Radioprotezione: norme severe per i minorenni
Categoria : medicina_legale
Data : 06 giugno 2003
Autore : admin
Intestazione :
Testo :
"Maria e’ una bambina che, rimasta orfana, riveste verso il fratellino minore, in parte, anche il ruolo di madre. Arrivata in Italia ancora minorenne insiema la fratellino piu’ piccolo, ha trovato ospitalita’ presso alcuni parenti immigrati prima di lei; si e’ ben inserita nella scuola e nella societa’, e ha trovato in Italia mun notevole miglioramento del livello di vita a cui era abituata, ma la sua serena felicita’ e’ stata disturbata da un episodio che non ha saputo spiegarsi. Al fratellino, affetto da una tosse stizzosa e ribelle, venne prescritto un controllo radiologico del torace, nel dubbio si trattasse di una forma tubercolare. Accompagnato in ospedale, non le era stato permesso di rimanergli accanto mentre effettuava la radiografia ma era stata cortesemente ma fermamente allontanata. Il bambino, che ancora non comprende bene l’ italiano, si disperava e piangeva, ma i medici erano stati irremovibili: lei non poteva rimanergli accanto. “Ma perche’?” si chiedeva Maria… "
Per capire i motivi dell’ accaduto, occorre esaminare il disposto del D.L. 26 Maggio 2000 n.187, pubblicato sulla G.U. del 05/06/2001, che disciplina le disposizioni della radioterapia.
La diffusione delle sorgenti di raggi X e la facilita’ degli accertamenti radiologici, ha fatto si’ che ci si dimenticasse la potenziale pericolosita’ delle radiazioni ionizzanti, e se ne abusasse effettuando accertamenti per motivi non strettamente necessari. La storia clinica di molti pazienti e’ in effetti costellata da un numero di accertamenti radiologici francamente eccessivo, sommatisi nel tempo e prescritti per le piu’ svariate ragioni, senza piena coscienza del loro accumulo e dell’importanza clinica che ne potrebbe derivare. La recente normativa, quindi, e’ intervenuta a disciplinare in modo particolarmente severo i trattamenti non finalizzati ad una immediata utilita’ diagnostica o terapeutica, come ad esempio quelli finalizzati alla ricerca scientifica e a scopi medico-legali. La base normativa: I principi di base della nuova normativa sono quelli di giustificazione e di ottimizzazione. Il primo (giustificazione) prevede il divieto di esposizione non giustificata alle radiazioni ionizzanti. L’ esposizione, per essere considerata giustificata, deve comportare vantaggi in termini di diagnosi o terapia rispetto ad altre metodiche che comportino minore esposizione alle radiazioni ionizzanti. Il medico specialista ha il compito di effettuare tali valutazioni. Il principio di ottimizzazione invece stabilisce che le dosi dovute a esposizioni per finalita’ mediche debbano essere mantenute a livello piu' basso ragionevolmente ottenibile, compatibilmente con le finalita’ che si vogliano raggiungere. In base a questi principi, viene disciplinata tutta una serie di casi particolari: L’ art. 3, ai commi 7 e 8, sottolinea come le esposizioni a soggetti che non siano direttamente interessati a problemi terapeutici o diagnostici ma che si espongono per motivi di assistenza ad altri soggetti debbano essere sottoposti a vincoli e ad attenzioni particolari, sia per quanto riguarda la dose assorbita (allegato 1 parte I) sia per quanto riguarda la valutazione del rapporto costo beneficio. Dal disposto dell’ art. 3 comma 9 e all’art.1 comma deriva poi una proibizione assoluta per le donne in gravidanza e per soggetti minori di anni 18 di prestare assistenza a persone esposte alle radiazioni. (e questo e’ appunto il caso di Maria).
