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Rosuvastatina in pazienti anziani con insufficienza cardiaca

Categoria : cardiovascolare
Data : 15 luglio 2008
Autore : admin

Intestazione :

La somministrazione di rosuvastatina 10 mg/die in pazienti anziani con scompenso cardiaco di grado moderato-grave riduce il numero delle ospedalizzazioni per cause cardiovascolari, ma non riduce la mortalità cardiovascolare e da qualsiasi causa.



Testo :

Nonostante gli inibitori dell’enzima HMG-CoA reduttasi (statine) rappresentino uno dei più importanti approcci farmacologici nella prevenzione degli eventi cardiovascolari, precedenti studi prospettici non sono stati in grado di fornire chiare indicazioni sul profilo rischio/beneficio di questi farmaci nei pazienti con insufficienza cardiaca.

L'obiettivo dello studio CORONA (Controlled Rosuvastatin Multinational Study in Heart Failure) era quello di determinare se la rosuvastatina, al dosaggio di 10 mg/die, determinasse degli effetti benefici sulla sopravvivenza, la morbilità e lo stato di salute di soggetti affetti da insufficienza cardiaca sintomatica.
L'end point primario dello studio era di tipo composito e comprendeva la mortalità cardiovascolare, l’infarto miocardico non-fatale e l’ictus non-fatale. L'end point secondario era invece rappresentato dalla mortalità da qualunque causa, qualsiasi evento coronarico, la mortalità da cause cardiovascolari e il numero di ospedalizzazioni.

Lo studio, randomizzato e in doppio cieco, con un follow-up medio di 32,8 mesi, ha coinvolto 5459 soggetti di età pari o superiore ai 60 anni, con insufficienza cardiaca sistolica cronica di natura ischemica e frazione d'eiezione minore o uguale al 40% (se di classe NYHA* III o IV) o al 35% (se di classe NYHA II).
Sul totale dei 5459 pazienti inizialmente arruolati, 5011 sono stati effettivamente randomizzati a rosuvastatina 10 mg/die (n=2514) o a placebo (n=2497).
I 5011 pazienti arruolati, dei quali il 24% donne, di età media pari a 73 anni, appartenevano per il 37% alla classe NYHA II e per il 62% alla classe NYHA III, e presentavano una frazione d'eiezione media del 31% e livelli medi di colesterolo totale pari a 5.35±1.1mmol/l (206±41 mg/dl). Il 60% dei pazienti aveva una storia di infarto miocardico, il 63% di ipertensione arteriosa ed il 30% di diabete.
I pazienti erano in trattamento per l'insufficienza cardiaca con i classici farmaci utilizzati per questa patologia (diuretici, ACE-inibitori o antagonisti del recettore dell'angiotensina II-sartani, beta-bloccanti, glicosidi cardioattivi; il 90% assumeva una terapia antiaggregante o anticoagulante).

Nonostante il numero dei ricoveri per cause cardiovascolari (uno degli end point secondari) sia stato inferiore nei pazienti trattati con la rosuvastatina rispetto al placebo, non è però emersa l’efficacia della statina nella riduzione dell’end-point primario composito nè di quello secondario. Dopo la randomizzazione i pazienti sono stati visitati dopo 6 e 12 settimane, quindi ogni 12 settimane. Ad ogni visita sono state valutate le condizioni cliniche del paziente, la classe NYHA e la comparsa di sintomi muscolari e sono stati eseguiti gli esami ematochimici previsti dal protocollo.

I risultati hanno confermato l’efficacia di rosuvastatina nel ridurre significativamente i livelli di LDL (da 137 mg/dl a 76 mg/dl) e nell’incrementare i livelli di HDL (da 48 mg/dl a 50 mg/dl). Si sono inoltre osservate una riduzione dei trigliceridi (da 178 mg/dl a 138 mg/dl) e della Proteina C-Reattiva (da 3.1 mg/l a 2.1 mg/l).
Nonostante il numero dei ricoveri per cause cardiovascolari sia stato inferiore nei trattati con la statina rispetto al gruppo placebo, non è però emersa l’efficacia della statina nella riduzione degli end point primari, che si sono verificati in 692 soggetti del primo gruppo. Il farmaco si è dimostrato ben tollerato in entrambi i gruppi.

