Il medico ospedaliero non può essere obbligato a prescrivere il principio attivo
Categoria : professione
Data : 08 luglio 2012
Autore : admin
Intestazione :
E' illegittima la previsione regolamentare regionale che, in violazione della norma primaria, obbliga i medici ospedalieri e specialisti ambulatoriali alla prescrizione del solo "principio attivo", senza poter utilizzare il nome commerciale del farmaco rimborsabile dal servizio sanitario.
Testo :
N. 5790/2011 Reg. Prov. Coll. N. 2644 Reg. Ric. ANNO 2010 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 2644 del 2010, proposto da: S. a.p.a. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Antonio Lirosi, con domicilio eletto presso & Partners Studio Gianni Origoni, Grippo in Roma, via delle Quattro Fontane, 20; contro Regione Puglia in persona del Presidente della Giunta Regionale, rappresentata e difesa dagli avv. Adriana Shiroka, Maria Grimaldi, con domicilio eletto presso Uffici Delegazione Romana Regione Puglia in Roma, via Barberini N. 36; per la riforma della sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI SEZIONE I n. 00028/2010, resa tra le parti, concernente della sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI, SEZIONE I n. 00028/2010; Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Puglia; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 giugno 2011 il Cons. Roberto Capuzzi e uditi per le parti gli avvocati Lirosi e Grimaldi; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO E DIRITTO 1.La questione all'esame del Collegio attiene alla legittimità del Regolamento della Regione Puglia n. 22 del 2 ottobre 2009 (e del pregresso Regolamento n. 15 del 2007) nella parte in cui, alla lett. a) dell'art. 4, prevede che nell'ambito della distribuzione diretta dei farmaci di cui all'art. 12, primo comma, lett. e) della legge regionale n. 39 del 2006, la prescrizione dei farmaci concedibili con oneri a carico del servizio sanitario regionale e presenti nel Prontuario Terapeutico Operativo debba "esclusivamente riportare il principio attivo" con conseguente divieto per i medici ospedalieri e specialisti ambulatoriali di utilizzare il nome commerciale del farmaco. 2. Il Tar Puglia, sede di Bari, nel dichiarare in parte improcedibile e in parte infondato il ricorso, ha richiamato un precedente giurisprudenziale ritenuto specifico in materia rappresentato dalla sentenza del medesimo Tar n. 2612 del 2009 concernente il Regolamento regionale n. 17 del 17 novembre 2003 di analogo contenuto, concludendo, quanto alle questioni sollevate nel ricorso, che la disposizione impugnata non ledeva alcuna prerogativa del medico ospedaliero. La società appellante assume la sostanziale erroneità della sentenza sul piano della carenza motivazionale e la inconferenza del richiamo giurisprudenziale operato dal primo giudice, atteso che, diversamente da quanto ritenuto, la questione all'esame attiene alla legittimità della norma regolamentare, che, nell'ambito della distribuzione diretta del farmaco da parte del servizio sanitario, impone al medico ospedaliero e non al medico di medicina generale, come nella fattispecie relativa al sopradetto Regolamento n. 17 del 2003, di indicare il solo principio attivo, privando lo stesso medico ospedaliero del potere di "identificare il farmaco da erogare in concreto mediante la indicazione del suo nome commerciale"; e ciò sia che si tratti di farmaco affermato sia che si tratti della denominazione comune del medicinale seguita dal nome della impresa che lo commercializza. Con l'effetto, secondo la appellante società, che nell'ottica dei Regolamenti n. 15 del 2007 e 22 del 2009, la scelta del farmaco in concreto da erogare, illegittimamente finisce per essere rimessa al farmacista ospedaliero, in quanto, nella ipotesi che la struttura disponga di due farmaci a base dello stesso principio, sarebbe questo ultimo a scegliere il farmaco da erogare in concreto. Tale previsione dei Regolamenti