Stent, antiaggreganti e anticoagulanti
Categoria : cardiovascolare
Data : 27 settembre 2009
Autore : admin
Intestazione :
Nei pazienti che assumono ASA + clopidogrel l'aggiunta di warfarin non sembra portare ad un aumento degli episodi emorragici purchè l'INR si mantenga entro il range consigliato dalla linee guida.
Testo :
Questo studio aveva lo scopo di valutare gli esiti long term nei pazienti con stent che erano trattati con la doppia antiaggregazione (ASA + clopidogrel) e che dovevano inoltre assumere warfarin. Sono stati reclutati 1.678 pazienti sottoposti a stent coronarico; di questi 118 (il 7%) dovevano assumere anche warfarin. La doppia antiaggregazione veniva mantenuta per il periodo consigliato dalle linee guida (12 mesi per i pazienti con sindrome coronarica acuta oppure con stent medicato; 1 mese per i pazienti con stent metallico). Sono stati esclusi i pazienti con protesi valvolari metalliche. Come controllo è stato scelto un gruppo di pazienti sottoposti a PCI paragonabili e che assumevano solo la duplice terapia antiaggregante. Il follow-up è stato di 18 mesi a partire dall'inizio della terapia antitrombotica. Alla fine del follow-up si è evidenziato un aumento non significativo delle complicanze emorragiche nel gruppo che assumeva la triplice terapia antitrombotica rispetto a chi assumeva solo ASA + clopidogrel. Le emorragie gravi non differivano tra i due gruppi e non si sono verificati episodi mortali legati agli sanguinamenti. L'analisi dei dati ha permesso di dimostrare che il fattore predittivo di un maggior rischio di emorragia nel gruppo trattato con warfarin era un INR > 2,6. L'incidenza di eventi tromboembolici e ischemici era sovrapponibile nei due gruppi.
Fonte:
Rossini R et al. Long-term outcomes in patients undergoing coronary stenting on dual oral antiplatelet treatment requiring oral anticoagulant therapy. Am J Cardiol 2008; 102: 1618-23.
Commento di Renato Rossi
In alcuni pazienti trattati con doppia antiaggregazione è necessario associare anche warfarin per la coesistenza di condizioni morbose ad alto rischio trombotico, come per esempio una precedente embolia polmonare, la presenza di trombi nella camere cardiache oppure la coesistenza di fibrillazione atriale, soprattutto se questa ha avuto come complicanza degli eventri cardioembolici. Il timore, in questi casi, è di assistere ad un aumento del rischio emorragico. Le linee guida consigliano in tali pazienti, di mantenere l'INR compreso tra 2 e 2,5, in modo da minimizzare il rischio emorragico con il massimo beneficio sul versante antitrombotico. Lo studio recensito in questa pillola conferma la bontà di questa impostazione. Infatti l'unico fattore predittivo di aumento del rischio di sanguinamento nel gruppo trattato con la tiplice terapia, rispetto al gruppo trattato con la duplice antiaggregazione, era un INR > 2,6. Ovviamente questi risultati non valgono per i pazienti con protesi valvolari metalliche, nei quali si consiglia un target di INR maggiore e che erano stati esclusi dallo studio. Le conseguenze pratiche di questo studio sono facilmente comprensibili: quando si deve attuare una triplice terapia antitrombotica il paziente va attentamente monitorato con frequenti controlli dell'INR, che deve essere mantenuto entro i valori target consigliati. Inoltre è obbligatorio associare alla terapia un inibitore di pompa protonica a dosaggio pieno onde ridurre il rischio di sanguinamenti a livello gastroduodenale. Da segnalare che è stato notato recentemente che i PPI potrebbero ridurre l'efficacia antiaggregante del clopidogrel. Su questo argomento è stata pubblicata una pillola alla quale si rimanda [1].
Referenze
1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4457
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