Ipovitaminosi D. Mito o Placebo ?
Categoria : endocrinologia
Data : 06 ottobre 2016
Autore : admin
Intestazione :
Una disamina sulle problematiche della supplementazione con vitamina D.
Testo :
Il mercato globale della Vitamina D, secondo i dati resi noti da Euromonitor International, è uno dei più lucrativi e in rapida espansione nell’ambito del settore dei cosiddetti “nutraceutici”. Tra il 2007 e il 2012 ha fatto registrare il più alto tasso annuo di crescita composto (20%) dell’intero comparto e ad oggi si attesta a quota 934 milioni di dollari. Secondo le previsioni più recenti potrebbe raggiungere quota 1,3 miliardi di dollari entro il 2017, a fronte dei 315 milioni di vendite globali nel 2007. Una crescita impetuosa che sarebbe legata, secondo gli analisti, alle indicazioni contenute in diversi studi e alle raccomandazioni degli esperti, che associano l’assunzione di questa sostanza a numerosi benefici in termini di salute.Il tasso di crescita annuo composto di questa vitamina è pari al 20% in tutto il mondo e in Italia produce un mercato che ammonta a 187 milioni di euro su base annua. L’AIFA ha guardato con attenzione i dati e ciò che emerge è che ad essere in aumento è il consumo di vitamina D da sola (+17,6% rispetto al 2012), mentre è in riduzione il consumo di farmaci a base di calcio in combinazione con Vitamina D (-3,6% rispetto al 2012) e quello del calcio da solo è costante. A livello regionale il consumo di vitamina D ed analoghi presenta un’ampia variabilità, con i livelli più elevati in Puglia, Abruzzo e Molise, mentre quelli più contenuti si registrano in Valle d’Aosta, Piemonte ed Umbria.
E’ giustificato un simile uso di supplementi di Vit. D? In letteratura ci sono moltissimi articoli sugli effetti dell’ipovitaminosi D come causa di molte malattie, diabete, cancro, decadimento mentale, malattie cardiovascolari, cadute dell’anziano, infezioni, osteoporosi ecc., ma questi risultati derivano da studi osservazionali che non danno risultati attendibili. La stessa cosa è successa con l’Iperomocisteinemia dove molti studi osservazionali la linkavano come causa di eventi Cardiovascolari. Ci sono voluti 9 RCTs (HOST - prevenzione Primaria - NORVIT -Prevenzione secondaria- WENBIT –Prevenzione Secondaria- VISP –Prevenzione Secondaria- HOPE 2 –Prevenzione Secondaria- WAFACS –Prevenzione Secondaria- Goes –Prevenzione Secondaria- Goes 2 –Prevenzione Secondaria - FOLARDA –Prevenzione Secondaria) per dimostrare che l’Iperomocisteinemia è un marker e non la causa di malattie Cardiovascolari.
Pertanto si pone la domanda se l’ipovitaminosi D sia una causa di queste malattie o sia semplicemente un marker di “non benessere”. A questa domanda ha cercato di rispondere una revisione sistematica (3) che ha messo a confronto tutti gli studi osservazionali e gli RCTs. Come per l’Iperomocisteinemia, gli studi osservazionali mostrano un’associazione tra ipovitaminosi D e svariate malattie croniche, compreso il cancro, mentre gli RCTs negano questa associazione.
L’ipotesi degli Autori è che l’ipovitaminosi D sarebbe un marker biologico di deterioramento della salute. La carenza di vitamina D sarebbe, secondo gli studiosi, un effetto della malattia e non la causa.
Come si può notare esistono ampie differenze di veduta sui comportamenti da tenere e sulle dosi da somministrare. Insomma regna la confusione totale.
Consigli per il medico pratico.
