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Bufera sui sartani?


Categoria : cardiovascolare
Data : 10 maggio 2009
Autore : admin

Intestazione :

Secondo due metanalisi i sartani non sarebbero più efficaci del placebo nel ridurre, nel paziente iperteso, il rischio di eventi ischemici cardiaci, mentre sarebbero più efficaci di aceinibitori e betabloccanti nel ridurre lo stroke.



Testo :

A San Francisco, al Meeting Annuale dell'American Society of Hypertension, sono state presentate due metanalisi sull'efficacia dei farmaci antipertensivi. Sono stati inclusi tutti i trials pubblicati che avevano una durata di almeno un anno, ma sono stati esclusi RCT in cui i pazienti non erano ipertesi (per esempio HOPE, EUROPA, PEACE, ONTARGET).
La prima metanalisi ha preso in considerazione la riduzione del rischio di ictus. Sono stati esaminati 60 trials per un totale di 270.000 pazienti. Prendendo come farmaco di riferimento i diuretici, l'odds ratio per lo stroke era di 1,56 (1,44-1,77) per il placebo, di 1,22 (1,11-1,35) per i betabloccanti, di 1,17 (1,07-1,29) per gli aceinibitori, di 1,10 (0,96-1,26) per i sartani e di 1,00 (0,92-1,10) per i calcioantagonisti. Questi risultati era identici sia se si prendeva come diuretico di riferimento il clortalidone sia l'idroclorotiazide.
La seconda metanalisi ha considerato il rischio di cardiopatia ischemica includendo 57 trials per un totale di 276.000 pazienti. In questa analisi tutti i farmaci antipertensivi, eccetto i sartani, si sono dimostrati superiori al placebo nel ridurre il rischio di eventi coronarici. Gli aceinibitori si sono dimostrati significativamente superiori ai betabloccanti e ai sartani.
Il dr. William Elliott, presentando i dati, ha sottolineato che i risultati a carico dei sartani riflettono il fatto che si tratta di una classe di farmaci di più recente immissione in commercio, per cui sono disponibili meno studi con end-point cardiovascolari. Pertanto per questi farmaci non è possibile trarre conclusioni forti. Inoltre ha aggiunto che sui sartani è opportuno non fare una tempesta in un bicchiere d'acqua perchè molti pazienti ipertesi sono trattati con un cocktail di farmaci ipotensivi mentre le due metanalisi si sono limitate a considerare gli esiti solo per quanto concerne il trattamento iniziale dell'ipertensione.


Fonte:

