Carmelo e la sua mamma
Data : 20 febbraio 2005
Autore : admin
Pagina: 1 - quel ciondolo per ricordo
Novembre 1992: Carmelo, figlio unico e bravo ragazzo con fidanzata, ha 28 anni quando scopriamo che ha una leucemia mieloide cronica. Inizia la terapia con interferone e la ricerca affannosa quanto senza esiti di un donatore di midollo compatibile. L'interferone mantiene controllata la malattia ma tutti sappiamo (loro e io) che in caso di crisi blastica non ci sarebbe più nulla da fare. Per due volte sembra esserci un donatore, ma esami più approfonditi lo fanno scartare. Agli inizi del '96 la fidanzata si dà da fare e lo fa vedere a Perugia, dove dopo alcuni accertamenti anche sui genitori prospettano l'eventualità di un trapianto, dopo opportuna stimolazione-condizionamento, di cellule staminali emopoietiche periferiche da madre a figlio. Assicurano l'ottimo esito del trattamento. Con l'interferone possiamo andare avanti ancora anche per 2-3, forse più anni in attesa di un trapianto compatibile ma, se nel frattempo si verificasse una crisi blastica?. Nessuno (mamma, fidanzata, lui, il papà conta poco) se la sente di aspettare "senza fare niente". A Perugia sono molto, troppo ottimisti. Per me la fanno troppo facile e non nascondo la mia perplessità a Carmelo, anche dopo aver parlato personalmente con i responsabili del reparto. Ma lui è stufo di aspettare, o la va o la spacca, lo sa ma non ce la fa più a continuare così. In occasione di un paio di incontri, con le lacrime agli occhi ed è la prima volta, mi ribadisce la sua decisione. Si decide quindi per l'intervento. L'interferone va sospeso alcuni mesi prima: comincia il conto alla rovescia. Il ricovero avviene nel marzo '97. Vicino all'ospedale vi è una specie di residence con miniappartamenti per i parenti e i degenti in fase di convalescenza che devono effettuare controlli giornalieri. Dopo due mesi di degenza e terapia l'intervento viene effettuato il 28 maggio. Dopo una settimana compaiono febbre elevata e addensamenti polmonari multipli (TC +agoaspirato ripetuto due volte in venti giorni: ife settate di Candida Albicans) dosi massicce di farmaci più infusione di linfociti della donatrice e lieve, lento miglioramento. Carmelo viene dimesso, in data 21 luglio1997. Tutti gli anni in luglio trascorro 3-4 giorni in Toscana-Umbria(festival della vald'Orcia), il pomeriggio del 23 sono a Perugia e come promesso vado a trovarli. Fa molto caldo, Carmelo e steso sul divano-letto, di una magrezza impressionante anche per me che, dopo 4 mesi che non lo vedo, avrei voglia di piangere. La mamma gli saltella intorno in continuazione offrendogli ora un goccio d'acqua, ora un poco di succo di frutta, ora la pillola che deve assumere. Quando riusciamo a restare soli per un po' mi racconta che è tutto molto peggio del previsto, che è esausto, che non crede di potercela fare. Riparto prima di cena, ci rivedremo a Brescia. Proseguono i controlli bi-settimanali ma il 18 di agosto la comparsa di febbre elevata richiede un nuovo ricovero. Le cose vanno sempre peggio, terapia antibiotica e antimicotica massiccia, scadimento progressivo delle condizioni generali, speranze che si assottigliano. La mamma mi telefona ogni 2-3 giorni e io sono in contatto con i medici del reparto (ma quanti sono? un'impresa titanica quella di riuscire a parlare due volte consecutive con la stessa persona). Domenica 31 agosto alle 9 del mattino mi telefona la mamma:" dottoressa, venga qui al più presto Carmelo sta troppo male, io non voglio che muoia qui ma loro non vogliono farmi venire a casa perchè dicono che si può ancora tentare di fare qualche cosa, ma io voglio che ci parli lei, voglio che lo veda." " Signora, ma come faccio ? Cercherò di organizzarmi e di venire mercoldì o giovedì" " Sarà troppo tardi, sarà già morto, deve venire domani!" Inutile dire che fu impossibile per tutta la mattina riuscire a parlare con un medico. Come potevo piantare tutti e partire? Ho deciso nel tardo pomeriggio pensando che la sera del lunedì avevo una cena di compleanno a cui non volevo rinunciare. In realtà il problema non era che non potevo piantare tutti, ma che non volevo perdermi quella serata e avevo pensato di partire dopo due giorni. Che vergogna. Telefonai alla mamma avvertendola che sarei partita l'indomani molto presto. Lunedì 1 settembre alle 7 mi metto in viaggio. Prima di mezzogiorno sono già all'ospedale. Parlo con una dottoressa che mi spiega trattarsi di