impugnati, limitando la libertà del medico di prescrivere la specialità medicinale che ritiene più adatta da un punto di vista terapeutico per un determinato paziente, sarebbe quindi in contrasto: - con le statuizioni della Corte di Giustizia della Comunità Economica Europea (casi riuniti 266 e 267 del 1987) che, con sentenza del 18 maggio 1989, ha escluso la possibilità di lasciare al farmacista la scelta del farmaco da somministrare al paziente, mantenendo invece in capo al medico la esclusiva responsabilità terapeutica; - con la normativa statale in materia che, anche quando diretta a conseguire risparmi di spesa, assume come limite il rispetto e la garanzia della libertà di prescrizione del medico secondo scienza e coscienza quale libertà che si estrinseca anche attraverso la individuazione del farmaco sulla base del nome commerciale dello stesso; - con principi di logicità e ragionevolezza in quanto il costo del farmaco soggetto a distribuzione diretta, di marca o generico puro, sarebbe già stato sopportato dalla struttura pubblica e pertanto alcuna utilità potrebbe assumere la prescrizione del solo principio attivo, visto che dalla diversa ipotesi non deriverebbe alcun aggravio di spesa o costo incrementale per le casse del servizio sanitario nazionale. Al riguardo la società ha dedotto che, laddove sia prescritto un farmaco più costoso tra quelli equivalenti in commercio, sulla base della legge n. 405 del 2001 la differenza di costo è sostenuta dal paziente, che, a sua volta, può optare, su consiglio del farmacista, sul farmaco meno costoso solo laddove il medico non abbia apposto la clausola di insostituibilità; - con principi della scienza medica e farmacologica per i quali due farmaci aventi a base il medesimo principio attivo ma aventi una diversa composizione in termini di eccipienti possono comportarsi in maniera diversa nell'organismo umano. Ha dedotto ancora la impresa appellante che: -posto che l'attività di prescrizione dei farmaci appartiene alla competenza bipartita Stato-Regioni essendo riconducibile alla tutela della salute, l'individuazione dei limiti e dei criteri che devono guidare il medico nella scelta del farmaco che meglio risponde alle esigenze terapeutiche del singolo caso appartiene ai principi fondamentali da stabilirsi con legge statale; - che il pregiudizio che subisce la impresa appellante è riposto nella impossibilità di continuare a svolgere attività di informazione scientifica e di aggiornamento sui farmaci che commercializza. 2. Si è costituita la Regione Puglia sostenendo che l'intento delle norme regolamentari impugnate è quello di indurre il paziente alla scelta del medicinale generico attesa la identità del principio attivo tra farmaco generico e non generico. Sulla base della norma regolamentare il paziente potrà ritirare presso la farmacia ospedaliera la specialità medicinale contenente il principio attivo prescritto e, laddove non ritenga di usufruire delle modalità di cui al regolamento, lo stesso potrà recarsi dal medico di medicina generale che prenderà atto della prescrizione e provvederà alla individuazione del farmaco riferito al principio attivo indicato. Sulla base di tale sinergia tra le funzioni dei medici ospedalieri e dei medici di base si realizza, secondo la Regione Puglia, una migliore organizzazione e razionalizzazione della spesa farmaceutica e degli accertamenti diagnostici. La difesa della Regione ha richiamato le norme a livello nazionale che impongono alle regioni di adottare misure per contenere la spesa farmaceutica, comprese quelle inerenti la prescrittibilità e rimborsabilità dei farmaci Pur assicurando la legislazione statale la totale rimborsabilità dei farmaci collocati in classe A nel prontuario farmaceutico, la comprovata equipollenza terapeutica dei farmaci consente che possa essere esclusa in modo totale e parziale la rimborsabilità dei medicinali più onerosi per le finanze pubbliche alle condizioni indicate dallo stesso legislatore statale. In tale senso le Regioni sono chiamate a svolgere un ruolo attivo facendo uso di rilevanti competenze in materia di tutela della salute. 