Irbesartan nello scompenso diastolicoCategoria : cardiovascolare Data : 06 dicembre 2008 Autore : admin Intestazione : Nello scompenso cardiaco di tipo diastolico l'irbesartan non ha ridotto gli outcomes rispetto al placebo. Testo : In questo studio, denominato I-PRESERVE, sono stati arruolati 4128 pazienti (età minina 60 anni), affetti da scompenso cardiaco in classe NYHA II, III, IV e con frazione di eieizione >= 45%. I partecipanti sono stati randomizzati a ricevere irbesartan 300 mg/die oppure placebo. L'end-point primario era di tipo composto: decessi da tutte le cause e ricoveri per cause cardiovascolari (scompenso cardiaco, infarto miocardico, angina instabile, aritmie o ictus). Era permessa la terapia con aceinibitori se considerati necessari dai medici. Sullo stesso studio si propone ai lettori anche l'articolo ad opera del Centro di Documentazione del Farmaco della Società Italiana di Farmacologia: http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4377 Lo scompenso cardiaco diastolico (definito anche scompenso a frazione di eiezione conservata) è caratterizzato da segni clinici e sintomi di insufficienza cardiaca, mentre l'ecocardiogramma mostra una frazione di eiezione >= 45%. Le cause sono le stesse dello scompenso cardiaco da disfunzione sistolica (in primis ipertensione e cardiopatia ischemica), tuttavia nella forma da disfunzione diastolica l'ipertrofia e/o la fibrosi portano ad una progressiva riduzione di elasticità delle pareti dei ventricoli con difficoltà al riempimento durante la diastole. Contrariamente a quanto si riteneva, la prognosi non è migliore nello scompenso diastolico rispetto a quella dello scompenso sistolico [1], tanto che la mortalità a 5 anni, secondo alcuni studi, arriva al 65% [2]. La terapia purtroppo non è ben condificata. Secondo uno studio osservazionale potrebbero essere utili i betabloccanti, mentre i risultati dello studio PEP-CHF [2] suggeriscono che il perindopril potrebbe portare ad una riduzione dei ricoveri per scompenso e ad un miglioramento della sintomatologia (ma il condizionale è d'obbligo). Nel braccio dello studio CHARM denominato CHARM-preserved [3], erano stati arruolati 3025 pazienti con frazione di eiezione > 40% con/senza aceinibitore, successivamente randomizzati a placebo o candesartan: non si ebbe alcuna differenza per quanto riguarda l'end-point primario (morte cardiovascolare e ospedalizzazione per scompenso cardiaco); la frequenza dei ricoveri per scompenso era più bassa nel gruppo candesartan ma non raggiungeva la significatività statistica. Arriva ora lo studio I-PRESERVE e anche in questo caso non si è ottenuto una riduzione degli esiti con irbesartan: non si è registrata alcuna differenza rispetto al placebo nè per l'end-point primario nè per altri outcomes secondari. Per il momento quindi la terapia dello scompenso cardiaco diastolico deve navigare a vista, considerato che non ci sono evidenze robuste che dimostrino l'efficacia di una qualche classe di farmaci per questa patologia, a differenza di quanto gli RCT hanno dimostrato nello scompenso da disfunzione sistolica. Referenze 1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2769 2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2859 3. Yusuf S et al. Effects of candesartan in patients with chronic heart failure and preserved left-ventricular ejection fraction: the CHARM-Preserved Trial. Lancet 2003; Sept 6; 362: 777-81 |