I pericoli della terapia antitrombotica aggressiva.
Categoria : cardiovascolare
Data : 16 luglio 2009
Autore : admin
Intestazione :
La terapia combinata warfarin + ASA comporta un aumento del rischio emorragico senza evidenti benefici antitrombotici, almeno a livello di popolazione.
Testo :
Questo studio americano ha confrontato 2560 pazienti trattati con warfarin e 1623 pazienti a cui veniva somministrato warfarin associato ad un antiaggregante. Nella maggior parte dei casi l'antiaggregante usato era l'ASA. Lo studio, di tipo retrospettivo, ha avuto un follow-up di sei mesi e si è avvalso dell'esame delle cartelle cliniche in formato elettronico. I pazienti trattati con duplice terapia avevano un rischio maggiore di emorragie (4,2% vs 2,0%; P < 0,001) e di eventi coronarici (0,9% vs 0,3%, p = 0,009), ma non di morte (1% vs 2%; P = 0,186) o di eventi trombotici (0,3% vs 0,4%; P = 0,812). Dopo aver aggiustato i dati per vari fattori confondenti si è visto che la terapia combinata portava ad un aumento del rischio emorragico di quasi tre volte (OR 2,75; 1,44-5,28), ma non di eventi coronarici (OR 0,99; 0,37-2,62). Gli autori concludono che a livello di popolazione i rischi della terapia antitrombotica aggressiva sembrano superare i benefici, per cui i medici devono tenere in debito conto questi dati quando consigliano un trattamento combinato.
Fonte:
Johnson SG et al. Outcomes associated with combined antiplatelet and anticoagulant therapy. Chest 2008 Apr; 133:948.
Commento di Renato Rossi
Si tratta di uno studio osservazionale, e per di più retrospettivo, quindi i dati vanno interpretati con prudenza. Tuttavia si tratta di conclusioni del tutto logiche e plausibili. In effetti in questi ultimi anni si è assistito ad un uso sempre maggiore della terapia antitrombotica aggressiva che prevede l'associazione di due antiaggreganti diversi oppure di un antiaggregante e del warfarin. Si pensi per esempio al paziente in trattamento cronico con warfarin per una fibrillazione atriale o per una protesi valvolare che venga sottoposto a stent coronarico. In questo caso l'anticoagulante non è appropriato per lo stent e si deve aggiungere l'antiaggregante quando non si ricorra addirittura alla triplice associazione (warfarin + ASA + clopidogrel). Giustamente ci si può chiedere se i rischi siano controbilanciati dai benefici. Già in una pillola precedente ci eravamo occupati della questione, recensendo una metanalisi da cui risultava che l'unica situazione in cui vale la pena di associare warfarin ed antiaggreganti è il paziente ad alto rischio trombotico che abbia una protesi valvolare [1]. Tuttavia in quell'occasione si sottilieavano alcuni punti. Vi sono per esempio casi ad altissimo rischio trombotico che possono giustificare un comportamento più aggressivo di potenziamento della terapia antitrombotica. In questi casi, per ridurre il pericolo di gravi emorragie, può essere consigliabile ricorrere a dosi basse di ASA (per esempio 75 mg/die) e cercare di mantenere l'INR non oltre 2,2-2,3. Uno studio italiano recente [2] ha considerato 127 pazienti a cui era stato impiantato uno stent coronarico e che erano in terapia con warfarin per la coesistenza di fibrillazione atriale o di una protesi valvolare cardiaca. Oltre al warfarin i pazienti sono stati trattati con l'associazione ASA + ticlopidina o ASA + clopidogrel, come usulmente si fa nei casi di stent. In un periodo di sei mesi si sono verificate sei emorragie gravi che in tre casi hanno portato il paziente all'exitus per emorragia cerebrale. Come si può vedere i rischi di una terapia antitrombotica massimale non sono trascurabili. Se si prendono per buoni i risultati dello studio italiano si deve concludere che la somministarzione di una triplice terapia comporta un decesso per emorragia cerebrale ogni 43 pazienti trattati in sei mesi. Ci vorrebbero studi di tipo randomizzato e controllato per stabilire se in queste tipologie di pazienti ad alto rischio la terapia massimale comporti comunque benefici antitrombotici superiori ai rischi emorragici. Secondo lo studio di Johnson e collaboratori, recensito in questa pillola, la risposta sembrerebbe negativa. In conclusione: che fare? Anzitutto limitare questa terapia solo ai casi nei quali si ritiene, ragionevolmente, che il rischio trombotico superi quello emorragico. In alcuni casi si potrebbe sospendere il warfarin per il periodo in cui si usano gli antiaggreganti, per esempio nei pazienti con fibrillazione atriale. Si sa che in questa aritmia il warfarin è più utile, tuttavia anche l'ASA ha dimostrazioni di efficacia non trascurabili. Nei casi in cui sia effettivamente necessario usare sia l'anticoagulante che gli antiaggreganti, quest'ultimi dovrebbere essere prescritti per il periodo strettamente necessario.
Referenze
1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3117 2. Rogacka R et al. Dual antiplatelet therapy after percutaneous coronary intervention with stent implantation in patients taking chronic oral anticoagulation. Journal of American College of Cardiovascular Interventions 2008 Feb 1; 1:56
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