Vicenda Rofecoxib: ghost writing e guest authorship
Categoria : scienze_varie
Data : 06 dicembre 2008
Autore : admin
Intestazione :
Gli autori dei manoscritti degli studi clinici sul rofecoxib erano i dipendenti dello sponsor, ma spesso veniva pubblicato come primo autore il nome di sperimentatori con affiliazione di tipo accademico che non sempre hanno dichiarato il supporto finanziario da parte della ditta.
Testo :
A seguito all’espletamento di tre cause legali intentate contro la Merck & Co, produttrice di rofecoxib [Humeston et al vs Merck & Company Inc. Case#619 in Superior Court of New Jersey, Atlantic County; Cona vs Merck and Co, Inc No. ATLL-3553-05, New Jersey Superior Court, Atlantic City; McDarby vs Merck and Co, Inc No. ATL-L-1296-05, New Jersey Superior Court, Atlantic City], la documentazione analizzata durante i processi (compreso il materiale interno alla ditta produttrice) è diventata di pubblico dominio. Sulla scorta di questi documenti, su JAMA del 16 aprile scorso, sono stati pubblicati due articoli: - il primo di Psaty BM (Cardiovascular Health Research Unit, Departments of Medicine, Epidemiology and Health Services, University of Washington and Center for Health Studies, Group Health, Seattle) e di Kronmal RA (Collaborative Health Studies Coordinating Center, Department of Biostatistics, University of Washington, Seattle) - il secondo a firma di Ross JS (Department of Geriatrics and Adult Development, MountSinai School of Medicine, NewYork), Hill KP (Department of Psychiatry, Harvard Medical School, Boston and McLean Hospital, Belmont, Massachusetts), Egilman DS (Department of Community Health, Brown University School of Medicine, Providence, Rhode Island) e Krumholz HM (Robert Wood Johnson Clinical Scholars Program and Section of Cardiovascular Medicine, Department of Medicine, Section of Health Policy and Administration, School of Public Health, Yale University School of Medicine, and Center for Outcomes Research and Evaluation, Yale-New Haven Hospital, New Haven, Connecticut).
L’articolo di Psaty BM & Kronmal RA
Il Dr Kronmal ha partecipato in prima persona, in qualità di consulente legale, alla disamina di numerosi documenti della ditta produttrice (analisi interne mai divulgate prima e documentazione inviata all’FDA), valutati nel corso della prima delle cause legali su riportate (Humeston et al vs Merck & Company). Parallelamente a questa documentazione, gli autori hanno considerato i due studi sponsorizzati dalla ditta nei quali è stato valutato l’effetto del rofecoxib sullo sviluppo e sulla progressione della malattia di Alzheimer: il protocollo 078 (pubblicato su Neuropsychopharmacology 2005; 30: 1204-14) e lo 091 (pubblicato su Neurology 2004; 62: 66-71). Nel primo studio (prot 078), in cieco, sono stati inclusi 1457 pazienti di età >65 anni con danno cognitivo lieve, randomizzati (nel periodo aprile 1998-marzo 2000) a rofecoxib 25 mg o a placebo, per un follow-up di 48 mesi. L’end point primario era lo sviluppo di malattia di Alzheimer, la cui diagnosi è risultata più frequente nel gruppo trattato con il farmaco rispetto a quello con placebo (HR 1,46; CI 95% 1,09-1,94; p=0,011). Il secondo studio (prot 091) è stato condotto su 692 pazienti >50 anni, con diagnosi di possibile o probabile malattia di Alzheimer, randomizzati in cieco (nel periodo febbraio-settembre 1999) a rofecoxib 25 mg o a placebo, per 12 mesi. I risultati, in termini di riduzione del declino cognitivo (end point primario misurato attraverso l’Alzheimer’s Disease Assessment Scale), non hanno evidenziato alcuna differenza tra il farmaco e il placebo. Esiste anche un terzo studio (protocollo 126; 382 pazienti con rofecoxib e 376 con placebo), mai pubblicato, e interrotto prematuramente (marzo 2001) in seguito ai risultati negativi dimostrati dal protocollo 091, il cui disegno era molto simile.