Le categorie protette: La legge, su questo aspetto, e’ precisa e tassativa, ma va anche oltre: l’articolo 10 disciplina in modo particolare la protezione durante la gravidanza e l’allattamento, prevedendo che i responsabili prestino particolare attenzione (eventualmente sulla base della valutazione dosimetrica) alla giustificazione, alla necessita’ e all’urgenza, fino a prevedere, in caso di dosi radioattive che possano essere di rischio per il bambino, anche la temporanea o definitiva interruzione dell’allattamento. Tornando al caso delle persona che prestino assistenza ai soggetti che praticano trattamenti radiologici, l’allegato 1 parte I, specifica che l’esposizione e’ da considerarsi giustificata se queste persone collaborano a certi compiti ritenuti importanti: posizionare o sorreggere i pazienti in caso di esami radiodiagnostici, accogliere assistere o confortare pazienti portatori di radioattivita’ in seguito a prestazioni diagnostiche o a trattamento radioterapico. Questa categoria comprende essenzialmente soggetti volontari, esterni alla struttura, e non comprende i lavoratori dipendenti o comunque operanti nella struttura stessa. Per questi volontari l’allegato 1 parte II prevede che l’ esposizione deve limitarsi ai casi di stretta necessita’; lo specialista puo’ valutare l’opportunita’ di eventuali visite ai pazienti radioattivi; viene stabilito, in caso di radioattivita’ particolarmente rischiosa, il ricovero protetto con raccolta delle deiezioni dei pazienti. Sono esclusi da queste rigide disposizioni alcuni casi elencati dalla legge stessa, fino a dosi esattamente specificate (come il caso di somministrazione di iodio radioattivo per ipertiroidismo o di sostanze radioattive per alcuni disordini meloproliferativi o cancerosi). In tutti i casi viene stabilito che debbano essere fornite al paziente e rese note ai suoi famigliari le necessarie informazioni sui rischi delle esposizioni, istruzioni e norme di comportamento. La ricerca scientifica: “La ricerca con radiazioni ionizzanti su persone deve venire giustificata sulla base del beneficio diretto che puo’ derivarne per le persone esposte o, allorche’ questa non sia ipotizzabile, sulla base dell’utilita’ sociale dei risultati conseguibili. Non e’ ipotizzabile beneficio diretto nel caso di ricerca utilizzante volontari sani. Ad essi sono equiparati i pazienti con patologia non coerente con l’oggetto della ricerca”. “Le donne con gravidanza accertata o sospetta sono escluse dalla partecipazione e ricerca con radiazioni ionizzanti. Le donne che allattano al seno sono escluse da ricerche che comportino somministrazioni di radionuclidi o radiofarmaci. Soggetti in eta’ infantile possono venire utilizzati solo per ricerche su patologie proprie dell’eta’ infantile di cui siano affetti e nell’ipotesi di un beneficio diretto ... e’ vietata l’esposizione per ricerca di persone che abbiano gia’ ricevuto esposizione a radiazioni ionizzanti in precedenti programmi di ricerca e per le quali non siano prospettabili benefici diretti”. In questi casi la giustificazione deve essere particolarmente accurata tenendo conto dell’ utilita’ sociale attesa.
I problemi: Da tutto cio’ possono porsi alcuni problemi: E’ possibile ipotizzare ad esempio che una minorenne, divenuta madre, abbia necessita’ di assistenza ad un bambino durante un esame radiologico. In questo caso il disposto congiunto dall’art. 3.9 e 1.3 pone un divieto assoluto. Un problema piu’ grave si pone allorche’ un minorenne si trovi a dover convivere con altra persona trattata con sostanze radioattive e quindi portatore di una certa dose di radioattivita’. In questi casi la legge prevede in effetti la permanenza in ricovero protratto con raccolta delle deiezioni di questi pazienti in modo da evitare il periodo di maggior rischio. Poiche’ questi trattamenti sono assai difformi sia per intensita’ di dose radioattiva che per modalita’ e tempi di eliminazione della sostanza, i rischi connessi possono quindi essere estremamente variabili da caso a caso. In questo caso e’ previsto un consenso informato molto particolareggiato; sara’ cura degli interessati evitare gli atteggiamenti e le circostanze di rischio.
Considerazioni: E’ da considerare come la legge sia finalizzata ad disciplinare una scala di priorita’ tra diversi beni da proteggere. A questo fine la norma antepone l’ evitamento di un rischio reale, concreto e dimostrato (quale l’ esposizione eccessiva a radiazioni ionizzanti) ad un beneficio reale ma considerato secondario e transitorio (quale il conforto morale ad un bambino sottoposto a raggi X). Da questo punto di vista va valutata la severita’ della normativa, rigidas nella protezione dei minori e, caso ancora piu’ serio, delle donne in gravidanza, allorche’ il divieto e’ legato a chiari e giustificabili principi di tutela del feto. E’ evidente come casi estremi, come quello di Maria, siano piuttosto rari: il conforto al soggetto sottoposto a raggi X puo’ esser offerto, nella maggioranza dei casi, anche da persona alternativa alla minorenne (quale un familiare maggiorenne: padre, nonno, un vicino di casa particolarmente intimo). Inoltre un comune esame radiologico non comporta generalmente tempi talmente lunghi e modalita’ talmente stressanti da comportare la possibilita’ concreta di un trauma psichico irreversibile nel soggetto malato. Il problema puo’ realmente porsi nel caso di una lunga radioterapia oncologica. Occorre considerare che nella maggior parte dei casi, i minori sposati e con figli acquistano lo status di “minorenni emancipati”, aventi cioe’ diritti civili per certi aspetti (anche se non completamente) paragonabili a quelli dei maggiorenni e quindi in grado di richiedere possibilita’ di deroga alla normativa troppo “severa”. Tale deroga, a nostro parere, non puo' pero' essere concessa tout-court dal medico, ma necessiterebbe di autorizzazione da parte del Giudice Tutelare. Nel caso di una lunga radioterapia oncologica, la legge non proibisce la convivenza, ma si limita a indicare linee di condotta tese a ridurre al minimo i rischi potenziali. In complesso si tratta di una legge tesa a tutelare soprattutto le persone da un uso troppo disinvolto dei trattamenti radiologici e radioterapici.
|