Gli atleti e il doping: problemi per il medico
Categoria : medicina_legale
Data : 30 giugno 2002
Autore : admin
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I recenti terremoti che stanno scuotendo il mondo del ciclismo e, in genere, quello dello sport, ha un nome che è diventato sinonimo di "droga": il "doping". Nel comune sentire, un atleta scoperto positivo al doping è considerato alla stregua di un "drogato", uno che assume sostanze proibite e illecite per ottenere risultati sportivi esagerati. In realtà il fenomeno del doping è del tutto diverso da quello delle sostanze stupefacenti, sia dal punto di vista scientifico che da quello legale, e basato su diversi principi:
1) Non è la sostanza in sé che fa il doping, ma è l'uso che se ne fa. 2) Le sostanze dopanti sono lecite per una persona comune, sono illecite (e possono costituire reato) per un'altra persona (un atleta). 3) Le regole per la prescrizione e l' uso dello stesso farmaco sono diverse tra soggetto malato e atleta.
Nell' elenco delle sostanze dopanti si ritrovano infatti diversi principi attivi comunemente usati nella pratica medica per la cura di varie malattie. Ecco alcuni esempi tratti dall' elenco stilato dalla Commissione per la Vigilanza e il controllo sul Doping, istituita con Decreto 12 Marzo 2001: - Caffeina - Efedrina - Diuretici (Clortalidone, Idroclorotiazide, Furosemide) - Alcool - Cortisonici - Betabloccanti - Anestetici locali.
A fianco di sostanze dotate di chiaro effetto stimolante (caffeina, efedrina) si rilevano numerosi farmaci privi invece di tale effetto, per cui può non essere chiaro il motivo della loro inclusione nell' elenco delle sostanze proibite. Alcuni di tali farmaci ( i diuretici, ad esempio) vengono proibiti e considerati "dopanti" in quanto sono spesso utilizzati per favorire l' eliminazione attraverso le urine di farmaci stimolanti, in modo da ostacolarne l' individuazione attraverso i test di controllo.
L' allargamento di tale lista ha causato problemi di non poca importanza, in quanto alcune di queste sostanze possono effettivamente essere assunte "innocentemente", in sciroppi per la tosse o in decongestionanti nasali. Va precisato che sono permesse le iniezioni locali o intraarticolari di anestetici locali o cortisonici, ma il trattamento deve essere sottoposto preventivamente per iscritto alla Commissione Medica del C.I.O. Le amine simpaticomimetiche (ad esempio il salbutamolo) sono permesse per uso inalatorio ( ad esempio per la terapia dell' asma) ma restano vietate, anche per le medesime patologie, in tutte le altre forme farmaceutiche. Data la possibilità che tracce di queste sostanze vengano rinvenute in occasione di esami di controllo, sarebbe utile che tali trattamenti venissero sempre segnalati preventivamente.
La situazione ora descritta ha la sua origine nel Decreto 31/10/2001 n. 440, e dalla Legge 14 Dicembre 2000 n. 376. Questa legge stabilisce infatti, con terminologia volutamente generica, che costituiscono doping la somministrazione o l'assunzione di farmaci o di sostanze attive idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell'organismo, o che siano finalizzate ad alterare le prestazioni agonistiche degli atleti. Anche pratiche non farmacologiche, qualora finalizzate ad alterare le prestazioni atletiche, sono equiparate al doping (come, ad esempio, la famigerata autotrasfusione, effettuata ritrasfondendo all' atleta, allo scopo di aumentarne l'ematocrito, una certa quantità di sangue precedentemente prelevatogli). Sono pure equiparate al doping, come già detto, altre sostanze o eventuali pratiche che siano comunque finalizzate a modificare i controlli sull'uso delle sostanze dopanti.
All' art. 9 la legge suddetta stabilisce pure che "salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa da lire 5 milioni a lire 100 milioni, chiunque procura ad altri, somministra, o assume o favorisce comunque l'utilizzo di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive ricomprese nelle classi previste dall'art. 2 comma 1, che non siano giustificati da condizioni patologiche e che siano idonee a modificare le condizioni psicofiche o biologiche dell'organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti .... . La pena è aumentata se dal fatto deriva un danno per la salute, se il fatto è commesso nei confronti di un minorenne, se il fatto è commesso da un componente o da un dipendente del CONI, se il fatto è commesso da chi esercita una professione sanitaria, in questo caso consegue l'interdizione temporanea all'esercizio della professione".
Tale normativa prevede espressamente l' esimente che la somministrazione possa essere giustificata da eventuali condizioni patologiche: ovviamente, in tali casi, si rientra nel diritto alla propria salute, comunque inalienabile. Tali casi di necessità dovrebbero comunque essere segnalati preventivamente ed adeguatamente dimostrati.
È evidente inoltre come, in caso di scoperta di un caso di doping, possano venire pesantemente coinvolti vari personaggi dell' entourage dell' atleta. Qualora potesse essere dimostrato un loro coinvolgimento, anche indiretto, rischiano pesantissime sanzioni il procuratore sportivo, l' allenatore, e soprattutto il medico della squadra. Per quest' ultimo, ritenuto particolarmente responsabile sia penalmente che deontologicamente della tutela della salute e della correttezza dell' atleta, viene espressamente cotemplata addirittura l' interdizione dalla professione. L' indicazione espressa dalla legge è stata ripresa dall' attuale Codice Deontologico, all' articolo 76.
Il tentativo di procurarsi sostanze dopanti attraverso canali paralleli, in modo da non dover stilare e presentare ricette in farmacia, costituisce poi specifica fattispecie di reato, previsto al comma 7 dello stesso articolo: "Chiunque commercia i tali farmaci attraverso canali diversi dalle farmacie autorizzate, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da lire 10 milioni a lire 150 milioni".
Inoltre è stato stabilito che anche le preparazioni galeniche, officinali o magistrali che contengono i principi attivi appartenenti alle classi farmacologiche vietate siano prescrivibili solo dietro presentazione di ricetta medica non ripetibile. Questa ricetta deve essere conservata (in originale) dal farmacista per sei mesi. La norma è finalizzata, evidentemente, ad impedire la prescrizione o la commercializzazione "ufficiosa" e mascherata di tali sostanze ).
La posizione del medico coinvolto in pratiche di doping è, come abbiamo detto, particolarmente delicata in quanto, oltre alle eventuali sanzioni penali e alle aggravanti connesse, rischia anche un provvedimento disciplinare dalle pesanti conseguenze per violazione dell'art. 76 del Codice Deontologico il quale vieta espressamente al medico di consigliare, prescrivere o somministrare trattamenti dopanti. Attenzione! Non è proibita solo la prescrizione o la somministrazione, ma anche il "consiglio", inteso come assistenza professionale nella scelta del tipo di sostanza, dei tempi e modi di somministrazione, dei modi di elusione dei controlli, insomma ogni partecipazione attiva alla pratica del doping. Medico avvisato….
Daniele Zamperini Pubblicato in forma ridotta su Tempo Medico, giugno 2002
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