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Denosumab per l'osteoporosi


Categoria : ortopedia
Data : 14 aprile 2010
Autore : admin

Intestazione :

Un anticorpo monoclonale, il denosumab, è in grado di aumentare la densità minerale ossea e ridurre il rischio fratturativo in donne osteoprotiche in post-menopausa ed in uomini con cancro prostatico non metastatico in trattamento androgeno-soppressivo, ma sono necessari ulteriori studi per stabilirne il ruolo nella terapia dell'osteoporosi.



Testo :

Due studi pubblicati dal New england Journal of Medicine hanno valutato un anticorpo monoclonale, il denosumab, nel trattamento dell'osteoporosi.
Nel primo studio [1] sono stati reclutati 1.468 uomini in terapia androgeno-soppressiva per cancro prostatico non metastatico, nota per essere associata ad un aumentato rischio di perdita di massa ossea e fratture. I pazienti sono stati randomizzati a denosumab (60 mg per via sottocutanea ogni 6 mesi) oppure placebo. End-point primario era il cambiamento della densità minerale ossea a livello lombare a 24 mesi. End point secondari erano la massa ossea a livello del collo femorale e le frutture dell'anca a 24 mesi, le fratture a 36 mesi e le nuove fratture vertebrali.
A 24 mesi la massa ossea lombare era aumentata del 5,6% nel gruppo denosumab e dell'1% nel gruppo placebo (p < 0,001). Inoltre la terapia con denosumab risultava associata ad un aumento significativo della massa ossea a livello dell'anca, del collo femorale e del radio, ad una riduzione dell'incidenza di nuove fratture vertebrali a 36 mesi (1,5% versus 3,9%; RR 0,38; 95%CI 0,19-0,78;
p = 0,006). La frequenza degli eventi avversi era simile nei due gruppi.
Nel secondo studio [2] sono state arruolate 7.868 donne di età compresa tra 60 e 90 anni con T-score inferiore a -2,5 ma non a - 4,0. Le partecipanti sono state randomizzate a denosumab (60 mg sottocute ogni 6 mesi) oppure placebo per 3 anni. L'end-point primario era la comparsa di nuove fratture vertebrali radiologiche. End-point secondari erano le fratture non vertebrali e le fratture dell'anca.
L'incidenza cumulativa di nuove fratture vertebrali radiologiche fu del 2,3% nel gruppo denosumab e del 7,2% nel gruppo placebo (RR 0,32; 95%CI 0,26-0,41; p < 0,001). L'incidenza di fratture dell'anca fu rispettivamente dello 0,7% e dell'1,2% (HR 0,60; 95% CI 0,37-0,97; p = 0,04). L'incidenza delle fratture non vertebrali fu del 6,5% nel gruppo denosumab e dell'8,0% nel gruppo placebo (HR 0,80; 95%CI 0,67-0,95; p = 0,01).
Non si registrò un aumento di cancro, infezioni, malattie cardiovascolari, ritardata guarigione delle fratture, ipocalcemia, osteonecrosi della mandibola ed eventi avversi associati al denosumab.


Fonte:

1. Smith MR et al. Denosumab in men receiving androgen-deprivation therapy for
prostate cancer. N Engl J Med 2009 Aug 20; 361:745.
2. Cummings SR et al. for the FREEDOM Trial. Denosumab for prevention of fractures in postmenopausal women with osteoporosis. N Engl J Med 2009 Aug 20; 361:756.



Commento di Renato Rossi

Il denosumab è un anticorpo monoclonale che inibisce l'attività e lo sviluppo degli osteoclasti interferendo con una citokina necessaria al loro funzionamento, denominata RANKL. In ultima analisi l' azione dell'anticorpo si esplica riducendo il riassorbimento osseo ed aumentando la densità minerale ossea. Attualmente il farmaco è sotto revisione da parte della FDA, ma non è ancora stato approvato.
I due studi pubblicati dal NEJM dimostrano che, in effetti, il denosumab è efficace nell'aumentare la massa ossea e nel ridurre il rischio fratturativo sia in donne osteoporotiche in post-menopausa sia in uomini con cancro prostatico non metastatico a rischio di osteoporosi per la concomitante terapia androgeno-soppressiva.
A questo proposito vanno fatte, però, alcune osservazioni. Per quanto riguarda il primo studio va detto che l'end-point primario era di tipo surrogato, mentre il dato sulla riduzione delle fratture va interpretato con cautela trattandosi di un outcome secondario.
Una considerazione simile va fatta anche per lo studio sulle donne osteoporotiche: in questo caso l'end-point primario erano le fratture vertebrali radiologiche che costituivano la maggior parte delle fratture prevenute dal trattamento. Si tratta sicuramente di un end-point importante, ma più importante ancora è prevenire le fratture sintomatiche. Le fratture dell'anca, la complicanza più temibile dell'osteoporosi, erano un end-point secondario, la cui interpretazione, come non ci stancheremo mai di ripetere, deve essere molto prudente in quanto la significatività statistica potrebbe essere solo nominale e non reale. In ogni caso la riduzione, in termini assoluti, risultò essere dello 0,5%, pari ad un NNT di 200.
Un'altra considerazione che va fatta è che il confronto, in entrambi gli studi, era versus placebo. Sarebbe stato più interessante, a nostro parere, usare come comparator un bifosfonato, che attualmente costituisce il trattamento di prima scelta dell'osteoporosi. Solo in questa maniera si poteva determinare se il denosumab sia più o meno efficace delle attuali terapie a disposizione del medico.
Se da un lato il denosumab ha il vantaggio di poter essere somministrato con una semplice iniezione sottocutanea ogni sei mesi, il che favorisce senz'altro la compliance, dall'altro vanno considerati sia il costo della nuova terapia che i possibili effetti collaterali a lungo termine.
Secondo l'editoriale di commento [1] il costo e i possibili effetti collaterali a lungo termine sono due aspetti fondamentali per poter decidere circa l'uso clinico allargato del denosumab, come del resto per tutti i nuovi farmaci. Una posizione su cui ci sentiamo di concordare. Studi futuri potranno dirci se questa nuova possibilità terapeutica sia effettivamente più utile dei farmaci che sono al momento disponibili per l'osteoporosi, sia sicura ed abbia un rapporto costi/benefici favorevole.



Referenze

1. Khosla S. Increasing options for the treatment of osteoporosis. N Engl J Med 2009 Aug 20; 361:818.




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