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Irbesartan nello scompenso diastolico


Categoria : cardiovascolare
Data : 06 dicembre 2008
Autore : admin

Intestazione :

Nello scompenso cardiaco di tipo diastolico l'irbesartan non ha ridotto gli outcomes rispetto al placebo.



Testo :

In questo studio, denominato I-PRESERVE, sono stati arruolati 4128 pazienti (età minina 60 anni), affetti da scompenso cardiaco in classe NYHA II, III, IV e con frazione di eieizione >= 45%. I partecipanti sono stati randomizzati a ricevere irbesartan 300 mg/die oppure placebo. L'end-point primario era di tipo composto: decessi da tutte le cause e ricoveri per cause cardiovascolari (scompenso cardiaco, infarto miocardico, angina instabile, aritmie o ictus). Era permessa la terapia con aceinibitori se considerati necessari dai medici.
End-point secondari comprendevano i decessi e i ricoveri per scompenso cardiaco, i decessi da tutte le cause, i decessi cardiovascolari e, infine la qualità di vita.
Il follow-up mediano fu di 49,5 mesi. L'end-point primario non differiva tra di due gruppi: 742 pazienti nel gruppo irbesartan e 763 nel gruppo placebo (HR 0,95; 0,86-1,05; P = 0,35).
No si notarono differenze neppure per i decessi totali, i ricoveri per cause cardiovascolari e altri esiti pre-specificati. La percentuale di soggetti che ha smesso il trattamento non differiva statisticamente tra i due gruppi (16% nel gruppo irbesartan e 14% nel gruppo controllo; P = 0,07). Non si sono riscontrate differenze neppure per gli effetti collaterali, se si esclude l'iperpotassiemia (3% nel gruppo trattato e 2% nel gruppo controllo; P =0,01).
Da notare che alla fine circa un terzo aveva abbandonato lo studio.
Gli autori concludono che ibesartan non migliora gli esiti nei pazienti con scompenso cardiaco e frazione di eiezione conservata.


Fonte:

Massie BM et al. for the I-PRESERVE Investigators. Irbesartan in patients with heart failure and preserved ejection fraction. N Engl J Med 2008 Dec 4; 359: 2456-2467.


Commento di Renato Rossi

Sullo stesso studio si propone ai lettori anche l'articolo ad opera del Centro di Documentazione del Farmaco della Società Italiana di Farmacologia: http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4377


Lo scompenso cardiaco diastolico (definito anche scompenso a frazione di eiezione conservata) è caratterizzato da segni clinici e sintomi di insufficienza cardiaca, mentre l'ecocardiogramma mostra una frazione di eiezione >= 45%. Le cause sono le stesse dello scompenso cardiaco da disfunzione sistolica (in primis ipertensione e cardiopatia ischemica), tuttavia nella forma da disfunzione diastolica l'ipertrofia e/o la fibrosi portano ad una progressiva riduzione di elasticità delle pareti dei ventricoli con difficoltà al riempimento durante la diastole.
Contrariamente a quanto si riteneva, la prognosi non è migliore nello scompenso diastolico rispetto a quella dello scompenso sistolico [1], tanto che la mortalità a 5 anni, secondo alcuni studi, arriva al 65% [2].
La terapia purtroppo non è ben condificata. Secondo uno studio osservazionale potrebbero essere utili i betabloccanti, mentre i risultati dello studio PEP-CHF [2] suggeriscono che il perindopril potrebbe portare ad una riduzione dei ricoveri per scompenso e ad un miglioramento della sintomatologia (ma il condizionale è d'obbligo).
Nel braccio dello studio CHARM denominato CHARM-preserved [3], erano stati arruolati 3025 pazienti con frazione di eiezione > 40% con/senza aceinibitore, successivamente randomizzati a placebo o candesartan: non si ebbe alcuna differenza per quanto riguarda l'end-point primario (morte cardiovascolare e ospedalizzazione per scompenso cardiaco); la frequenza dei ricoveri per scompenso era più bassa nel gruppo candesartan ma non raggiungeva la significatività statistica.
Arriva ora lo studio I-PRESERVE e anche in questo caso non si è ottenuto una riduzione degli esiti con irbesartan: non si è registrata alcuna differenza rispetto al placebo nè per l'end-point primario nè per altri outcomes secondari.
Per il momento quindi la terapia dello scompenso cardiaco diastolico deve navigare a vista, considerato che non ci sono evidenze robuste che dimostrino l'efficacia di una qualche classe di farmaci per questa patologia, a differenza di quanto gli RCT hanno dimostrato nello scompenso da disfunzione sistolica.


Referenze

1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2769
2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2859
3. Yusuf S et al. Effects of candesartan in patients with chronic heart failure and preserved left-ventricular ejection fraction: the CHARM-Preserved Trial. Lancet 2003; Sept 6; 362: 777-81





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