Calibro delle arteriole retiniche e rischio di malattia coronarica: differenze tra uomini e donne
Categoria : cardiovascolare
Data : 30 aprile 2002
Autore : admin
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Si è sempre ipotizzato un ruolo importante dei processi microvascolari nello sviluppo della malattia coronarica sia negli uomini che nelle donne, tuttavia i dati provenienti da studi prospettici al riguardo sono piuttosto limitati. L'obbiettivo dello studio pubblicato recentemente su JAMA da Tien Yin Wongn et al.è quello di esaminare l'associazione tra restringimento delle arteriole retiniche, marker di danno microvascolare per ipertensione, e l'incidenza di malattia coronaria in uomini e donne sani di mezza età. L'Atherosclerosis Risk in Communities Study è uno studio prospettico ancora in corso basato su una popolazione di coorte di 4 comunità statunitensi iniziato nel 1987. Sono state raccolte le fotografie del fondo retinico in 9648 pazienti di età compresa tra 51 e 72 anni senza malattia coronarica fino alla terza osservazione (1993 -1997). Per quantificare il restringimento arteriolare, le fotografie del fondo oculare sono state digitalizzate ed il diametro di arteriole e venule retiniche è stato misurato, ed infine è stato calcolato il rapporto tra diametro arteriolare e venulare (AVR). Durante un follow up medio di 3,5 anni 84 uomini e 187 donne ammalarono di malattia coronarica.Nelle donne, dopo aver controllato la pressione arteriosa media dei 6 anni precedenti, il consumo di sigarette, il diabete, i lipidi plasmatici, e gli altri fattori di rischio, ogni deviazione standard in diminuzione del AVR fu associata con un aumentato rischio di malattia coronarica incidente con un rischio relativo (RR) pari a 1,37 e di infarto del miocardio con un RR di 1,50. Al contrario negli uomini l'AVR non si correlò né con un aumento di malattia coronaria incidente (RR .1,0) né con un aumentata incidenza di infarto del miocardio (RR 1.08). In conclusione il restringimento delle arteriole retiniche è correlato con la malattia coronarica incidente nelle donne ma non negli uomini ovviamente ulteriori osservazioni sono necessarie per confermare i dati emersi dallo studio.
Fonte: JAMA. 2002;287:1153-1159
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