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Aspirina da sola nella prevenzione secondaria dell'ictus


Categoria : neurologia
Data : 28 giugno 2009
Autore : admin

Intestazione :

Nonostante vari tentativi di trovare strategie farmacologiche sostitutive o aggiuntive rispetto all'ASA i dati confermano che l'aspirina da sola è la strategia più cost-effective nella prevenzione secondaria cerebrovascolare ed i benefici di strategie alternative alla sola ASA sono inesistenti o marginali.



Testo :

Per capire l’ultima mossa (sbagliata) di questa partita a scacchi per scalzare l’aspirina dal suo posto di farmaco antipiastrinico di prima scelta nella prevenzione cerebrovascolare, bisogna fare un passo indietro di circa 12 anni. Nel 1996 sono stati pubblicati due trial clinici, CAPRIE (Lancet 348:1329-39; 1996) ed ESPS-2 (J Neurol Sci 143:1-13; 1996), disegnati per dimostrare la superiorità del clopidogrel (CAPRIE) e della combinazione aspirina/dipiridamolo a rilascio prolungato (ESPS-2) rispetto all’aspirina nella prevenzione di eventi aterotrombotici.

Nello studio CAPRIE, c’erano in realtà tre diverse popolazioni di pazienti ad alto rischio, tra le quali circa 6.400 pazienti con un recente ictus cerebrale. In questi pazienti, il clopidogrel riduceva di circa il 7% il rischio di eventi vascolari maggiori, ma questa differenza non risultava statisticamente significativa.

Nello studio ESPS-2 sono stati reclutati circa 6.600 pazienti con ictus recente, ed i risultati dimostravano che la combinazione di aspirina più dipiridamolo riduceva il rischio di eventi vascolari maggiori di circa il 20% rispetto all’aspirina. La differenza era statisticamente significativa, ma il limite inferiore dell’intervallo di confidenza al 95% (95% CI) era compatibile con l’ipotesi che la riduzione del rischio associato con la combinazione dei due farmaci fosse soltanto del 9%. Non si evidenzia quindi una chiara superiorità dei suddetti farmaci rispetto all’aspirina e la maggior parte delle linee guida sull’uso dei farmaci antipiastrinici nella prevenzione secondaria dell’ictus indicavano come valide opzioni terapeutiche l’uso di aspirina a basse dosi, la combinazione di aspirina e dipiridamolo o il clopidogrel.

Negli anni successivi sono stati realizzati due nuovi trial clinici nello stesso tipo di pazienti e pertanto 507 neurologi in 28 paesi hanno considerato 7.600 pazienti con un recente episodio ischemico cerebrovascolare reclutati nello studio MATCH (Lancet 364:331-7; 2004) con clopidogrel (come se fosse questo il farmaco di prima scelta) ed a randomizzarli a ricevere aspirina o placebo (come se fosse questo il quesito clinicamente rilevante).

Lo studio PRoFESS (NEJM, 2008; 359:1238-1251) è stato invece disegnato per dimostrare che aspirina più dipiridamolo è più efficace di aspirina più clopidogrel. Nel frattempo, lo studio MATCH si rivela un fiasco dimostrando che l’aspirina non è significativamente più efficace del placebo in pazienti trattati con clopidogrel, ma provoca più emorragie cerebrali.

A questo punto, dopo che 2.027 pazienti erano stati reclutati nello studio PRoFESS, si decide di cambiare il trattamento di confronto da aspirina più clopidogrel al clopidogrel da solo. Due anni dopo, viene pubblicato un secondo trial clinico, lo studio ESPRIT (Lancet 367:1665-73; 2006), che conferma la superiorità della combinazione di aspirina e dipiridamolo rispetto alla sola aspirina nella prevenzione secondaria dell’ictus in circa 2.700 pazienti. Una meta-analisi dei due studi (ESPS-2 ed ESPRIT) suggerisce una riduzione relativa del rischio di una ricorrenza dell’ictus e di altri eventi vascolari maggiori nei pazienti trattati con aspirina e dipiridamolo del 18% rispetto all’aspirina (con limite inferiore del 95% CI compatibile con una più modesta riduzione del rischio del 9%).

Questo è lo scenario sul quale si inserisce lo studio PRoFESS: 20.332 pazienti con ictus ischemico recente (tempo mediano dall’evento, 15 giorni), reclutati da 695 centri in 35 paesi, randomizzati a ricevere clopidogrel 75 mg una volta al giorno oppure aspirina (25 mg) più dipiridamolo (200 mg) due volte al giorno. L’end- point primario era rappresentato dalla ricorrenza dell’ictus di qualunque tipo. Lo studio era “event-driven” e prevedeva di continuare fino al verificarsi di 1.715 ictus. Con una numerosità di 20.000 pazienti (dopo 6 emendamenti del protocollo, a causa di un incidenza osservata di eventi inferiore a quella attesa), lo studio aveva un potere statistico dell’82% per dimostrare una riduzione relativa del rischio del 13%. Il protocollo prevedeva un’analisi statistica sequenziale nel confronto tra i due trattamenti: prima si sarebbe verificata la non-inferiorità dell’aspirina più dipiridamolo rispetto al clopidogrel, con un margine predefinito di 1,075 per la verifica di questa ipotesi. Qualora fosse stato soddisfatto il criterio di non- inferiorità, si sarebbe proceduto a valutare la superiorità del trattamento combinato rispetto al clopidogrel.

