanza critica: fino a quando non ci saranno altri risultati, non è possibile affermare se lo studio CORONA riflette i limiti dell’uso delle statine nei pazienti con insufficienza cardiaca, o i problemi legati all’uso di un particolare farmaco o il fatto, di per sè già complesso, di trattare un paziente sempre più anziano con severe patologie associate.
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