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I neonati prematuri non sono persone


Categoria : professione
Data : 02 novembre 2008
Autore : admin

Intestazione :

Aberranti affermazioni al congresso di Firenze su neonatorologia e bioetica: secondo Vazzoler, pediatra di Pordenone, i neonati, i dementi ed i feti non sono persone.



Testo :

I feti, i neonati fortemente prematuri, i ritardati mentali gravi e coloro che sono in uno stato vegetativo permanente costituiscono esempi di non persone umane. Tali entità fanno parte della specie umana, ma non sono persone. L'affermazione arriva da Gianfranco Vazzoler pediatra e componente della Consulta di bioetica di Pordenone che l'ha scritta nero su bianco nella sua relazione al convegno su Le sfide della neonatologia alla bioetica e alla società: le buone ragioni della Carta di Firenze' all''ospedale Meyer.

Per Vazzoler persona è chi ha autocoscienza, senso morale e razionalità. Alcuni neonati sono neurologicamente e fisicamente così compromessi da essere impossibilitati irreversibilmente ad acquisire il loro potenziale di conquista dei diritti. Non potranno mai diventare persone e quindi il loro migliore interesse non sta nel perseguire la vita.

Gianpaolo Donzelli, ordinario di neonatologia all'università di Firenze cerca di correre ai ripari per le affermazioni fatte al convegno cui egli medesimo non può dirsi certo estraneo, ed afferma che quelle di Vazzoler sono affermazioni senza alcun fondamento scientifico ed etico. Vazzoler parla esclusivamente a titolo personale. E le sue parole non hanno a che fare né con l'ospedale Meyer di Firenze, né con la città che ospita il convegno. Ma soprattutto non hanno alcun significato per la neonatologia italiana e neppure internazionale".

Per Donzelli si tratta di affermazioni che rappresentano soltanto il segno della libertà di pensiero presenti al convegno, dove tutti hanno possibilità di esprimersi.

Il neonatologo dell'ateneo fiorentino è infatti uno degli estensori della carta di Firenze, che propone di sentiure i genitori prima di rianimare i neonati fortemente prematuri e comunque di astenersi di rianimare quelli che potrebbero avere conseguenze gravi.

Fonte: Firenze ADNKRONOS 31 Ottobre

Commento di Luca Puccetti

Tanto va la gatta al lardo..... Quando si rompono e si infrangono certi confini questo è quanto accade. Le affermazioni di Vazzoler sono coerenti con un certo pensiero. Quando si comincia a discutere se un essere umano appena nato e detentore di un diritto perfetto alla vita ed alle migliori cure sia il caso di assistere o se sia meglio lasciarlo morire, pacatamente, dolcemente, magari cantandogli una ninna nanna, è logico che si arrivi ad affermazioni come quelle di tal Vazzoler. E' inutile che ci si strappi le vesti come Kaifa nel tempio: chi costruisce la strada non può poi lamentarsi se qualcuno la percorre.

E' quasi commovente il tentativo da parte degli estensori della cosiddetta Carta di Firenze di convincere della giustezza delle loro tesi. Si danno un gran da fare anche sul piano internazionale, invitando al congresso anche Verhagen, il teminatore olandese dei bambini e cercando di far accogliere le loro tesi, nel tempio della scienza mondiale, a livello anglosassone, allora si che saranno contenti, avranno l'imprimatur dei padroni cultural-scientifici del mondo.

Lascio al lettore giudicare sulla responsabilità degli organizzatori e dei finanziatori del convegno e di chi ha dato il patrocinio ad un congresso cui era invitato a parlare Vazzoler. Qui non si tratta di libertà di parola, ma di lasciare che un tale faccia apologia di una mentalità che sta alla base del nazismo e del fascismo: il ritenere quale vita sia degna di esser vissuta ed arrogarsi il diritto di toglierla per evitare inutili sofferenze. Una posizione condannata irrimediabilmente dal processo di Norimberga.

Nonostante tutti gli sforzi, tuttavia gli estensori della Carta di Firenze, non sono riusciti a far passare queste posizioni in seno alla FNOMCeo.

