Rosuvastatina ed eventi cardiovascolari in emodializzati: studio Aurora
Categoria : cardiovascolare
Data : 27 gennaio 2010
Autore : admin
Intestazione :
Il trattamento con rosuvastatina non ha determinato alcun beneficio, nonostante la riduzione media del 43% dei livelli di colesterolo LDL a 3 mesi e i benefici attesi sugli altri livelli lipidici in pazienti sottoposti ad emodialisi.
Testo :
La terapia con statine ha dimostrato di ridurre l’incidenza di eventi cardiovascolari e la mortalità in diverse popolazioni ad elevato rischio. Questo beneficio non è stato verificato in pazienti sottoposti ad emodialisi per i quali è stato osservato un aumento del rischio di eventi cardiovascolari precoci.
Lo studio AURORA è stato disegnato con lo scopo di verificare gli effetti di rosuvastatina in pazienti sottoposti con regolarità ad emodialisi. Questo RCT vs placebo, in doppio cieco, multicentrico (280 centri in 25 paesi), a cui hanno collaborato anche ricercatori italiani, ha reclutato uomini e donne di età compresa tra 50 e 80 anni affetti da patologia renale all’ultimo stadio, in trattamento regolare con emodialisi o emofiltrazione per un periodo di almeno 3 mesi. I criteri di esclusione erano: terapia con statine entro i 6 mesi precedenti, propsettiva di trapianto renale entro 1 anno, malattia grave ematologica, neoplastica, gastrointestinale, infettiva o metabolica (escluso il diabete) con un’aspettativa di vita <1 anno; anamnesi positiva per neoplasia maligna, patologia epatica attiva (definita da un livello di alanina aminotransferasi 3 volte superiore il limite maggiore dell’intervallo normale), ipotiroidismo non controllato e un aumento per qualsiasi causa dei livelli di creatinchinasi di 3 volte il limite maggiore dell’intervallo normale. Le visite di follow-up erano pianificate tre mesi dopo la randomizzazione e poi ogni 6 mesi.
L’end point principale era il tempo di insorgenza di un evento cardiovascolare maggiore, definito come infarto miocardico non fatale, ictus non fatale o morte per cause cardiovascolari. Gli end point secondari comprendevano la mortalità da tutte le cause, la sopravvivenza libera da eventi cardiovascolari (es. infarto miocardico non fatale, ictus non fatale, morte da cause cardiovascolari e morte per qualsiasi altra causa), procedure eseguite per stenosi o trombosi dell’accesso vascolare dell’emodialisi a lungo termine (fistola arteriovenosa e innesti vascolari), rivascolarizzazione coronarica o periferica, morte da cause cardiovascolari e da cause non cardiovascolari.
I pazienti (n=2273) sono stati randomizzati a rosuvastatina 10 mg/die (n=1391) o a placebo (n=1385). Non sono state rilevate differenze significative tra i due gruppi al basale relativamente ad età, sesso, razza o gruppo etnico, terapie concomitanti, durata media della dialisi. Durante il periodo di follow-up (in media 3.2 anni per un massimo di 5.6 anni), 1296 pazienti sono deceduti. Dei 1164 decessi per i quali è stata definita la causa di morte, 648 sono stati attribuiti a cause cardiovascolari.
Complessivamente, 804 pazienti hanno manifestato un evento cardiovascolare maggiore e 674 (di cui 332 trattati con rosuvastatina e 342 placebo) sono deceduti durante lo studio. Inoltre 440 pazienti (207 trattati con rosuvastatina e 233 con placebo) hanno sospeso il trattamento in seguito all’insorgenza di un evento avverso, compresi gli end point dello studio e 370 pazienti (197 trattati con rosuvastatina e 173 con placebo) hanno interrotto la terapia a causa del trapianto renale. La durata media di esposizione al farmaco in studio è stata di 2.4 anni. L’end point primario si è verificato in 396 pazienti randomizzati a rosuvastatina (9.2 eventi per 100 anni-paziente) e in 408 del gruppo placebo (9.5 eventi per 100 anni-paziente). Non è stato rilevato un effetto significativo del trattamento attivo per l’end point primario nel gruppo rosuvastatina vs placebo (HR 0.96; 95% CI 0.84–1.11; p=0.59). Fra gli eventi inclusi nell’end point primario, non è stato osservato un effetto significativo della terapia con rosuvastatina rispetto a placebo. Le rispettive incidenze per evento sono state di 7.2 vs 7.3 per 100 anni-persona per la morte da cause cardiovascolari (p=0.97); 2.1 vs 2.5 per 100 anni-persona per l’infarto miocardico non fatale (p=0.23) e 1.2 vs 1.1 per 100 anni-persona per l’ictus non fatale (p=0.42). Un’analisi per-protocol dei pazienti che hanno continuato a ricevere la terapia attiva fino al raggiungimento di un end point, ha confermato la mancanza di un effetto della rosuvastatina sull’end point primario composito. Il decesso per qualsiasi causa è insorto in 636 pazienti (13.5 per 100 anni-persona) nel gruppo rosuvastatina e in 660 (14.0 per 100 anni-persona) con placebo. Non è stato osservato un effetto significativo di rosuvastatina sulla mortalità per tutte le cause (HR 0.96; 95% CI 0.86–1.07; p=0.51) o sulla morte per cause non cardiovascolari (HR 0.92; 95%CI: 0.77–1.09; p=0.34). Nessuno degli end point secondari è stato influenzato dal trattamento attivo. La mancanza di un effetto della terapia con rosuvastatina sull’end point primario è stata osservata in tutti i sottogruppi pre-definiti, compresi i pazienti con diabete, disturbi cardiovascolari preesistenti, ipertensione, livelli elevati di colesterolo LDL o di proteina C-reattiva ad alta sensibilità. In conformità con gli studi precedenti condotti in pazienti con malattia renale all’ultimo stadio, è stata osservata un’elevata incidenza di eventi avversi (96.3% di cui l’82.1% eventi gravi nel gruppo rosuvastatina vs 96.7% di cui l’84,1% con placebo).
