Ultrasuoni ad alta intensità per curare il cancro prostatico
Categoria : urologia
Data : 18 settembre 2009
Autore : admin
Intestazione :
Uno studio italiano mostra che il trattamento del cancro prostatico localizzato con gli ultrasuoni focalizzati ad alta intensità potrebbe diventare una alternativa valida alla prostatectomia, ma sono necessari RCT di paragone prima di trarre conclusioni definitive.
Testo :
Ultrasuoni ad alta intensità per curare il cancro prostatico In questo studio, effettuato a Perugia e Torino, sono stati reclutati 163 pazienti con cancro prostatico T1-T3 N0M0, sottoposti a trattamento con ultrasuoni focalizzati ad alta intensità. Il follow-up prevedeva il dosaggio del PSA a 1 mese e poi ogni 3 mesi e una biopsia prostatica random a sei mesi. L'età media dei pazienti era di 72 anni e il PSA al baseline di 7,3 ng/ml. La malattia era in stadio T1 nel 44% dei casi, T2 nel 42,5% e T3a nel 13,4%. Il follow-up medio è stato di 23,8 mesi. Dopo il trattamento il PSA si è ridotto a 0,15 ng/ml. A tre e a sei mesi il valore medio del PSA era rispettivamente di 0,30 e di 0,54 ng/ml. A sei mesi la biopsia risultava negativa nel 66,1% dei casi.Non c'era evidenza biochimica di malattia nel 71,9% dei casi. Gli autori concludono che, come ogni nuova tecnica, anche in questo caso sono necessari dati a lungo termine prima che la metodica diventi di vasta applicazione. Fonte:
Mearini L et al. Visually Directed Transrectal High Intensity Focused Ultrasound for the Treatment of Prostate Cancer: A Preliminary Report on the Italian Experience. J Urol 2009 Jan; 181:105-112.
Commento di Renato Rossi
La terapia del cancro prostatico localizzato con fasci di ultrasuoni focalizzati ad alta intensità appare promettente, tuttavia gli autori notano che i dati di letteratura finora disponibili mostrano outcomes favorevoli e pochi esiti avversi ma sono limitati ed il follow-up è breve. L'invasività dell'intervento è molto ridotta perchè può essere eseguito per via transrettale. Inoltre il paziente viene dimesso dopo appena 24 ore. Si tratterebbe quindi di un notevole passo in avanti rispetto al classico intervento di prostatecmia totale, che richiede più lunghi tempi di degenza ed appare associato a maggiori complicanze post-operatorie sia nel breve che nel lungo periodo a carico della sfera urinaria, sessuale ed intestinale. Negli studi finora eseguiti la terapia ad ultrasuoni è stata associata ad effetti collaterali come sintomi urinari acuti che possono richiedere un intervento di resezione transuretrale, mentre poco si sa circa la possibile comparsa di disfunzione erettile, esito che è stato poco riportato. Sono state messe a punto nuove tecniche che permettono di effettuare il trattamento usando la risonanza magnetica, per meglio indirizzare il fasco di ultrasuoni, e questo potrebbe ridurre la comparsa di effetti collaterali e migliorare la precisione dell'intervento. Ovviamente, come correttamente segnalato dagli autori, lo studio italiano è solo preliminare e sono necessari altri lavori che paragonino direttamente la terapia ad ultasuoni focalizzati con la prostatectomia radicale e con la radioterapia prima di poter trarre conclusioni difinitive. Gli studi dovranno valutare non solo gli effetti collaterali delle due metodiche ma anche gli esiti nel lungo periodo su outcomes clinici rilevanti come la mortalità totale o almeno la sopravvivenza libera da malattia. Per il momento appare ragionevole proporre questa scelta ai pazienti che non vogliono/possono essere trattati con la radioterapia oppure in quelli in cui l'intervento chirurgico di prostatectomia è controindicato per l'esistenza di comorbilità o per l'età.
|