Claudio: non esiste la verità ma la realtà delle cose
Data : 18 maggio 2005
Autore : admin
Pagina: 1 - morire non è il peggio...
La prima volta vengono insieme: è il settembre 1988. Sono una bella coppia hanno entrambi 45 anni. Pochi mesi prima Claudio ha subito l’asportazione di un melanoma maligno alla regione pettorale-sternale, gli hanno spiegato che il tumore era già in fase avanzata (del resto lo sapeva anche lui, era tempo che cambiava pomate e creme per quello che gli avevano detto essere uno strano eczema). La situazione è pesante, l’esame istologico fa rabbrividire: un melanoma superficial spreading Breslow 5,8, Clark 3. In ospedale in occasione del controllo trimestrale gli hanno detto che il decorso è buono; bisogna solo stare attenti che non compaiano ingrossamenti dei linfonodi ascellari: la comparsa di “ghiandole” infatti è sinonimo di ripresa della malattia. Nessuna possibilità di guarigione, lo so, forse lo sappiamo già tutti e tre ma non ne parliamo. Né mi viene chiesto quali provvedimenti si prenderanno in caso di comparsa di metastasi linfonodali. Credo abbiano capito che quelle siano il segnale dell’ inizio della fine. Claudio sta bene e lavora, raramente lo vedo mentre è la moglie che viene spesso in studio: cefalea, vertigini, ipertensione. In un anno la vedo quindici volte, quasi che i controlli e gli esami suoi potessero esorcizzare il problema del marito. Ma Claudio sta bene, vuole stare bene ed esegue autonomamente i controlli in Chirurgia plastica. L’ultima visita di controllo “certa” è del giugno 1990. Nel novembre 1990 c’è già qualcosa che non va: è calato un poco di peso, è più stanco e sul cartellino in data 6/11/90 compare la scritta “Non recidive, controllo 9/04/91” ma più tardi, analizzando la scrittura, è evidente che si tratti di un falso. Gli esami che si riesce a fargli fare dopo non poche insistenze evidenziano la comparsa di anemia, di ipoproteinemia e una Ves molto elevata. Programmo un ulteriore controllo ma si ripresenta riferendo di aver effettuato una ecografia epatica e la visita dal chirurgo plastico risultate negative in data 18/01/91. In realtà non è stato in ospedale, né ha eseguito l’eco addome ed il controllo perché ha capito. Si è scoperto le famose ghiandole all’ascella e sa che non c’è più nulla da fare ma non vuole ammetterlo o confessarlo alla moglie, farlo sapere ai figli. Vuole che gli altri continuino a guardarlo come uomo e non come un condannato, vuole mantenere il suo ruolo ancora un po’, almeno fino a quando non sarà più possibile nascondere l’evidenza. Quando ci si sente morire, morire non è il peggio, il peggio è sentirsi esclusi dal mondo dei vivi. Già ai primi di febbraio però compare una tromboflebite all’arto inferiore dx la terapia con calciparina migliora solo parzialmente l’edema; dopo qualche giorno la tachicardia e una modesta dispnea mi fanno temere un’embolia polmonare. Con grande difficoltà ottengo che esegua almeno un Ecg di controllo. Dopo poco ha vomito caffeano: rifiuta il ricovero. Solo dopo altri due giorni, e al terzo episodio di vomito con comparsa di melena riesco, dopo una lunga contrattazione, a ottenere che si faccia ricoverare. Resta in ospedale una settimana (13-20 febbraio) e si fa dimettere rifiutando di eseguire la gastroscopia, la Tac torace e la scintigrafia polmonare e rifiuta anche l’intervento proposto dal chirurgo di fronte a una Tac addome che evidenzia la presenza di una voluminosa neoformazione espansiva solida dell’addome sin di circa 20x15 cm ed emoperitoneo. Vuole tornare a casa e stare a casa. Come non dargli ragione? Si è fatto coccolare e accudire fino all’ultimo dalla moglie. I dolori sono importanti e richiedono una escalation di antalgici e cortisone. La situazione è molto pesante ma il 26 marzo va meglio, il 29 e 30 sta bene, riesce a girarsi nel letto, la gamba è meno gonfia, non ha dolori. La moglie mi guarda stupita quando, andandomene dopo la consueta visita, le dico di averlo trovato proprio bene. “ Ma come può dire che va bene, se sta per morire ?” mi chiede sorpresa più che indispettita. “ Bene perché si sente meglio, non ha dolori importanti, può comunicare con i suoi cari e con lei che lo sta accompagnando.” Anche il 31 va “benino”. L’1 aprile è una brutta giornata, comincia con vomito caffeano e forti dolori. Lo vedo due volte, l’ultima alle 18. Aumentiamo i farmaci, muore alle 23.
Solo dopo molti anni la moglie ed io riprenderemo e parleremo di quel breve dialogo, raccontandoci che cosa aveva fatto capire ed insegnato ad entrambe, e come era stato di aiuto per dare un senso alle cose.
Adriana Loglio
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