Data la mancanza di un effetto del trattamento con rosuvastatina sull’end point primario, gli autori hanno esaminato la relazione tra i livelli di lipidi e gli end point cardiovascolari all’interno dello studio. Non è stata osservata alcuna relazione dell’end point cardiovascolare primario né con i livelli basali di colesterolo LDL (HR per 1 mg/dL 1.00; 95% CI 0.82–1.29; p=0.83) né con i livelli di colesterolo LDL a 3 mesi (HR: 0.95; 95%CI 0.83–1.09; p=0.48).
Lo studio AURORA non ha rilevato effetti positivi rispetto a placebo del trattamento con rosuvastatina sull’end point principale in pazienti in emodialisi con malattia renale all’ultimo stadio. Rosuvastatina non ha mostrato benefici nei sottogruppi di pazienti esaminati, compresi quelli con malattia diabetica. Il trattamento con rosuvastatina non ha determinato alcun beneficio, nonostante la riduzione media del 43% dei livelli di colesterolo LDL a 3 mesi e i benefici attesi sugli altri livelli lipidici. I dati di questo studio suggeriscono che nei pazienti dializzati, una riduzione dei livelli di colesterolo ottenuta con le statine non produce necessariamente una riduzione del rischio cardiovascolare.
Commento
I risultati negativi di questo studio confrontati con quelli positivi osservati in altri suscitano dei dubbi relativi alla possibilità che le statine diventino inefficaci con l’aggravarsi della patologia renale e, se questo fosse verificato, a quale stadio. La risposta a queste domande potrebbe provenire dai risultati dello studio SHARP (Study of Hearth and Renal Protection), attualmente in corso, che sta valutando il beneficio di simvastatina + ezetimibe in pazienti con varie tipologie di disfunzione renale.
Nell’editoriale di accompagnamento allo studio, sono stati rilevati alcuni limiti quali errori nella stima della potenza del campione, elevato drop-out e possibile esclusione dei pazienti che avrebbero trattato maggiore beneficio dalla terapia con statine (bias di selezione). È probabile che possano sussistere differenze nei meccanismi in grado di determinare eventi cardiovascolari precoci o morte in pazienti sottoposti a dialisi rispetto ad altre popolazioni. Nella popolazione generale, la malattia cardiaca di solito è causata da lesioni coronariche ateromatose, mentre circa il 75% dei pazienti sottoposti a dialisi presenta ipertrofia ventricolare sinistra e calcificazione aortica. Negli Stati Uniti solo un quarto circa delle morti per cause cardiovascolari fra i pazienti sottoposti a dialisi è attribuito ad infarto del miocardio, mentre le rimanenti sono attribuite a cause per le quali le statine non sono indicate: morte improvvisa o morte dovuta ad aritmia. La riduzione dei livelli lipidici con le statine non è inoltre risultata efficace nel migliorare gli esiti cardiovascolari in pazienti con insufficienza cardiaca. In questi pazienti, gli eventi coronarici, come ad esempio l’infarto del miocardio, non sono responsabili della maggior parte dei decessi.
Lo studio AURORA ha mostrato che non esiste un end point surrogato universalmente valido e che l’uso come end point del colesterolo-LDL (C-LDL, la cui validità è indiscutibile) può variare inaspettatamente a seconda del contesto clinico. Il beneficio della riduzione del C-LDL non può essere trasferito direttamente dalla popolazione generale ai pazienti sottoposti ad emodialisi nei quali i meccanismi alla base dello spettro delle malattie sono molto diversi.
Conflitto di interesse
Lo studio è stato sponsorizzato dalla ditta produttrice di rosuvastatina. Molti autori dichiarano di aver ricevuto compensi per attività di consulenza da aziende produttrici di statine.
Dottoressa Sabrina Montagnani e Dottor Marco Tuccori
Riferimenti bibliografici
Fellstrom BC et al. Rosuvastatin and cardiovascular events in patients undergoing hemodialysis. N Engl J Med 2009; 360: 1395-407. Strippoli GFM, Craig JC. Sunset for statins after AURORA? N Engl J Med 2009; 360: 1455-57..
Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/
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