2. L'appello è fondato. 2.1.La legge regionale Puglia n. 39 del 28 dicembre 2006 art. 12 prevede che, all'atto delle dimissioni del paziente dal ricovero o della visita specialistica, le strutture delle Aziende sanitarie pubbliche devono dispensare i farmaci necessari per il primo ciclo di terapia sulla base di un regolamento concernente: "...le modalità operative della distribuzione diretta". Il regolamento n. 15 del 18 giugno 2007 prevede che la prescrizione dei farmaci concedibili deve riportare il solo principio attivo; analoga prescrizione è contenuta nel regolamento n. 22 del 2 ottobre 2009. 3. Va premesso che nel nuovo quadro costituzionale derivante dalle modifiche del titolo V della Carta Costituzionale ad opera della legge costituzionale n. 3 del 2001 la materia di cui trattasi, relativa alle modalità di distribuzione dei farmaci e attività medico prescrittiva, appartiene alla competenza legislativa concorrente Stato Regioni, in quanto riconducibile alla tutela della salute ex art. 117, comma 3, della Costituzione. In tale ambito le Regioni possono intervenire con proprie leggi nel rispetto dei principi fondamentali riservati alla legislazione statale e, ove esistenti, dei vincoli derivanti dalla normativa comunitaria. La individuazione del criterio di riparto della competenza legislativa Stato Regione è affidata alla distinzione tra norma di principio e norma di dettaglio. Le norme di principio, sulla base dell'insegnamento della Corte Costituzionale, sono dirette, oltre che alla individuazione dei principi fondamentali, anche a garantire uniformità nei diritti a livello nazionale (cfr. sentenza della Corte Cost. n. 59 del 2006). Posto che l' attività di prescrizione dei farmaci appartiene alla competenza bipartita Stato Regioni, la individuazione dei limiti e dei criteri che devono guidare il medico nella scelta del farmaco che meglio risponda alle esigenze terapeutiche del singolo caso, non può che appartenere ai principi fondamentali da stabilire con legge statale trattandosi di uno dei casi in cui occorre assicurare uniformità di trattamento nei diritti a livello nazionale, incidendo i criteri di prescrizione sul principio di libera scelta del farmaco da parte del medico quale aspetto del diritto alla salute riconosciuto dall'art. 32 della Costituzione. 4. Si tenga poi conto che in base all'articolo 5, comma 5 quater della legge n. 222 del 2007, sopravvenuta rispetto alla instaurazione del giudizio di primo grado, è previsto che: "nella prescrizione dei farmaci equivalenti il medico indica in ricetta o il nome della specialità medicinale o il nome del generico". La disposizione stigmatizza un principio già esistente nell'ordinamento evidenziando la discrezionalità del medico nella scelta del farmaco più indicato per il proprio paziente e consentendo la prescrizione di un principio attivo qualora il medico in scienza e coscienza lo ritenga del tutto sostituibile tra farmaci equivalenti. Con la conseguenza che il medico non può essere obbligato a indicare nella prescrizione esclusivamente il nome del principio attivo e quindi non può essere rimessa al farmacista la scelta concreta del farmaco da somministrare, non avendo questo ultimo né la competenza tecnica, né la conoscenza del quadro clinico dell'assistito. In tale senso la fondamentale censura sollevata nell'appello merita accoglimento. La Sezione ritiene illegittima la scelta regolamentare della Regione Puglia di obbligare il medico ospedaliero a prescrivere unicamente il principio attivo e di rimettere la individuazione concreta del farmaco, nei fatti, al farmacista ospedaliero. In disparte, si rileva altresì che in nessun caso il medico potrebbe essere obbligato a prescrivere il nome del principio attivo nella ipotesi in cui sia disponibile sul mercato il solo farmaco ancora brevettato e caratterizzato da un nome commerciale. Se, infatti, sussiste ancora il brevetto a tutela del farmaco di marca e in assenza di farmaci generici, la prescrizione del principio attivo non può avvenire o comunque non potrebbe che risolversi nella indicazione del farmaco brevettato. 