Gli autori stessi indicano che le basi fisiopatologiche di queste osservazioni restano ancora da chiarire: lo studio è stato condotto su pazienti anziani, in politerapia, e spesso con gravi patologie concomitanti quali insufficienza renale ed altre patologie. Inoltre, la maggior parte dei decessi non è stata provocata da eventi su base aterosclerotica, ma da morti improvvise o da peggioramento dell’insufficienza che potrebbero sottintendere l'insorgenza di eventi aritmici legati al rimodellamento cardiaco.

I dati di questo studio mettono in evidenza che la somministrazione di rosuvastatina 10 mg/die in pazienti anziani con scompenso cardiaco di grado moderato-grave, nonostante migliori il profilo lipidico e riduca il numero delle ospedalizzazioni per cause cardiovascolari, non ha prodotto dei risultati statisticamente significativi rispetto al placebo nella riduzione della mortalità cardiovascolare e da qualsiasi causa.


Riferimenti bibliografici

1) Kjekshus J et al. Rosuvastatin in older patients with systolic heart failure. N Engl J Med 2007; 357: 2248-61.
2) Masoudi FA. Statins for ischemic systolic heart failure. N Engl J Med 2007; 357: 2301.

Dottoresse Francesca Parini e Sandra Sigala

Commento

L’editoriale di accompagnamento pubblicato sullo stesso numero del N Engl J Med commenta in modo abbastanza critico i risultati dello studio CORONA. L’autore rileva, infatti, che dai risultati riportati si può essere tentati di paragonare i benefici osservati in questi pazienti con quanto evidenziato in altri trial eseguiti precedentemente.
In realtà, sottolinea l’autore, lo studio CORONA è stato condotto su una particolare popolazione, con caratteristiche diverse rispetto alla popolazione generale. Sono pazienti anziani, con patologie associate severe e in politerapia con farmaci che agiscono sulla funzionalità cardiaca, riducendo, per esempio, l’incidenza di eventi cardiaci (nello studio CORONA, l’incidenza di infarto miocardico non fatale è circa ¼ rispetto allo studio PROPER (Prospective Study of Pravastatin in the Elderly at Risk), nel quale sono stati arruolati pazienti anziani, ma con caratteristiche diverse). La politerapia può, inoltre, influenzare l’efficacia terapeutica della rosuvastatina, così come l’incidenza di potenziali reazioni avverse a farmaci.

Un altro limite è stato identificato nella relativa brevità dello studio, che potrebbe non permettere di valutare l’effetto a lungo termine della rosuvastatina. L’autore conclude dicendo che probabilmente i risultati di altri trial in corso potrebbero chiarire alcuni dei limiti osservati nello studio CORONA. In particolare, sono in corso due studi con la rosuvastatina: lo studio JUPITER (Justification for the Use of Statins in Primary Prevention: An Intervention Trial Evaluating Rosuvastatin), nel quale sono arruolati pazienti senza patologie cardiovascolari e lo studio italiano GISSI HF (Gruppo Italiano per lo Studio della Sopravvivenza nell’Insufficienza Cardiaca Heart Failure Study), uno studio randomizzato in pazienti con insufficienza cardiaca, ma che prevede anche pazienti con cardiomiopatia non ischemica e pazienti con funzione ventricolare sinistra preservata.
La conclusione dell’editoriale è abbastanza critica: fino a quando non ci saranno altri risultati, non è possibile affermare se lo studio CORONA riflette i limiti dell’uso delle statine nei pazienti con insufficienza cardiaca, o i problemi legati all’uso di un particolare farmaco o il fatto, di per sè già complesso, di trattare un paziente sempre più anziano con severe patologie associate.


Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/



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