Per quanto attiene ai dati sulla mortalità rilevati nel corso dei protocolli 078 e 091, Psaty e Kronmal hanno confrontato i risultati riportati nei relativi articoli pubblicati, nelle analisi inviate dalla ditta all’FDA sotto forma di Safety Update Report (SUR), nelle analisi statistiche effettuate dallo sponsor e nel contesto della documentazione interna alla ditta stessa.
Gli articoli pubblicati
Negli articoli pubblicati, sia nel caso del protocollo 091 (Neurology 2004) che del protocollo 078 (Neuropsychopharmacology 2005), le informazioni relative alla mortalità non erano accompagnate da nessuna analisi statistica dei risultati. I decessi riportati in entrambi gli studi, verificatisi sia durante il periodo di trattamento che nei 14 giorni successivi all’ultima somministrazione, non sono stati definiti come “morti correlate al farmaco”. Nello studio 091 sono stati riportati 11 decessi di cui 9 con rofecoxib vs 2 con placebo mentre nello 078 i decessi erano 39 di cui 24 nel braccio rofecoxib vs 15 in quello placebo. Nello studio 078, inoltre, alla conclusione della fase interventistica (off-drug period), sono stati rilevati altri 22 decessi (17 tra i trattati con rofecoxib vs 5 con placebo), dei quali 12 (11 con rofecoxib vs 1 con placebo) avvenuti più di 48 settimane dopo la sospensione del trattamento. Le conclusioni degli autori dell’articolo pubblicato su Neuropsychopharmacology rilevavano che il rofecoxib “era in genere ben tollerato”; 8 degli 11 autori erano dipendenti della ditta produttrice del farmaco.
I dati inviati all’FDA
Risale al luglio 2001 l’invio all’FDA del primo rapporto periodico di sicurezza (SUR) di entrambi i protocolli da parte dello sponsor il quale, relativamente ai dati di mortalità, conclude che: “dalla revisione dei decessi non viene identificato uno specifico aumento del rischio correlabile al rofecoxib”. Il report, tuttavia, non descrive chiaramente come siano stati calcolati i dati sulla mortalità; apparentemente, non sono stati inclusi i casi di decesso avvenuti successivamente alla sospensione del trattamento e sembra che lo sponsor abbia inviato solo i dati relativi al periodo di trattamento e non l’analisi della mortalità secondo il criterio dell’intention-to-treat. Nel dicembre 2001 l’FDA chiede allo sponsor se abbia sottoposto o meno i dati sull’aumento della mortalità rilevati con rofecoxib vs placebo al board istituzionale di monitoraggio della sicurezza (Istitutional Review Board-IRB) e lo invita a interrompere il protocollo 078. La ditta produttrice risponde che non esiste alcun IRB in quanto non ritiene che si possa identificare alcun problema specifico di sicurezza.
Nell’aprile 2001, ossia qualche mese prima dell’invio all’FDA dello SUR da parte dello sponsor, statistici della ditta hanno effettuato un’analisi combinata dei dati di mortalità dei due protocolli. L’analisi ha impiegato il criterio dell’intention-to-treat ed ha incluso tutti gli eventi verificatisi durante la fase interventistica dei due protocolli e durante i successivi follow-up in cui non è stato somministrato alcun trattamento. I risultati dell’analisi combinata sui due protocolli hanno dimostrato che il rofecoxib, rispetto a placebo, era associato ad un aumento di 3 volte della mortalità totale (HR 2,99; CI 95% 1,55-5,77). Questi risultati, rilevabili mediante analisi intention-to-treat, sono stati inviati all’FDA nel 2003.