No screening nella popolazione generale. Lo screening andrebbe fatto solo su individui anziani istituzionalizzati o che non escono di casa. Non c’è accordo sui valori normali di 25(OH)D ma ritengo che valori normali si possano ritenere tra 20 e 30 ng/mL tenendo conto che ci sono varie metodiche tra loro differenti che danno anche valori differenti. Infine un appunto su ipovitaminosi D e Malattie Reumatiche. C’è stato un proliferare di studi di tipo osservazionali (7) con pochi pazienti arruolati che hanno dimostrato un’associazione tra ipovitaminosi D e insorgenza, peggioramento e caduta nelle persone con Artrite Reumatoide. Infatti non c’è Reumatologo che non prescrive vitamina D ai pazienti reumatici e sempre con fialoidi monouso che hanno un costo molto più elevato rispetto alle più economiche fiale da 100.000 UI che si possono dare per os ogni tre mesi. Ma anche qui RCTs non confermano questi dati, però sono limitati da campioni di pochi pazienti. (8,9,10,11)
Clementino Stefanetti
Bibliografia
1.Vitamina D: secondo dati AIFA consumi in ascesa e prescrizioni poco appropriate.
http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/content/vitamina-d-secondo-dati-aifa-consumi-ascesa-e-prescrizioni-poco-appropriate
2.Vitamin D: Moving Toward Evidence-based Decision Making in Primary Care. 2014.
http://https://ods.od.nih.gov/attachments/VitaminDConfSummary.pdf
3. Autier P. Vitamin D status and ill health: a systematic review. Lancet Diabetes Endocrinol. 2014 Jan;2(1):76-89.
http://www.gwern.net/docs/vitamind/2014-autier.pdf
http://www.thelancet.com/journals/landia/article/PIIS2213-8587(13)70164-5/fulltext
4.Michael L. LeFevre,. Screening for Vitamin D Deficiency in Adults: U.S. Preventive Services Task Force Recommendation Statement. Ann Intern Med. 2015;162:133-140. http://www.uspreventiveservicestaskforce.org/Page/Document/UpdateSummaryFinal/vitamin-d-deficiency-screening
5.Holick MF. Evaluation, treatment, and prevention of vitamin D deficiency: an Endocrine Society clinical practice guideline. J Clin Endocrinol Metab. 2011 Jul;96(7):1911-30.
http://https://goo.gl/CCll0q
6.Dietary Reference Intakes for Calcium and Vitamin D. Institute of Medicine (US) Committee to Review Dietary Reference Intakes for Vitamin D and Calcium; Editors: A Catharine Ross, Christine L Taylor, Ann L Yaktine, and Heather B Del Valle. Washington (DC): National Academies Press (US); 2011.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/books/n/nap13050/pdf
7.Lin J. Serum Vitamin D Level and Rheumatoid Arthritis Disease Activity: Review and Meta-Analysis. PLoS One. 2016 Jan 11;11(1):e0146351. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/pmid/26751969
8.Hansen KE. An evaluation of high-dose vitamin D for rheumatoid arthritis. J Clin Rheumatol. 2014 Mar;20(2):112-4.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/pmid/24561419
9.Dehghan A. Role of vitamin D in flare ups of rheumatoid arthritis. Z Rheumatol. 2014 Jun;73(5):461-4.
10-Baker JF. Associations between vitamin D, disease activity, and clinical response to therapy in rheumatoid arthritis. Clin Exp Rheumatol. 2012 Sep-Oct;30(5):658-64.
11.Racovan M. Calcium and vitamin D supplementation and incident rheumatoid arthritis: the Women's Health Initiative Calcium plus Vitamin D trial. Rheumatol Int. 2012 Dec;32(12):3823-30.
Commento di Luca Puccetti
La vitamina D non va somministrata a boli pena il rischio di un aumento delle fratture. La vitamina D deve essere somministrata quotidianamente ed i preparati idrossilati, come il calcifediolo, consentono una rapida normalizzazione dei livelli plasmatici senza alcun rischio di sovradosaggio. Questo dimostra che la ipovitaminosi D, nella maggior parte dei casi, non è affatto un marker di cattiva salute, ma che dipende principalmente dal nostro stile di vita. Rimane aperta la questione della mancata supplementazione dei cibi di largo consumo, come ad esempio il latte. Contrariamente a quanto potrebbe pensarsi, i livelli plasmatici della vitamina D alla latitudine del Lazio sono molto più bassi che alle latitudine nordiche (studio Seneca). L'esperienza personale di decenni conferma che è frequentissimo il riscontro di bassi livelli di vitamina D, che, ricordiamo, è un ormone, non solo nella popolazione istituzionalizzata, ma in quasi tutti gli anziani ed in moltissimi soggetti giovani. Da qui la necessità di supplementare i cibi più che prescrivere farmaci.
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