situazione critica, probabilmente perderemo il paziente, ma è escluso che possa essere trasferito a Brescia, in ogni caso bisogna parlare con il primario o l'aiuto. Entro nella stanza di Carmelo bardata con camice, mascherina e cuffia e vedo che la finestra è socchiusa: le zanzare possono entrare senza cuffia ma, si sa, io sono una vespa. Carmelo è fortemente itterico, dispnoico, soporoso, non risponde, flebo, flebine, cannule e ossigeno mentre la mamma gli deterge il sudore e mi guarda implorante. La situazione è evidentemente disperata ma ci dicono che, per qualsiasi decisione, bisognerà parlare col medico dopo il giro del pomeriggio. Fino alle 18,30 però nessuno ripassa a vederlo. Mentre il padre resta con Carmelo la mamma ed io torniamo al residence, mangio un po' di frutta e mi stendo sul letto per un paio d'ore, senza dormire però. Nel pomeriggio contatto telefonicamente il primario il quale sottolinea la necessità di continuare le cure presso di loro "Ma cure di che, se è in fase agonica? La madre se lo vuole portare a casa: la visita dei parenti, degli amici suoi e del figlio, un funerale come si deve: perchè non ha diritto almeno a questo?" Inutile parlare con i sordi. In serata passa un altro medico (mi presento con grande perfidia come una parente, sono curiosa di vedere che cosa diranno alla mamma) Questo "emerito" .. sostiene che in effetti le speranze sono poche, ma che se c'è la possibilità che Carmelo ce la faccia questa è legata al proseguimento delle cure in corso e dice testualmente "Signora se lei lo porta via adesso e a Brescia non sarà adeguatamente trattato non avrà neppure più questa speranza: lei si sente di toglierli questa possibilità? Un domani potrebbe chiedersi come sarebbero andate le cose se lo avesse lasciato qui" Bravo questo medico ad insinuare dubbi ed a tentar di seminare complessi di colpa, ma lo sa lui che cosa ha fatto e farebbe questa mamma per il suo Carmelo? Dopo questo colloquio sono veramente idignata. Telefono a Brescia, alla collega ospedaliera che lo conosce e le spiego che, se non morirà per strada all'alba arriveremo in reparto. Una caposala compiacente ci consiglia di aspettare le 21, quando tutti se ne andranno e poi ci mette in contatto con l'infermiere e...le persone giuste. La mamma ha bisogno del mio consenso ed appoggio ma, una volta avutolo, non la ferma più nessuno. Come dei carbonari prepariamo la fuga programmata per mezzanotte. Firmiamo dei moduli e la cartella. Poi carichiamo Carmelo su un ambulanza attrezzata dove salgono la mamma ed un medico rianimatore che si occuperà di ossigenoterapia, flebo e di quant'altro occorrerà a Carmelo. Io salgo in macchina con due stecche di Toblerone e via. Ci accordiamo sulla strada e sulla destinazione: in caso di problemi gravi ci fermeremo. Quando chiudo gli occhi rivedo ancora quel lampeggiante blu sul tetto dell'ambulanza mentre torniamo a casa. Ci si ferma due volte, ma sono falsi allarmi. Ho molto sonno ma con la musica non mi addormento, col cioccolato placo la fame e l'ansia fa il resto. Arriviamo a Brescia poco dopo le 5, la collega di guardia con cui avevo parlato, è un poco seccata per questo trasferimento, ma dopo aver visto Carmelo capisce tutto e cambia subito atteggiamento Sono le 6,30 torno a casa, una doccia e...via comincia il martedì. dopo tutto ho "perso" solo un giorno e una notte di sonno. La cosa straordinaria è che Carmelo, sospesi tutti quei farmaci epatotossici migliora, l'ittero regredisce rapidamente e riprende coscienza già nella serata di martedì 2. Morirà la sera di venerdì 5 ma in quei tre giorni ha sorriso ancora alla mamma, si sono parlati e salutati, consapevoli del commiato e padroni di questo momento. Avere regalato quei tre giorni è stata la cosa più bella che abbia fatto in 22 anni. Oltre ad una bella foto di Carmelo sorridente, la mamma mi ha dato un suo ricordo. Mi si presenta in studio con una scatolina contenente.....il ciondolo (un elefantino d'oro) che Carmelo aveva appeso alla catenina al collo ( quante volte l'avevo visto appoggiato su quello sterno!) Commossa la ringrazio: ci tengo ad avere un ricordo suo ma, se la sente di rinunciare proprio a quel ciondolo che lui aveva sempre addosso? Sapete che mi ha risposto? " Se non lo dò a lei a chi dovrei darlo? Non può immaginare quello che ha fatto per noi" L'elefantino è da allora attaccato al braccialetto che porto sempre. Adriana Loglio
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