5. Le disposizioni regolamentari impugnate contrastano anche con quanto previsto dall'art. 7 comma 2 della legge n. 405 del 2001 che pure nell'intento di conseguire un risparmio della spesa farmaceutica, assume come limite il rispetto e la garanzia della libertà di prescrizione del medico quale libertà che si estrinseca proprio nella individuazione del farmaco sulla base del nome commerciale dello stesso. Infatti, ove sia prescritto un farmaco più costoso tra quelli equivalenti in commercio, la differenza di costo è sostenuta dal paziente, che, a sua volta, può optare, su consiglio del farmacista, per il farmaco al prezzo più basso; ma ciò solo laddove il medico non abbia apposto la clausola di insostituibilità. In definitiva, anche dalla disposizione suddetta si evince implicitamente il principio che è la valutazione finale del medico curante, da effettuarsi in relazione alla precisa patologia del paziente e alle caratteristiche della malattia, a determinare il ricorso a un farmaco specifico e la non sostituibilità con altro farmaco. In tale senso si è più volte indirizzata la giurisprudenza e in particolare quella della Corte di Cassazione, sia in sede penale che civile (Cass. Penale n. 13315 del 31 marzo 2011 e Cass. Civ. n. 15734 del 2 luglio 2010. Anche la Corte di Giustizia della Comunità Europea con la già citata sentenza del 18 maggio 1989 (casi riuniti 266 e 267 del 1987) e con sentenza del 5 maggio 2011 sul procedimento C316/09 ha rilevato che "..la decisione finale sul medicinale assunto dal paziente continui (debba continuare) ad essere di competenza del medico curante". 6. Fermo quindi che la Regione ha ecceduto la propria competenza legislativa in materia si rileva ancora che l'art. 12 comma 1 lett. e) della legge regionale Puglia n. 39 del 2006, nell'introdurre la distribuzione diretta dei farmaci per il primo ciclo di terapia successiva alla dimissione ospedaliera o alla visita specialistica, aveva demandato a un apposito regolamento il compito di disciplinare "le modalità operative della distribuzione diretta dei farmaci" circoscrivendo quindi l'ambito di intervento della fonte normativa secondaria. Il Regolamento si doveva quindi limitare a individuare le procedure interne per rendere concreta la distribuzione diretta dei farmaci. Risulta evidente la illegittimità della previsione regolamentare, che, in violazione della norma primaria, nell'obbligare i medici ospedalieri e specialisti ambulatoriali all'utilizzo di un determinato criterio di prescrizione per i farmaci rimborsabili dal servizio sanitario, ha ecceduto sia dalla norma statale sia da quella regionale di riferimento. 7. La Regione Puglia ha incentrato le proprie difese sui limiti della rimborsabilità dei farmaci essenziali a carico del servizio sanitario nazionale, insistendo nella tesi che all'obbligo dei medici ospedalieri di prescrivere il solo principio attivo conseguirebbe un risparmio per le casse pubbliche regionali. La Sezione non ritiene, o almeno non è dimostrato, che da tale previsione possa derivare un risparmio di spesa per il servizio pubblico nazionale. Infatti,l'art. 7 della legge n. 405 del 2001, con riguardo ai farmaci equivalenti, stabilisce una quota fissa di rimborso da parte del servizio sanitario nazionale, che inizialmente era corrispondente al prezzo più basso del farmaco generico in commercio e che ora viene fissata dall'Aifa sulla base della media dei prezzi europei (cfr. a riguardo Cons. Stato, IV, 25 agosto 2006 n. 4995). In sostanza, alla Regione Puglia non deriva alcun risparmio di spesa poiché il farmaco dispensato per il servizio sanitario avrà sempre lo stesso costo, peraltro già sopportato dalla struttura