http://www.medscape.com/viewarticle/702511


Commento di Renato Rossi

Nonostante le considerazioni del dr. Elliott è facile prevedere che queste due metanalisi provocheranno qualche ondata nel già poco tranquillo mare della comunità scientifica. Da una parte si schiereranno coloro che considerano i sartani come farmaci che non hanno mantenuto le promesse, dall'altra ci sarà chi criticherà i risultati portati al Meeting di San Francisco.
E' noto che la metanalisi perfetta non è ancora stata ideata: pur trattandosi di un mezzo potente che gli studiosi hanno per valutare l'efficacia dei farmaci, i risultati dipendono sia dalla qualità degli studi inclusi sia dalla metodologia adottata, sia dai criteri di inclusione e di esclusione dei trials. In particolare le due metanalisi recensite in questa pillola sono delle analisi "in rete" (network) che hanno il vantaggio di poter effettuare paragoni multipli tra farmaci anche di tipo indiretto, cioè anche quando non ci sono confronti testa a testa, ma lasciano il destro a critiche. Per dirla in parole povere sarebbe come se il Milan sconfiggesse l'Inter e questa a sua volta sconfiggesse la Roma: si può affermare che il Milan è più forte della Roma anche se le due squadre non si sono mai incontrate direttamente? E' probabile quindi che i dati illustrati dal dr. Elliott saranno contestati sotto questo punto di vista. Sarà interessante vedere inoltre le reazioni della comunità scientifica dopo la pubblicazione in una rivista peer-review e se e come questi risultati saranno recepiti dalle linee guida internazionali. Sarà soprattutto importante la valutazione metodologica che ne faranno gli esperti di critical appraisal.
Comunque non è la prima volta che vengono avanzati dubbi circa la capacità dei sartani di ridurre il rischio di infarto rispetto agli altri farmaci antipertensivi. Un editoriale del BMJ di alcuni anni fa notava che nello studio VALUE (che confrontava valsartan con amlodipina) si era registrato un aumento del rischio di infarto miocardico del 19% nel gruppo trattato con il sartano [1]. In seguito, tuttavia, una revisione non aveva confermato questo dato, anche se gli ampi intervalli di confidenza trovati portavano a concludere che la stima del rischio era imprecisa e si rendevano necessarie ulteriori analisi [2].
Un secondo punto da considerare è il ruolo dei betabloccanti. Le metanalisi recensite in questa pillola suggeriscono che questi farmaci sono più efficaci del placebo sia per quanto riguarda la riduzione dell'ictus che degli eventi coronarici. Tuttavia una metanalisi Cochrane [3] ha recentemente trovato che, rispetto al placebo, i betabloccanti riducono il rischio di ictus del 20% (NNT = 200), ma non quello di eventi ischemici cardiaci nè la mortalità totale. Gli autori della revisione Cochrane concludevano che in effetti le prove disponibili non consigliano l'uso dei betabloccanti come farmaci di prima scelta nel trattamento dell'ipertensione, tuttavia nella maggior parte dei trials esaminati (75% dei partecipanti) il farmaco usato era l'atenololo. Ci sono perciò aree di incertezza per quanto riguarda gli altri betabloccanti, nè sappiamo se essi siano più efficaci nei giovani rispetto agli anziani.
Una terza considerazione riguarda i diuretici tiazidici. Secondo le due metanalisi non ci sarebbero differenze tra clortalidone e idroclorotiazide. In realtà esiste solo lo studio MRFIT [4] in cui i due farmaci sono stati paragonati, peraltro in modo indiretto. In questo studio vennero arruolati quasi 13.000 uomini (età 35-37 anni) randomizzati ad un programma di trattamento speciale che prevedeva, tra gli altri interventi, una terapia a gradini per l'ipertensione, oppure ad usual care. L'intervento ridusse la mortalità coronarica del 26% e quella totale del 23%. Tra i fattori dell'intervento multiplo associati a questi esiti favorevoli venne evidenziato il passaggio da una terapia con idroclorotiazide ad una con clortalidone fino ad una dose massima di 50 mg/die, tanto che il comitato dello studio decise di usare, ad un certo punto, solo quest'ultimo come diuretico.
Veniamo ora ad esaminare i dati delle due metanalisi presentate al Meeting dell'American Society of Hypertension. Il messaggio "take away" è sostanzialmente questo: se lo scopo del trattamento dell'ipertensione è la riduzione dell'ictus i farmaci preferibili sono i tiazidici, i calcioantagonisti e i sartani. Se invece si vuol ridurre il rischio di eventi ischemici cardiaci i farmaci preferibili sono i tiazidici, i calcioantagonisti e gli aceinibitori. Il problema però è che quando si tratta un iperteso si vorrebbe poter ridurre tutti gli esiti legati alla malattia, compreso anche lo scompenso cardiaco che qui non è stato preso in considerazione. Inoltre, come ha fatto notare il dr. Elliott, se queste considerazioni sono pertinenti quando si deve decidere quale dovrebbe essere il farmaco di prima scelta nella terapia dell'iperteso non complicato, è anche vero che in molti casi è necessario usare più farmaci per arrivare ai valori tensivi desiderati, soprattutto quando si ha a che fare con condizioni patologiche particolari come il diabete, le nefropatie, lo scompenso cardiaco.
Come concludere in attesa della prossima contro-metanalisi che, c'è da giurarci, non mancherà?
A parere di chi scrive non ci sono ragioni particolari per stravolgere la strategia che si è più volte ricordata: un tiazidico è sicuramente una scelta iniziale condivisibile nella maggior parte dei pazienti, come lo sono un calcioantagonista od un aceinibitore, soprattutto se esistono indicazioni particolari (per esempio nel diabetico e nel nefropatico l'aceinibitore è il farmaco di riferimento, nell'anziano le linee guida NICE - peraltro non da tutti condivise - suggeriscono di iniziare con un diuretico o con un calcioantagonista). Se la monoterapia non è efficace nel portare a target i valori pressori si può aumentare il farmaco usato fino alla massima dose consentita e/o aggiungere uno o più farmaci di classi diverse. I betabloccanti sono farmaci indicati soprattutto in alcune condizioni: cardiopatia ischemica, aritmie ipercinetiche, scompenso cardiaco. I sartani trovano indicazione soprattutto quando gli aceinibitori non sono tollerati e/o non sono efficaci. Per esempio ci sono pazienti che, nonostante trattamento con aceinibitore associato a 2-3 altri ipotensivi, continuano ad avere valori tensivi elevati: in questi casi è razionale sostituire l'aceinibitore con il sartano. Inoltre, se si accettano per buoni i dati illustrati dal dr. Elliott, potrebbe essere giustificato usarli in alternativa agli aceinibitori quando si reputa che il rischio di ictus sia elevato. In effetti una metanalisi recente di 6 RCT [5] per un totale di quasi 50.000 pazienti ha evidenziato che il rischio totale di ictus era inferiore dell'8% con i sartani rispetto agli aceinibitori (OR 0,92; 95%CI 0,85-0,99; p = 0,036). Questa stessa metanalisi ha trovato che aceinibitori e sartani sono equivalenti per altri esiti, compresi gli eventi ischemici cardiaci. Perchè questi risultati contraddittori? E' probabile che questo dipenda sia dai diversi criteri di inclusione degli studi scelto dagli autori, sia dalla modalità differente con cui sono stati effettuati i paragoni, sia, come ha spiegato William Elliott, dal fatto che i sartani hanno al loro attivo meno studi e quindi i risultati non possono essere definitivi. D'altra parte ormai la letteratura ci ha abituati a studi che dicono tutto ed il contrario di tutto.
In ogni caso, a nostro parere, sarebbe preferibile una metanalisi con confronti diretti, che fornisce risultati più sicuri, mentre la metanalisi "in rete" si presta a critiche.



Referenze

1. Verma S and Strauss M. Angiotensin receptor blockers and myocardial infarction .These drugs may increase myocardial infarction-and patients may need to be told . BMJ 2004 Nov 27; 329:1248-1249
2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2448
3. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3352
4. MRFIT research Group. Mortality after 10 1/2 years for hypertensive participants in the Multiple Risk Factor Intervention Trial. Circulation 1990 Nov 1; 82:1616-1628
5. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4158







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