L’analisi indipendente degli autori del lavoro di JAMA
L’analisi indipendente sulla mortalità si basa su dati on file consegnati dallo sponsor nell’ambito della procedura legale e comprendono i risultati dello studio 078 portato a compimento e del protocollo 091. I dati hanno sostanzialmente confermato quanto rilevato dall’analisi intention-to-treat interna alla ditta dell’aprile 2001 e cioè un aumento della mortalità totale ascrivibile a rofecoxib rispetto a placebo pari ad un HR di 2,13 (1,36-3,33, p<0,001). L’aumento della mortalità associato a rofecoxib era ascrivibile a decessi non correlati a neoplasie (HR 2,71; 1,57-4,68-p<0.001) e la maggior parte di questi decessi erano dovuti a cause cardiovascolari (HR 3,84; 1,54-9,51-p<0.005).
Psaty e Kronmal definiscono impressionante la differenza tra i risultati sulla mortalità riportati negli articoli pubblicati nel 2004 e 2005 relativi, rispettivamente, ai protocolli 091 e 078 e quelli elaborati mediante analisi intention-to-treat internamente alla ditta nel 2001. Le analisi sulla sicurezza di un trattamento, infatti, possono essere condotte utilizzando due metodi: un approccio on-treatment o un’analisi intention-to-treat. Se la tossicità di una terapia si manifesta durante la fase di trattamento attivo, l’approccio on-treatment può avere una capacità maggiore rispetto all’intention-to-treat nel rilevare eventi avversi strettamente correlati al farmaco in oggetto. Le reazioni avverse di un farmaco, tuttavia, possono persistere anche in seguito alla sospensione della terapia e, in questo periodo, l’analisi on-treatment sottostimerà, in modo sistematico, il rischio. Il metodo da preferire nell’ambito degli studi clinici randomizzati è l’analisi intention-to-treat da applicare all’intero periodo di follow-up su tutti i pazienti randomizzati fino alla fine del trial. Anche se il protocollo dello studio specificasse che l’analisi della sicurezza sarà on-treatment, tutti i dati sulla sicurezza dovrebbero essere raccolti e poi analizzati anche secondo il criterio dell’intention-to-treat.
L’articolo di Ross JS et al.
Le recenti cause legali contro la ditta produttrice di rofecoxib hanno offerto una opportunità unica per esaminare la presenza di guest authorship e di ghostwrinting, pratiche da sempre sospettate nell’ambito delle pubblicazioni biomediche ma poco documentate. Si definisce guest authorship la designazione di un soggetto che non incontra i criteri che contraddistinguono il ruolo di autore di un articolo mentre si parla di ghostwrinting quando non è possibile attribuire a quel soggetto alcun contributo sostanziale alla ricerca o alla scrittura del manoscritto. L’obiettivo del lavoro era quello di caratterizzare l’entità di queste pratiche in un case study.
I dati utilizzati provenivano dalla documentazione legale ottenuta dalle cause correlate al rofecoxib contro la Merck & Co, relativa al periodo 1996-2004. Sono stati inoltre reperiti gli articoli disponibili in letteratura sul rofecoxib attraverso una ricerca su MEDLINE. La revisione di tutta la documentazione è stata effettuata da un unico autore, coadiuvato dai coautori, mediante un processo interattivo di revisione, discussione e ulteriore revisione al fine di identificare informazioni correlate alle pratiche di guest authorship e di ghostwrinting.
La revisione ha identificato circa 250 documenti rilevanti. Nell’ambito dei clinical trial pubblicati, i documenti hanno attestato che dipendenti della Merck lavoravano, in maniera indipendente o in collaborazione, con compagnie specializzate in pubblicazioni mediche per preparare i manoscritti e, in seguito, per reclutare come autori degli sperimentatori esterni e appartenenti al mondo accademico. Frequentemente, gli autori reclutati erano il primo o il secondo nome nella lista degli autori. Per la pubblicazione degli articoli di revisione, i documenti hanno dimostrato che i dipendenti del marketing della Merck sviluppavano piani di lavoro per i manoscritti e reclutavano come autori degli sperimentatori esterni, la cui affiliazione era di tipo accademico. Gli autori reclutati, di solito, erano gli unici autori del manoscritto e ricevevano degli onorari per la loro partecipazione. Su un totale di 96 articoli rilevanti pubblicati, nel 92% (22 su 24) degli articoli su clinical trial veniva riportata la dichiarazione relativa al supporto finanziario della Merck, ma solo il 50% (36 su 72) degli articoli di revisione riportava sia la dichiarazione del supporto finanziario della Merck come sponsor sia il conflitto di interesse degli autori che avevano ricevuto un compenso economico dalla ditta farmaceutica.