pubblica all'atto dell'acquisto. Né per superare le censure sollevate appare convincente la tesi che il paziente che non voglia rimettersi al farmacista avrebbe pur sempre la possibilità di rivolgersi la medico di base per farsi prescrivere il farmaco più rispondente alle proprie esigenze terapeutiche. Il Regolamento non prevede tale possibilità, che peraltro comporterebbe un aggravio di spesa per le casse regionali, atteso che il servizio sanitario - pur avendo acquistato i farmaci a seguito di gara e dunque al prezzo più vantaggioso- si troverebbe, per scelta del paziente e del medico di base, a doverlo rimborsare alle farmacie al prezzo stabilito per quella classe di equivalenza. 8.In conclusione l'appello va accolto e per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, il ricorso in primo grado deve essere accolto. 9. Quanto alle spese esse seguono, come di regola, la soccombenza e pertanto vengono poste a carico della Regione Puglia nella misura indicata nel dispositivo. P. Q. M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado. Condanna l'appellato al pagamento delle spese del giudizio che si liquidano in complessivi euro 3.000,00 (euro tremila). Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 giugno 2011 con l'intervento dei magistrati: - Gianpiero Paolo Cirillo - Presidente - Lanfranco Balucani - Consigliere - Marco Lipari - Consigliere - Angelica Dell'Utri - Consigliere - Roberto Capuzzi - Consigliere, Estensore IL PRESIDENTE Gianpiero Paolo Cirillo L'ESTENSORE Roberto Capuzzi Depositata in Segreteria il 27 ottobre 2011 (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Commento di Luca Puccetti
La sentenza è perfino scontata. In quale altro modo avrebbero potuto esprimersi i supremi giudici in una materia già chiaramente affrontata e chiarita ripetutamente dalla di Corte di Cassazione, sia in sede penale che civile (Cass. Pen. 31-3-2011 n. 13315; Cass. Civ. 2-7-2010 n. 15734). Anche la C.G.E. 18-5-1989 (casi riuniti 266 e 267 del 1987) e con sentenza del 5-5-2011 sul procedimento C316/09 ha rilevato che
"..la decisione finale sul medicinale assunto dal paziente continui (debba continuare) ad essere di competenza del medico curante".
Spiace rilevare che la conflittualità tra competenze statali e regionali, avviatasi dopo la modifica del capo V della Costituzione, continua a produrre provvedimenti soggetti alla censura dei massimi giudici. Non raramente si assiste all'emanazione di norme più ispirate ad ideologie che basate sulle conoscenze tecnico professionali, norme talora carenti anche sotto il profilo del buon senso. Se un farmaco è ancora sottoposto a brevetto la prescrizione della sostanza attiva si tradurrebbe automaticamente nella prescrizione del prodotto branded o, al massimo, di marchi in co-marketing o co-promotion. Se il farmaco prescritto fosse genericabile è del tutto ovvio che essendo i farmaci equivalenti, ma non eguali, agli originators e dovendosi altresì fronteggiare il fenomeno del bio-creep, ossia la sostituzione indiscriminata tra farmaci generici, in mancanza di un "orange book" la scelta finale non può che essere lasciata in capo al medico che deve altresì risponderne. Ricordiamo infatti che, a parte il problema degli eccipienti, che in qualche caso sono clinicamente rilevanti, esiste il problema dei farmaci a finestra terapeutica stretta, come ad esempio gli antiepilettici, in cui può essere dannoso l'uso di farmaci anche con scarti di bioequivalenza che pur rientrino nel delta di biuoequivalenza( -20% + 25%) accettato convenzionalmente rispetto agli originator. Per questi farmaci la Società Italiana di farmacologia appoggia la proposta danese di dimezzare il delta convenzionale di oscillazione dell'intervallo per la bioequivalenza.
Fonte
http://www.mondolegale.it/sanita-e-servizi-sociali/68-servizio-sanitario-nazionale/645-prescrizione-dei-farmaci-lultima-parola-e-del-medico-curante-.html
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