Dabigatran: è necessario dosarne i livelli plasmatici?
Categoria : cardiovascolare
Data : 25 luglio 2014
Autore : admin
Intestazione :
Un articolo, pubblicato SUL BMJ, evidenzia possibili diminuzioni degli eventi emorragici in corso di terapia con dabigatran se ne si monitorassero i livelli plasmatici o l'effetto anticoagulante mediante test Hemoclot.
Testo :
L'anticoagulante orale dabigatran è stato approvato sia in USA che in Europa, con differenti dosaggi e raccomandazioni d'uso, senza particolari indicazioni circa la necessità di monitorarne l'effetto antitrombotico e/o i livelli plasmatici, in quanto dabigatran presenterebbe un rischio emorragico non diverso dal quello del warfarin. L'esperienza sul campo ha destato preoccupazioni circa il rischio emorragico nei pazienti trattati con dabigatran. Un rapporto nel 2011 segnalava 542 morti e 2367 eventi emorragici con dabigatran, 72 decessi con warfarin (1).
I dati derivanti dall'analisi dei campioni ematici prelevati dai pazienti trattati con dabigatran, secondo uno studio interno alla ditta, mostravano che il monitoraggio dell'attività potrebbe consentire di ridurre il rischio emorragico di circa il 40% e di ottimizzare il rapporto rischio beneficio.
Il dabigatran, in base ad alcuni dati, sembra avere una variabilità molto elevata nei livelli plasmatici tra una dose e l'altra, con variazioni anche di 5 volte secondo alcuni mentre, secondo altri, di 2-3 volte. In base ai risultati di alcuni studi, i livelli plasmatici di dabigatran non dovrebbero eccedere i 200 ng/mL, pena un aumento sensibile del rischio emorragico. Questo limite può essere particolarmente critico, specialmente nei pazienti molto anziani. EMA raccomanda infatti una selezione dei pazienti ed un monitoraggio della funzione renale. I dati di vendita mostrano infatti che il 45% dei pazienti trattati con dabigatran hanno più di 75 anni e il 30% più di 79 anni.
La polemica riguarda la tardiva e parziale pubblicazione di questi dati e la loro presunta mancata, tempestiva comunicazione alle Autorità regolatorie.
Portavoci della ditta produttrice hanno tuttavia affermato che gli stessi autori dello studio interno hanno voluto rivalutare i loro risultati e che il modello non è sufficientemente affidabile per formulare raccomandazioni circa l'utilità di monitorare i livelli plasmatici del farmaco e l'attività anticoagulante in relazione alla possibilità di poter prevedere, con affidabilità, gli eventi. Per questi motivi questi risultati non sarebbero stati condivisi con le Autorità regolatorie.
Il test proposto per monitorare gli effetti di dabigatran è l'Hemoclot (tempo di trombina diluita HYPHEN BioMed, Francia). Il campione viene diluito in soluzione di NaCl (0,15 moli/l) ed addizionato di trombina umana altamente purificata, in concentrazioni costanti, fino all’inizio della coagulazione. La diluizione del campione previene di ottenere una sensibilità esagerata della risposta del test, come avviene col saggio del tempo di trombina standard (TT). Tale test è stato dichiarato nel 2012, durante un meeting di EMA, come "test in corso di sviluppo" e non diffusamente disponibile nei laboratori UE mentre nello stesso anno il test è stato dichiarato, da parte ricercatori dipendenti della ditta, idoneo a fornire risultati precisi e coerenti (2). In particolare il test di precisione totale per il dabigatran ha presentato un coefficiente di variazione pari a 4,7-12,0%, e quindi inferiore al 15%, limite di accettabilità per la validazione di metodiche bioanalitiche per studi di farmacocinetica. I test di precisione intra-saggio e inter-saggio hanno prodotto coefficienti di variazione, rispettivamente pari a 1,2-3,1% e 4,0-10%. L’accuratezza è stata misurata a tre diverse concentrazioni di dabigatran con deviazioni dalla concentrazione della soluzione campione da -20,7% (100 nmol/l; 47,15 ng/ml) a 5,6% (1500 nmol/l; 707,3 ng/ml). La robustezza del metodo è stata determinata attraverso l’analisi di campioni identici di dabigatran in due laboratori indipendenti dove è stato individuato un bias medio pari a 6,6% nei tempi di coagulazione.
Fonte
D. Cohen: Dabigatran: how the drug company withheld important analyses. BMJ 2014; 349
http://www.bmj.com/content/349/bmj.g4670
Riferimenti bibliografici
1) Moore TJ, Cohen MR, Furberg CD. Anticoagulants the leading reported drug risk in 2012. QuarterWatch2012 Quarter 4. http://www.ismp.org/quarterwatch/pdfs/2011Q4.pdf
2) Stangier J, Feuring M. Using the HEMOCLOT direct thrombin inhibitor assay to determine plasma concentrations of dabigatran. Blood Coagul Fibrinolysis. 2012;23:138-43
Commento di Luca Puccetti
Dabigatran è rapidamente diventato un farmaco largamente venduto nel mondo a seguito della sua approvazione, da parte della FDA prima e di EMA poi, per la prevenzione tromboembolica nella fibrillazione atriale non valvolare (FANV). La ragione del successo di dabigatran e degli altri Nuovi Anticoagulanti ORALI (NAO) risiede largamente nella possibilità di trattare i pazienti senza monitorare l'attività anticoagulante, come deve invece avvenire per gli antagonisti della vitamina K (VKA). Questa testata è intervenuta varie volte in merito ai risultati degli studi comparativi tra i NAO e i VKA. Esaminati nel complesso, pur con sensibili differenze, i risultati sembrano indicare una sostanziale parità di efficacia antitromboembolica e una lieve superiorità dei NAO per quanto attiene alla sicurezza emorragica. Pertanto , sempre ragionando in termini complessivi, il vantaggio dei NAO, principalmente percepito dai pazienti e anche da molti medici consiste nell'assenza della necessità di monitorarne il dosaggio. E' evidente che se tale vantaggio venisse messo in discussione gran parte delle ragioni di impiego dei NAO, attualmente parificati ai VKA dalle principali LG nelle indicazioni d'uso nella FANV, dovrebbero essere riconsiderati anche alla luce del costo elevato di questi farmaci. Inoltre alcuni dati di utilizzo nella routine clinica, diversamente dai risultati dei trials, destano preoccupazione per il numero di eventi emorragici segnalati in corso di terapia con dabigatran. Questi eventi potrebbero essere ascrivibili all'elevata percentuale di soggetti anziani trattati e alla variabilità dei livelli plasmatici del farmaco. La discussione verte sul fatto di poter ridurre in modo prevedibile gli eventi emorragici mediante un monitoraggio dei livelli plasmatici di dabigatran o dell'attività anticoagulante del farmaco mediante il test Hemoclot, da alcuni giudicato ancora sperimentale, da altri ritenuto preciso ed affidabile.
La vicenda, descritta ampiamente dal BMJ, appare certamente complessa, probabilmente anche scientificamente non ben definita, tuttavia crediamo di dover sottoscrivere quanto dichiarato da Steve Nissen, department chair of cardiovascular medicine at the Cleveland Clinic , membro del FDA’s advisory committee sul dabigatran nella FANV:
"Se ci sono informazioni cliniche utili in merito ai livelli di dabigatran e la sua sicurezza è un obbligo morale della ditta produttrice e dei ricercatori condividerle con la comunità medica. "
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