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Terapia medica o bypass coronarico nella disfunzione ventricolare sinistra ischemica?


Categoria : cardiovascolare
Data : 10 aprile 2011
Autore : admin

Intestazione :

Secondo lo studio STICH nei pazienti con disfunzione ventricolare sinistra di tipo ischemico il bypass non riduce, a 5 anni, la mortalità totale rispetto alla terapia medica.



Testo :

In questo studio, denominato STICH (Surgical Treatment for Ischemic Heart Failure), sono stati reclutati 1.212 pazienti affetti da cardiopatia ischemica e con funzione ventricolare sinistra inferiore al 35%.
I pazienti sono stati randomizzati a terapia medica associata a bypass coronarico oppure a sola terapia medica.
L'end point primario dello studio era la mortalità totale. Il follow up medio è stao di 56 mesi.
Al termine dello studio era deceduto il 41% dei pazienti in terapia medica e il 36% dei pazienti del gruppo bypass (P = 0,12). Dopo aggiustamento per le caratteristiche di base dei pazienti la differenza diventava significativa (p = 0,039).
I decessi da cause cardiovascolari risultarono, rispettivamente, il 33% e il 28% (p = 0,05).
Tra gli endpoint secondari vi erano anche i decessi totali associati alle ospedalizzazioni per cause cardiovascolari: 68% nel gruppo terapia meddica e 58% nel gruppo bypass (p < 0,0001).
Il rischio di morte nel breve termine risultò superiore nel gruppo bypass, ma questo svantaggio scompariva dopo i due anni di follow up.
Gli autori sottolineano che vi furono numerosi crossover tra i due gruppi dello studio e questo potrebbe aver ridotto i benefici del bypass nell'analisi effettuata secondo il metodo noto come "intenzione a trattare". Infatti il 17% dei pazienti del gruppo terapia medica venne sottoposto al bypass a causa di un peggioramento della sintomatologia o per decsione dei medici curanti, mentre il 9% del gruppo bypass non venne operato.
Se si effettua l'analisi secondo il trattamento effettivamente attuato si nota che il bypass riduce la mortalità del 30% (HR 0,70; p < 0,001). Anche l'analisi per protocol (cioè considerando solo i pazienti che hanno rispettato il protocollo del gruppo a cui erano stati assegnati) si ottiene una riduzione della mortalità statisticamente significativa (HR 0,76; p = 0,005).
I partecipanti continueranno ad essere seguiti per 10 anni.


Fonte:

Velazquez E, Lee K, Deja M. Coronary-artery bypass surgery in patients with left-ventricular dysfunction. N Engl J Med 2011; DOI:10.1056/NEJMoa1.100356.



Commento di Renato Rossi

Lo studio STICH è stato pubblicato anticipatamente online dal New England Journal of Medicine, contemporaneamente alla sua presentazione (aprile 2011) a New Orleans al Meeting dell'American College of Cardiology.

Durante la presentazione il dr. Velasquez ha affermato che, a suo parere, i risultati dello studio dovrebbero far preferire, nei pazienti con disfunzione ventricolare sinistra di tipo ischemico, il bypass sia perchè vengono ridotti alcuni endpoint secondari sia perchè l'analisi secondo il trattamento eseguito mostra che l'opzione chirurgica riduce la mortalità.

Non siamo d'accordo con questa impostazione. Come abbiamo ripetuto fino alla noia uno studio deve essere valutato sull'endopint primario, e nel caso in questione, non vi era una differenza statisticamente significativa tra gruppo medico e gruppo chirurgico.
Aver eseguito delle correzioni per le caratteristiche di base dei pazienti e aver dimostrato che, dopo questa operazione, la differenza diventava significativa in favore del bypass ci porta ad avanzare dubbi sulla bontà della randomizzazione che, com'è noto, è un escamotage per far in modo che i pazienti dei vari gruppi di un trial siano tra loro paragonabili perchè vengono egualmente distribuiti tra i bracci fattori di rischio noti e non noti.

Un altro punto su cui non ci troviamo d'accordo è ritenere che sia corretto esaminare i risultati saltando l'intention to treat e basandosi sul trattamento effettivamente effettuato dai pazienti oppure sull'analisi per protocol. Procedendo in questo modo si va ad alterare il delicato processo della randomizzazione per cui i due bracci non diventano più paragonabili. Pertanto i risultati ottenuti con l'analisi secondo il trattamento effettuato o per protocol, e non secondo il gruppo a cui erano originariamente destinati i pazienti, deve essere valutata con molta cautela.

Infine rimangono da commentare i risultati positivi ottenuti dal bypass su alcuni endpoint secondari. Anche in questo caso è necessaria estrema cautela perchè potrebbe trattarsi di significatività statistiche del tutto nominali e non reali, in quanto la maggior parte, se non tutto, il potere statistico di un trial viene "consumato" per l'analisi dell'endpoint primario.

Pertanto ci troviamo d'accordo con le conclusioni di un editorialista [1] che, nel suo commento, sottolinea che lo STICH dimostra che, in generale, il bypass non è superiore alla terapia medica.
Il messaggio per il medico pratico, sempre in accordo con l'editoriale di accompagnamento, ci sembra questo: nello scompenso di tipo ischemico la terapia medica ottimale dovrebbe essere di prima scelta. Al bypass dovrebbero essere avviati quei pazienti che peggiorano o non rispondono al trattamento farmacologico ottimale.


Referenze

1. Fang J. Underestimating medical therapy for coronary disease . . . again. Engl J Med 2011; DOI:101056/NEJMe1.103414




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