Antidepressivi solo nelle forme gravi?Categoria : psichiatria_psicologia Data : 09 ottobre 2008 Autore : admin Intestazione : Secondo una metanalisi quattro degli antidepressivi di nuova generazione sarebbero efficaci solo nelle forme gravi di depressione mentre nelle forme lievi-moderate non ci sarebbero differenze rispetto al placebo. Testo : Precedenti metanalisi di trial clinici pubblicati hanno riportato benefici statisticamente significativi degli antidepressivi. Tuttavia, una metanalisi che ha incluso tutti gli studi clinici presentati all’FDA, sia pubblicati che non pubblicati, ha mostrato un effetto minore degli antidepressivi che ricadrebbe al di sotto della soglia di efficacia clinica. La differenza farmaco-placebo nel miglioramento medio dello score, misurato tramite la scala di Hamilton, era pari ad 1,8 punti, mentre il NICE (National Institute for Clinical Excellence) definisce come effetto clinicamente significativo nella terapia della depressione una differenza farmaco-placebo di almeno 3 punti. Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/ Commento di Renato Rossi Dopo la tempesta che gli antidepressivi hanno dovuto affrontare circa il possibile aumento del rischio di suicidio associato al loro uso [1], si profila all'orizzonte un' altra controversia. Questi farmaci sono in grado di trattare la depressione oppure la loro efficacia è stata perlomeno sopravvalutata? Ad aprire il fuoco è stato quest'anno il New England Journal of Medicine [2] che ha pubblicato uno studio in cui sono stati analizzati i dati disponibili presso la FDA su 12 antidepressivi (per un totale di oltre 12.500 pazienti). Gli autori hanno poi condotto una revisione sistematica per identificare quali studi erano stati pubblicati e quali non lo erano stati. Il 31% dei 74 studi registrati presso la FDA non risultava essere pubblicato, per quasi 3.500 pazienti. Erano stati pubblicati 34 studi disponibili presso la FDA con esiti positivi per i farmaci testati, 1 studio con risultati positivi non era stato pubblicato. Gli studi che avevano dato risultato negativo, con l'eccezione di 3, o non erano stati pubblicati (22 studi) oppure erano pubblicati in maniera tale che i risultati, secondo l'opinione degli autori di questa analisi, mostravano una positività degli outcomes. In definitiva se si analizzano i dati solo pubblicati sembra che il 94% dei trials abbia dato risultato positivo, mentre valutando i dati disponibili presso la FDA questa percentuale scende al 51%. Gli autori concludevano di non aver potuto stabilire quale sia la ragione di una mancata pubblicazione: incapacità degli autori o dello sponsor ad inviare il manoscritto alle riviste o decisione di non pubblicare da parte degli editori e dei revisori. Ovviamente i medici danno molta importanza ai risultati degli studi pubblicati nelle riviste specializzate perchè su di essi basano le loro decisioni terapeutiche. Lo studio del NEJM mette il dito su un punto cruciale ed essenziale della ricerca bio-medica: se fosse vero che molti studi con risultati negativi non vengono pubblicati la percezione di efficacia di un determinato trattamento ne risulterebbe immancabilmente deformata, visto che le informazioni a cui la maggior parte dei medici ha accesso mostra solo o preferibilmente risultati positivi. Le autorità regolatorie avrebbero, in questo contesto, una enorme responsabilità. A queste problematiche, già di per sè di notevole spessore, si affianca ora la metanalisi recensita in questa pillola. Gli autori hanno analizzato i dati disponibili presso la FDA americana relativamente a quattro antidepressivi (fluoxetina, venlafaxina, nafazodone e paroxetina) arrivando a concludere che l'utilità di questi farmaci è limitata alle forme molto gravi di depressione, mentre per i pazienti affetti da malattia lieve o moderata non ci sarebbero differenze rispetto al placebo. Questo pone un interrogativo inquietante: molte prescrizione di antidepressivi sono inappropriate per eccesso? I pazienti, a meno che non siano affetti da depressione maggiore, migliorerebbero ugualmente se si usasse un semplice placebo? In realtà, come sostenuto altrove [3], i pazienti visti nella pratica corrente in medicina di base, molto spesso, soffrono di depressione lieve, mentre gli studi principali sulla depressione riguardano pazienti affetti da disturbo maggiore. La depressione lieve, in un'elevata percentuale di casi, tende a migliorare o a guarire spontaneamente nel giro di qualche settimana o qualche mese. Tuttavia vi possono essere delle recidive e alcuni casi possono andare incontro a cronicizzazione. E' anche vero che la maggior parte di questi pazienti preferisce un counselling da parte del medico curante piuttosto che la semplice somministrazione di un farmaco. Anche se non di rado manca una preparazione adeguata per affrontare un counselling strutturato, quasi sempre è sufficiente avere un atteggiamento empatico e di ascolto. La base del counselling è in ogni caso sempre l’ascolto, evitando di dare consigli diretti. Il fine ultimo è quello di consentire al paziente di pensare alle proprie difficoltà e di costruirsi un senso di quello che gli sta succedendo. L'abitudine di prescrivere un placebo può ritenersi allora,a parere di chi scrive, ragionevolmente giustificata, soprattutto se accompagnata da una adeguata disponibilità ad ascoltare il paziente. Questo approccio è accettabile (purché il medico sia consapevole che sta usando un placebo) perché sfrutta il fattore tempo. Anche l'abitudine di prescrivere un antidepressivo per qualche settimana per sfruttare l'eventuale effetto sintomatico può essere ragionevole, perché permette di lasciar passare quel lasso di tempo che può essere sufficiente per la risoluzione spontanea del disturbo. In ogni caso i pazienti vanno attentamente seguiti per identificare e trattare farmacologicamente quelli che tendono a peggiorare o a cronicizzare. Counselling e psicoterapia da soli non sono però proponibili nelle depressioni psicotiche gravi con rischio suicidiario. In queste forme è necessaria, comunque, la terapia farmacologica e consigliabile la supervisione dello specialista. Referenze 1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3564 2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3774 3. http://www.pillole.org/public/manuale/articles.asp?id=146&page=21 |