Questa revisione, basata su documentazione dell’industria, dimostra che gli autori dei manoscritti degli studi clinici sul rofecoxib erano i dipendenti dello sponsor, ma spesso veniva pubblicato come primo autore il nome di sperimentatori con affiliazione di tipo accademico che non sempre hanno dichiarato il supporto finanziario da parte della ditta. I manoscritti di revisione venivano spesso preparati da autori sconosciuti e in seguito attribuiti ad autori con affiliazione accademica, che spesso non dichiaravano il contributo finanziario dell’industria.
I due lavori sono accompagnati da un editoriale di DeAngelis e Fontanarosa che propongono 11 azioni concrete, di seguito riportate, per ridurre l’incidenza dell’influenza industriale sia sulla manipolazione dei risultati dei clinical trial che sulle pratiche di guest authorship e di ghostwrinting.
1. Tutti i clinical trial, prima dell’arruolamento dei pazienti, devono essere elencati in registri accettati dall’International Committee of Medical Journal Editors (ICMJE), compreso il nome dei principali sperimentatori. 2. Le riviste scientifiche dovrebbero richiedere ai singoli autori di riportare specificatamente il loro contributo al lavoro; i soggetti che non hanno partecipato attivamente alla scrittura del manoscritto vanno inclusi, insieme alla loro affiliazione, nella sezione dei ringraziamenti. 3. Tutte le riviste devono richiedere e riportare la dichiarazione di conflitto di interesse di ogni singolo autore e il contributo economico allo studio da pare dello sponsor. 4. Gli editori, nel decidere di pubblicare uno studio o una revisione, devono prendere seriamente in considerazione le fonti di finanziamento e i conflitti di interesse. 5. Negli studi sponsorizzati, la raccolta, il monitoraggio, l’analisi dei dati e la redazione del manoscritto non devono essere appannaggio esclusivo della ditta ma di sperimentatori accademici non dipendenti dello sponsor. 6. Tutte le riviste devono richiedere un’analisi statistica dei dati dei clinical trial da parte di uno statistico che non sia un dipendente dello sponsor. 7. Ogni autore che manca di dichiarare il conflitto di interesse va segnalato alle autorità accademiche di riferimento e dovrebbe scusarsi con i lettori sulle pagine della rivista oppure, in funzione della gravità dell’effrazione, gli va impedito di pubblicare ancora su quella rivista. 8. Le stesse sanzioni descritte al punto 7 vanno applicate ai peer reviewer che rivelano a terzi (inclusa l’industria) informazioni confidenziali. 9. Ogni editore che permette alle industrie di manipolare la rivista va segnalato al comitato editoriale. 10. Le società scientifiche ed i provider di corsi di educazione continua in medicina non dovrebbero tollerare alcuna influenza dell’industria sui contenuti e sul materiale educazionale. 11. I medici dovrebbero essere liberi dai finanziamenti delle ditte farmaceutiche e produttrici di dispostivi medici, compresi i loro interventi come opinion leader o l’accettazione di regali. Riferimenti bibliografici
1) Psaty BM, Kronmal RA. Reporting mortality findings in trias of rofecoxib for Alzheimer disease or cognitive impairment. A case study based on documents from rofecoxib litigation. JAMA 2008; 299: 1813-17. 2) Ross JS et al. guest autohorship and ghostwriting in publications related to rofecoxib. A case study of industry documents from rofecoxib litigation. JAMA 2008; 299: 1800-12. 3) DeAngelis CD, Fontanarosa PB. Impugning the integrity of medical science. The adverse effects of industry influence. JAMA 2008; 299: 1833-35.