Dopo 5 anni dal suo inizio, ed una durata media del follow-up di 2 anni e mezzo, l’outcome primario si è verificato nel 9% dei pazienti trattati con aspirina e dipiridamolo e nell’8,8% dei pazienti trattati con clopidogrel: HR 1,01; 95% CI 0,92-1,11. Quindi, il limite superiore del 95%CI superava il margine predefinito di 1,075 per dimostrare la non-inferiorità. Quantunque si siano verificati 25 eventi ischemici in meno nel gruppo trattato con aspirina e dipiridamolo, si sono verificati 38 ictus emorragici in più rispetto al gruppo trattato con clopidogrel. Il numero di eventi dell’end-point secondario (ictus, infarto miocardico o morte per cause vascolari) era identico nei due gruppi.

Diversamente dai precedenti studi (ESPS-2 ed ESPRIT), l’incidenza di sanguinamenti maggiori risultava più elevata nel gruppo aspirina più dipiridamolo (4,1%) rispetto al gruppo clopidogrel (3,6%), con un incremento di circa il 40% dei sanguinamenti intra- cranici. Analogamente agli studi precedenti, il tasso di interruzione prematura del trattamento risultava più alto nel gruppo trattato con aspirina e dipiridamolo rispetto al gruppo di controllo.
L’interruzione del trattamento era più precoce, nei pazienti trattati con la combinazione, e per lo più dovuta alla cefalea, un noto effetto collaterale del dipiridamolo.



Come interpretare i risultati del studio PRoFESS anche alla luce degli studi precedenti?

L’interessante editoriale di Kent e Thaler (NEJM 2008; 359:1287-9) suggerisce tre diverse spiegazioni:

- che la sostanziale parità dei due trattamenti messi a confronto rifletta il gioco del caso;

- che il clopidogrel sia un po’ più efficace nella prevenzione dell’ictus di quanto suggerito dallo studio CAPRIE;

- e/o che la combinazione di aspirina e dipiridamolo sia un po’ meno efficace di quanto suggerito dagli studi ESPS-2 ed ESPRIT. “If the third solution is correct, one might wonder whether the winner in this latest battle of the “superaspirins” was aspirin itself”.

In effetti, una meta-analisi “a rete” condotta dagli stessi editorialisti, che mette in relazione le tre possibili strategie di terapia antipiastrinica (aspirina da sola, aspirina più dipiridamolo, o clopidogrel) sulla base degli studi ESPS-2, ESPRIT, CAPRIE e PRoFESS, suggerisce che la combinazione di aspirina e dipiridamolo sia di un soffio (e non significativamente) più avanti di clopidogrel, il quale a sua volta sia leggermente (e non significativamente) più avanti dell’aspirina.

Ma, non erano finite le Olimpiadi? Ha senso, in Medicina, applicare i criteri del cronometro nello sport? Io credo di no. Se proviamo ad ipotizzare che lo studio PRoFESS avesse centrato l’obiettivo di dimostrare una superiorità di un trattamento rispetto all’altro, delle dimensioni previste nel calcolo della dimensione del campione, con un tasso annuale di eventi del 3,5% in un gruppo e del 3,05% nell’altro (riduzione relativa del rischio 13%), il beneficio assoluto del trattamento combinato rispetto al clopidogrel sarebbe stato di 4,5 eventi evitati per 1.000 pazienti trattati per un anno, con un numero di persone da trattare per evitare un evento superiore a 200!

Io credo che esistano quesiti più interessanti e clinicamente rilevanti rispetto a quello di chiedersi quale farmaco o combinazione di farmaci antipiastrinici vinca la gara dei 10.000 metri al foto- finish. Ad esempio, che cosa fare in un paziente che ha un ictus ischemico mentre è in trattamento con aspirina: cambiare farmaco, come fanno molti neurologi (in assenza di dati) oppure continuare il trattamento con aspirina? Soltanto un trial clinico randomizzato può rispondere al quesito e fornire l’evidenza in base alla quale prendere una decisione oggi largamente ispirata da convinzioni personali, del tipo “questo paziente ha sviluppato una resistenza all’aspirina”.


Professor Carlo Patrono Istituto di Farmacologia Università Cattolica del Sacro Cuore Roma

Contributo adattato e gentilmente concesso da "Il trial clinico del mese" SIFWEB, il portale della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org



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