Screening del diabete tipo 2
Categoria : metabolismo
Data : 24 gennaio 2009
Autore : admin
Intestazione :
La USPSTF consiglia di effettuare lo screening del diabete tipo 2 negli adulti asintomatici solo in presenza di valori di pressione arteriosa superiori a 135/80 mmHg.
Testo :
La United States Preventive Services Task Force ha aggiornato le sue raccomandazioni circa lo screening del diabete tipo 2. Per stabilire se lo screening sia o meno efficace la Task Force americana ha focalizzato la sua attenzione su evidenze di letteratura che dimostrino che il trattamento precoce previene gli esiti a lungo termine del diabete, inclusi gli eventi cardiovascolari, i danni retinici, l' insufficienza renale e le amputazioni a livello degli arti inferiori. Ne sono scaturite le seguenti raccomandazioni: 1) lo screening in adulti asintomatici è consigliato quando la pressione si mantiene stabilmente oltre i 135/80 mm Hg (sia che si tratti di pressione in trattamento o meno). 2) le evidenze sono insufficienti per stabilire il rapporto rischi/benefici dello screening negli adulti asintomatici con valori di pressione inferiori o uguali a 135/80 mmHg. Per poter giungere a queste conclusioni sono stati esaminate le banche dati MEDLINE e Cochrane Library, alla ricerca di studi in lingua inglese pubblicati tra il marzo 2001 e il luglio 2007. Purtroppo la ricerca ha messo in evidenza che evidenze dirette sui benefici dello screening (sia opportunistico che di massa) sono carenti, mentre evidenze indirette non sono riuscite a dimostrare benefici sulla salute dello screening attuato a livello generale. Gli ipertesi probabilmente traggono beneficio dallo screening perchè il target di pressione da raggiungere nei diabetici è più basso rispetto a quello dei non diabetici. Sono stati ritrovati studi che dimostrano che interventi intensivi sullo stile di vita e alcuni farmaci possono ridurre il rischio di progressione da pre-diabete a diabete, ma ci sono pochi dati che abbiano valutato l'effetto di questi interventi sugli esiti a lungo termine.
Fonte:
1. U.S. Preventive Services Task Force. Screening for Type 2 Diabetes Mellitus in Adults: U.S. Preventive Services Task Force Recommendation Statement. Ann Intern Med 2008 Jun 3; 148:846-854 2. Norris SL et al Screening Adults for Type 2 Diabetes: A Review of the Evidence for the U.S. Preventive Services Task Force. Ann Intern Med 2008 Jun 3; 148:855-868
Commento di Renato Rossi
Nel 2003 la USPSTF, pur non avendo trovato prove a favore o contro lo screening del diabete tipo 2 negli adulti asintomatici, consigliava di prescriverlo nei soggetti con valori elevati di pressione e/o di colesterolo [1]. Ora rivede le sue linee guida e limita la raccomandazione ai soggetti con pressione arteriosa superiore a 135/80. Questo parziale cambio di rotta deriva dal fatto che mancano studi clinici randomizzati e controllati che abbiano formalmente confrontato screening versus non screening. La ragione per cui la Task Force consiglia lo screening negli ipertesi con valori superiori a 135/80 mmHg risiede essenzialmente nel fatto che nel diabetico è consigliato un target pressorio più basso, inferiore a 130/80 mmHg. L'American Diabetes Association è più di manica larga e consiglia lo screening non solo negli ipertesi e negli ipercolesterolemici ma anche negli obesi, nei soggetti con parenti di primo grado affetti da diabete e negli adulti dopo i 45 anni. In uno studio recente [2] è stato stimato il rapporto costo/efficacia dello screening in un' ipotetica popolazione di soggetti > 45 anni: lo screening del diabete e dell'intolleranza al glucosio sembrerebbe costo/efficace purchè si attui in seguito un intervento adeguato nei soggetti con ridotta tolleranza agli zuccheri. In realtà, come non manca di sottolineare la USPSTF, se è vero che vi sono studi che hanno documentato che interventi sullo stile di vita e farmacologici sono in grado di ridurre o ritardare la comparsa di diabete nei pazienti con stato di pre-diabete, non sappiamo se questo possa tradursi in un' efficace riduzione delle complicanze micro e macrovascolari a lungo termine. La posizione della Task Force americana appare quindi estremamente rigorosa dal punto di vista EBM, ma probabilmente è troppo rigida se la si considera dal lato della medicina pratica quotidiana. In italia una glicemia non si nega a nessuno e l'esame è semplice e di basso costo. Che non sia dimostrato che scoprire in anticipo il diabete comporti anche una riduzione degli outcomes non vuol dire che non possa essere cosi' (almeno in alcuni casi). Che sia dimostrato che trattare con stili di vita appropriati i pazienti con ridotta tolleranza al glucosio comporti solo una riduzione del rischio di sviluppare diabete non significa che, in realtà, questo non si possa tradurre in benefici clinici a lungo termine: la mancanza di evidenze non significa necessariamente mancanza di efficacia. In fin dei conti anche riuscire a ritardare la comparsa di diabete può essere un obiettivo ragionevole: senza necessariamente arrivare a sommistrare farmaci, sapere se un determinato soggetto ha un diabete lieve o una intolleranza al glucosio può servire a raccomandare con maggior forza uno stile di vita più sano e a trattare con più convinzione i fattori di rischio associati. Ovviamente non vanno dimenticati anche i potenziali pericoli dello screening, come per esempio l'effetto "etichetta" oppure la somministrazione non necessaria di farmaci ipoglicemizzanti a soggetti con iperglicemie lievi: in questi casi gli interventi sullo stile di vita sono gli unici raccomandati.
Commento di Luca Puccetti
Mai forse come in questo caso la realtà italiana è lontana da quella USA. Il problema dello screening per il diabete non si deve neppure porre, prima di tutto perchè anche una modesta iperglicemia può ridurre la qualità della vita, indipendentemente dagli eventi, secondariamente perchè la scoperta del diabete rivela una condizione potenzialmente grave e come tale percepita dal paziente e quindi può rinforzare la compliance ai messaggi sugli stili di vita e poi perchè è talmente diffuso lo screening opportunistico e talmente poco costoso il test che il problema si pone in realtà veramente più da un punto di vista teorico che pratico. E' vero che esiste una fascia di soggetti che non fa mai controlli ematochimici, che non si reca dal medico, che non si preoccupa del suo stato di salute fino a quando non diviene insostenibile, ma questi stessi sono quelli che non parteciperebbero allo screening. Dunque è un porsi un problema dal punto di vista di un'altra realtà lontanissima da quella nostrana.
Referenze
1. Ann Intern Med 2003 Feb 4; 138:212-229 2. Gilles CL et al. Different strategies for screening and prevention of type 2 diabetes in adults: cost effectiveness analysis. BMJ 2008 May 24;336:1180-1185,
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