Dottoressa Maria Rosa Luppino
Commento del Professor Achille P. Caputi
Quanto sopra riportato non è nulla di nuovo. Infatti, il 1 dicembre 2004, JAMA aveva pubblicato un articolo (1) che, partendo dai documenti resi accessibili durante un processo, metteva in evidenza quanto la ditta farmaceutica produttrice della cerivastatina avrebbe omesso di comunicare, per tempo, circa la tossicità, alla FDA e ai prescrittori. Tuttavia, nello stesso numero di JAMA venivano pubblicati anche due lavori (2,3) poiché era stato chiesto alla ditta farmaceutica di ribattere, con proprie argomentazioni. Infine, sempre sullo stesso numero veniva data agli autori l’opportunità di rispondere (4). Questa volta JAMA non ha operato nello stesso modo. Nel numero del 15 aprile 2008 vengono riportati solo lavori di accusa. A mio avviso, proprio in questo caso, sarebbe stato estremamente corretto apportare altre posizioni. Ciò perché l’articolo di Ross et al (5) pubblica una tabella di ben tre pagine di trial clinici e reviews (con nome autori, titolo e giornale) che sarebbero stati discussi/approvati o addirittura scritti internamente dalla ditta produttrice prima della pubblicazione e prima di scegliere il nome del primo autore. Così facendo tutti gli autori appaiono come “guest authorship” e tutti opera di “ghostwriting”, nonostante che nella “sezione metodi” venga riportato “Identification of these manuscripts does not imply that each was guest authored or ghostwritten....” Ciò detto, mi auguro che si realizzino con la massima rapidità possibile le “11 azioni concrete” proposte da De Angelis e Fontanarosa (6) ed attendo speranzoso che si realizzi quanto proposto proprio da Fontanarosa e coll (7) nel 2004 e cioè: “ Is it reasonable to expect that the same agency that is responsible for approval of drug licensing is also to be committed to actively seek evidence to prove itself wrong? One option….is to establish an independent drug safety board or independent agency for drug safety…”. Anche se tutto quanto sopra si realizzasse presto, ciò non garantirebbe l’assoluta sicurezza dei farmaci una volta introdotti nel mercato. E pertanto continuo a suggerire ai prescrittori di voler sempre considerare il rischio di un farmaco prima di somministrarlo al proprio paziente. Sopratutto, bisogna tener presente che la valutazione del rischio richiede molto più tempo e numero di esposti di quanto non ne richieda una valutazione di efficacia. Il che dovrebbe portare ad un imperativo operativo di questo tipo “usa il farmaco nuovo solo nei pochi casi in cui quello che stai già usando da tempo non funziona!!!”
Bibliografia
1. Psaty BM, Furberg CD, Ray WA, Weiss NS. Potential for conflict of interest in the evaluation of suspected adverse drug reactions: use of cerivastatin and risk of rhabdomyolysis. JAMA. 2004; 292: 2622-31. 2. Piorkowski JD. Bayer’s response to “Potential for conflict of interest in the evaluation of suspected adverse drug reactions: use of cerivastatin and risk of rhabdomyolysis”. JAMA 2004; 292: 2655-7. 3. Strom BL. Potential for conflict of Interest in the evaluation of suspected adverse drug reactions a counterpoint. JAMA 2004; 292: 2643-6. 4. Psaty BM, Furberg CD, Ray WA, Weiss NS: Authors’ reply to Bayer’s response to “Potential for conflict of interest in the evaluation of suspected adverse drug reactions: use of cerivastatin and risk of rhabdomyolysis”. JAMA 2004; 292: 2658-9. 5. Ross JS, Hill KP, Egilman DS, Krumholz HM. Guest autohorship and ghostwriting in publications related to rofecoxib. A case study of industry documents from rofecoxib litigation. JAMA 2008; 299: 1800-12. 6. DeAngelis CD, Fontanarosa PB. Impugning the integrity of medical science. The adverse effects of industry influence. JAMA 2008; 299: 1833-35. 7. Fontanarosa PB et al. Postmarketing surveillance-lack of vigilance, lack of trust. JAMA 2004; 292: 2647-50.
Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/
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