Al recente Consiglio nazionale di Ferrara si è infatti adottato un testo molto più prudente che pone l'attenzione sulla responsabilità del medico che deve trovare una giusta compenentrazione tra la necessità di supportare una nuova vita nascente e di evitare l'accanimento terapeutico. Si afferma dunque la responsabilità del medico che deve prevalere, ovviamente, su quella di altri soggetti che non possono avere la potestà di decidere sulla vita altrui. Si è evitato di ritenere giusto il riconoscere il diritto ad alcuno, sia esso persino il genitore, di decidere se valga la pena correre il "rischio di rianimare" non concedendo ad alcuno implicitamente il diritto di valutare se una vita sia degna di essere vissuta.

Il feto nato vivo ha un diritto perfetto ad essere assistito come qualsiasi altro essere umano, diritto che non può certo essere subordinato ai desideri ed alle valutazioni di altri che non siano i medici che lo assistono. I genitori od altri soggetti parenti od affini hanno certamente il diritto ad essere informati, ma il loro parere, quando tecnicamente ottenibile senza mettere a repentaglio le possibilità di vita del prematuro, non può certo essere vincolante.

A tal proposito giova ricordare che in caso di arresto cardiaco di un qualsiasi individuo, le possibilità globali di recupero sono, in media, del 6% circa, ben inferiori a quelle di sopravvivenza di un prematuro di bassa età gestazionale, ma nessun medico consiglierebbe di non tentare la rianimazione del soggetto con arresto cardiaco perché il rapporto rischio beneficio potrebbe non essere favorevole o perché potrebbe essere "troppo alto" il rischio di gravi danni permanenti e neppure subordinerebbe l'intrapr3ndere la rianimazione del soggetto ai desideri di parenti od affini.

Qualcuno potrebbe chiedersi perché mai ci sia questa grande pressione da parte di taluni per costringere a sancire il principio di non rianimare prematuri di 22-23 e persino di 24 settimane. Si può rispondere in molti modi, al sottoscritto, cui piace pensar male, viene in mente il sospetto che questo sia molto legato con quanto accade attualmente con la legge 194 che vieta l'aborto in caso di vita autonoma del feto. Attualmente molte interruzioni di gravidanza volontarie avvengono dopo l'ecografia morfologica, che si pratica abitualmente tra la ventesima e la ventiduesima settimana, guarda caso proprio l'età a cui alcuni vorrebbero che si sancisse il principio di non rianimare. Se difatti passasse il principio che un feto di 22 settimane è dotato di vita autonoma come sarebbe possibile praticare l'interruzione volontaria di gravidanza per "rischio di grave danno alla salute psichica della donna" dopo aver rilevato anomalie dello svilupo fetale alla morfologica?

A tal proposito il sottoscritto ha interrogato il Presidente della Società Italiana di Psichiatria su quale fossero le linee guida per stabilire se esista un rischio di grave danno alla salute psichica della donna in caso di gravidanza indesiderata. Nessuna risposta ufficiale, allora il quesito è stato rivolto personalmente a tutti i membri del direttivo nazionale e si è appurato che non esiste alcuna linea guida e che l'unico psichiatra ad essersi occupato del problema in un articolo pubblicato, aveva affermato che sostanzialmente non era possibile valutare tale rischio per la salute psichica e pertanto lo psichiatra diventava colui che raccoglieva la volontà della donna. In base al convincimento di tale autore pertanto la "certificazione" non poteva fare certa la sussistenza della condizione di grave rischio per la salute psichica, bensì riportava, sostanzialmente, la traduzione della volontà della madre. Ciò che è più grave è che molti lavori hanno evidenziato un grande aumento del rischio di suicidi dopo un aborto (a tal proposito occorrerebbe inserire uno specifico programma di supporto psicologico alle donne che abortiscono), mentre non ci sono evidenze che una gravidanza portata a termine contrariamente alla volontà della madre produca danni alla sua salute.

Commento di Renzo Puccetti

Che il documento noto come “Carta di Firenze”, al di là delle intenzioni e delle dichiarazioni dei suoi estensori, contenesse un oggettivo pensiero eugenetico pro-eutanasico, era cosa di cui in molti eravamo convinti.

