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Per quanto tempo la terapia con bifosfonati? Una nuova revisione della FDA

Categoria : reumatologia
Data : 07 ottobre 2012
Autore : admin

Intestazione :

E' incerto che proseguire la terapia con bisfonati oltre 5 anni apporti benefici in termini di riduzione di fratture.



Testo :

In risposta ai nuovi report postmarketing di rari ma gravi eventi avversi associati ai bifosfonati, quali fratture atipiche di femore, osteonecrosi mandibolari, cancro esofageo, la Food and Drug Administration (FDA) ha effettuato una revisione sistematica sull’efficacia a lungo termine dei bifosfonati. La FDA ha revisionato i dati focalizzandosi sugli studi nei quali i bifosfonati sono stati somministrati per almeno 3 anni e che hanno raccolto i dati circa le fratture in maniera sistematica e completa. In definitiva la revisione è stata focalizzata su tre trial con estensione a lungo termine — il Fosamax Fracture Intervention Trial Long-Term Extension (FLEX), il Reclast Health Outcomes and Reduced Incidence with Zoledronic Acid Once Yearly–Pivotal Fracture Trial (HORIZON-PFT) extension, e l’Actonel Vertebral Efficacy with Risedronate Therapy–Multinational Trial (VERT-MN) extension — nei quali la durata di trattamento variava dai 6 ai 10 anni. Tutti e tre gli studi sono estensioni dei trials di registrazione iniziale di frattura, che avevano arruolato donne in postmenopausa con fratture iniziali, bassa densità minerale ossea (T score uguali o inferiori a – 1,5), o entrambi. Il FLEX e l’HORIZON-PFT hanno utilizzato un disegno randomizzato di sospensione nel quale i pazienti che avevano precedentemente ricevuto trattamento con bifosfonati venivano arruolati nei periodi di estensione e sottoposti a randomizzazioni ripetute (assumere placebo o continuare il trattamento con bifosfonati). A differenza degli studi di registrazione, gli studi di estensione hanno utilizzato la densità minerale ossea come misura primaria di esito. L’analisi della FDA degli studi di estensione ha incluso sia la densità minerale ossea, sia l’esito frattura (limitatamente alle fratture osteoporotiche vertebrali e non).

Complessivamente, i risultati di tutti e tre i bifosfonati sono stati simili in termini di aumento, correlato a trattamento medio, della densità minerale ossea nei 5 anni. La continuazione del trattamento oltre i 5 anni ha mantenuto la densità minerale ossea nel collo del femore ed ha ulteriormente aumentato quella delle vertebre lombari. Nei pazienti passati a placebo, la densità minerale ossea nel collo del femore si è ridotta in maniera modesta durante i primi due anni e poi si è stabilizzata, mentre quella delle vertebre lombari ha continuato ad aumentare nonostante la sospensione della terapia con bifosfonati.


Secondo l’opinione della FDA, l’end-point più significativo per la terapia dell’osteoporosi è il tasso di frattura. Ciascun trial di registrazione ha arruolato tra i 3000 e i 7500 pazienti ed è stato tarato per la dimostrazione dell’efficacia antifratturativa, mentre gli studi di estensione a lungo termine, con l’arruolamento variabile tra i 164 e i 1233 pazienti, non sono stati tarati per la dimostrazione dell’efficacia antifratturativa. Poiché la questione verte sull’efficacia a lungo termine, il trial FLEX, con 10 anni di esposizione a bifosfonati, è diventato centrale per la revisione della FDA.
Nell’analisi della FDA delle fratture vertebrali — sia fratture morfometriche (dette anche asintomatiche o radiografiche) sia fratture clinicamente sintomatiche — che si sono verificate nei due trial randomizzati di estensione, il beneficio in termini di protezione dalle fratture con la terapia continuativa con bifosfonati era inconsistente. Secondo l’analisi della FDA del trial FLEX, i tassi di fratture osteoporotiche vertebrali e non vertebrali, erano simili se i partecipanti avevano continuato ad assumere alendronato (Fosamax) per più di 10 anni (un tasso del 17.7%) o se erano passati a placebo nel periodo di estensione (16,9%). Quando sono stati raggruppati tutti i dati di fratture osteoporotiche vertebrali e non-vertebrali con la terapia a lungo termine, dei tre trial di estensione (2496 pazienti), i tassi di fratture si sono mostrati relativamente costanti nel tempo. I dati raggruppati riguardanti pazienti che avevano ricevuto trattamento continuo con bifosfonati per 6 o più anni davano un tasso di frattura variabile dal 9,3 al 10,6% , laddove il tasso per i pazienti che erano passati a placebo variava dall’8,0 all’8,8%. Questi dati aprono la questione se la terapia continuativa con bifosfonati comporti beneficio aggiuntivo nella prevenzione delle fratture, rispetto alla cessazione della terapia dopo 5 anni.
Gli autori della revisione sottolineano che i dati di tutte le fratture sono post hoc e limitati da potere statistico, bias di selezione, taglia dei campioni, e problemi di tempo che variano tra gli studi. Pertanto, i dati disponibili sull’efficacia a lungo termine non identificano in maniera chiara sottogruppi di pazienti che hanno maggiori probabilità di trarre beneficio dalla terapia farmacologica oltre i 3 e i 5 anni. I dati disponibili suggeriscono che i bifosfonati possono essere tranquillamente sospesi in alcuni pazienti senza compromettere i guadagni terapeutici, ma nessun trial clinico adeguato ha ancora delineato per quanto tempo vengono mantenuti i benefici del farmaco dopo la sospensione.

Gli autori concludono che per ottimizzare l’efficacia dei bifosfonati nel ridurre il rischio di frattura, le decisioni sulla continuazione del trattamento dovrebbero essere basate sulla valutazione individuale dei rischi e dei benefici e sulle preferenze del paziente. A questo proposito, i pazienti a basso rischio di frattura (ad es., pazienti più giovani senza una storia di frattura e con una densità minerale ossea approssimativamente normale) possono ritenersi candidati per la sospensione della terapia con bifosfonati dopo 3 o 5 anni, mentre pazienti ad aumentato rischio di frattura (ad es., pazienti più anziani con una storia di frattura ed una densità minerale ossea che restano nel range osteoporotico) possono beneficiare ulteriormente dalla terapia continuativa con bifosfonati. Chiaramente, dato il potenziale rischio di accumulo, si dovrebbe prestare cautela nel passaggio dai bifosfonati ad altri farmaci potenti antiriassorbitivi. Ulteriori studi sui benefici e sui rischi della terapia a lungo termine, così come la sorveglianza del rischio di frattura dopo sospensione della terapia con bifosfonati, saranno cruciali per determinare il miglior regime di trattamento per singoli pazienti con osteoporosi.


Fonte:

Bisphosphonates for Osteoporosis — Where Do We Go from Here? Marcea Whitaker and coll. May 9, 2012 (10.1056/NEJMp1202619)

http://goo.gl/njBko

A cura di Patrizia Iaccarino



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