Le agghiaccianti dichiarazioni di un neonatologo intervenuto all’incontro di Firenze da cui il professor Donzelli, ne diamo atto, si è subito premurato di prendere le distanze, oltre a confermarci nelle nostre opinioni, ci inducono a svolgere alcune riflessioni supplementari.

All’incontro è stato invitato come relatore Eduard Verhagen. Sebbene Repubblica abbia riportato la dichiarazione dell’organizzazione “Al convegno non si parlerà, né mai si è inteso parlare di eutanasia”, sullo stesso giornale il dr. Donzelli ha affermato: “Vogliamo solo capire su cosa il dr. Eduard Verhagen basa le sue convinzioni”.

Insomma, per quale motivo è stato invitato Verhagen? Difficile immaginare quali contributi scientifici innovativi ed originali gli organizzatori pensassero di ascoltare dal medico olandese, dal momento che le uniche pubblicazioni riportate su pubmed di cui egli è autore si riferiscono proprio al protocollo eutanasico da lui elaborato. La prospettiva olandese deve essere sembrata particolarmente interessante agli organizzatori del convegno; non sembrando sufficiente un solo intervento hanno affidato a Sofia Moratti, Università di Groeningen, un intervento sulla filosofia del trattamento neonatale praticato in Olanda. E che dire di un altro relatore, Malcolm Levene, il quale nel 2004 ha testualmente dichiarato in un’intervista alla BBC: “Actually seeing the babies who come back with severe disability makes you realise that probably there is an outcome that is worse than death” (1). Circa il significato di tali affermazioni ci ammoniva dalla pagine del New England Journal of Medicine (2) un collega che ne aveva conosciuto direttamente gli sviluppi, il dottor Leo Alexander, membro del collegio di accusa al processo di Norimberga: “It started with the acceptance by doctors of the idea, basic in the euthanasia movement, that there is such a thing as a life not worthy to be lived. This attitude in the beginning referred to the severely and chronically sick. Gradually the sphere of those to be included was enlarged to encompass the socially unproductive, the ideologically unwanted, the racially unwanted... But it is important to realise that the infinitely small lever from which this entire trend of mind received its impetus was the attitude towards the incurably sick”.

Si è consapevoli che all’iniziale moto di reazione possa fare posto nella pubblica opinione una sorta di pericoloso adattamento, di accettazione; non sfugge l’abilità di certi divulgatori di celare la mostruosità delle proposte dietro la cortina delle buone intenzioni, compito spesso facilitato dalla potenza della copertura mediatica assicurata.


Referenze

1) BBC News 22 settembre 2004 http://news.bbc.co.uk/2/hi/programmes/panorama/3676780.stm

2) Alexander L. Medical Science under dictatorship New England Journal of Medicine 1949;241:39-47.

Commento di Sofia Moratti

Il titolo della presentazione affidatami era "la filosofia del trattamento neonatale in Olanda", ma in realtà ho parlato della definizione di accanimento terapeutico in un documento della Società Olandese di Pediatria del 1992. Tale tema non ha attinenza alcuna con il Protocollo di Groningen. Il documento del 1992 sull'accanimento terapeutico si applica solo ai neonati dipendenti da terapia intensiva con aspettativa di vita limitata. In rari casi estremi, é possibile, ad esempio, sospendere la ventilazione: si pensi ai casi di morte cerebrale o agli asfittici Sarnat 3 che peggiorano visibilmente sia dal punto di vista clinico, che elettroencefalografico. Invece il Protocollo di Groningen si applica a neonati indipendenti da terapia intensiva: fino ad ora sono stati riportati dai medici olandesi 23 casi di cui 22 di spina bifida mielomeningocele e malformazioni congenite multiple e uno di epidermolisi bollosa.

Scopo del mio intervento era esclusivamente descrivere, informare il pubblico italiano circa un aspetto della regolamentazione olandese delle decisioni di fine vita in neonatologia e non certo suggerire che tale regolamentazione dovrebbe essere importata in Italia. Credo solo che sia importante promuovere informazione e dialogo su questi temi, nel pieno rispetto di tutte le opinioni, in particolare nella realtà italiana dove l'ideologia tende purtroppo a prevalere sulla cooperazione e sul buon senso.



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