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Sistemi di Intelligenza Artificiale: una inaspettata lezione dalle ricerche in Psichiatria

Categoria : Medicina digitale
Data : 14 aprile 2019
Autore : admin

Intestazione :

" L' umiltà è la lezione più difficile da conquistare; niente di più duro a morire del desiderio di pensar bene di sè stessi" T.S. Eliot: Shakespeare e lo stoicismo di Seneca



Testo :

Fin dalla nascita dei primi sistemi informatici di diagnosi e cura psichiatri e psicologi sostennero con fondate argomentazioni che ogni tipo di strumento diagnostico “automatico” era parziale e riduttivo e non poteva classificare la complessità della psiche umana e men che mai curarla se malata.
La esperienza dei vari DSM ( Diagnostic Statistic Manual of Mental Disease) apportò sicuramente contributi positivi ma confermò la fragilità e i pericoli, per l’individuo e per la società,di un rigido approccio per schemi preordinati (1).


In principio era quasi un gioco

Un primo timido esperimento, con risultati inaspettati, risale al lontano 1966: Joseph Weizenbaum creò il primo chatbot (da chatterbot, robot che ciarla), un programma per computer che chiamò Eliza, il quale tentava di simulare una seduta di psicoterapia, analizzando le affermazioni e le domande che l'interlocutore digitava sulla tastiera e rispondendo con frasi generiche ma ispirate al buon senso e ad un atteggiamento di umana comprensione (il riferimento del ricercatore era la tecnica psicoterapeutica di Rogers).
Se ad esempio la persona alla tastiera scriveva “… oggi sto male …” il programma poteva rispondere “al giorno d'oggi capita di star male: se lo desidera può parlarmene …” e successivamente “ comprendo la sua sofferenza ma verranno certamente momenti milgliori…” (2)
Il dato assolutamente sorprendente, che dopo anni di studi portò Weizenbaum a parlare di “Computer Power”, fu che chi utilizzava il programma Elisa tendeva a ricorrervi nuovamente nei momenti di tensione e dichiarava di averne beneficio, riconoscendo al computer insolite ed inaspettate capacità terapeutiche.
Gli “strani poteri” dei computer dotati di idonei software furono negati, sminuiti od ignorati da larga parte delle scuole psicoterapeutiche:secondo i detrattori, Eliza riprendeva le frasi del paziente ed elaborava una risposta, corretta dal punto di vista sintattico, ma povera di senso e soprattutto di potere curativo.
Una versione aggiornata di Eliza è un chatbot di nome Woebot, sviluppato dall’Università di Stanford, che, attraverso conversazioni su Facebook Messenger, può fornire una forma di terapia cognitivo-comportamentale che avrebbe dimostrato, in un piccolo studio randomizzato, di ridurre i sintomi di depressione a breve termine, attraverso una tecnologia efficace sia nell’interfaccia che nel linguaggio (3).

Decenni dopo andò ancor meglio con un Videogioco

Pochi anni fa un originale studio clinico controllato randomizzato su 187 adolescenti affetti da depressione ha dimostrato che un gruppo di adolescenti trattati a distanza mediante il programma SPARX (Smart Positive Active Realistic X-factor) aveva conseguito un miglioramento in più di una scala valutativa per la depressione analogo a quello conseguito dagli adolescenti trattati con le metodologie della CBT ( Cognitive Behaviour Therapy) direttamente dallo psicoterapeuta.
I giovani venivano aiutati dal “video-gioco terapeutico” ad uscire dai sentimenti depressivi ed a ridefinire la propria visione del mondo attivando modelli comportamentali adeguati, curando il proprio stato fisico e psichico in modo da prevenire le ricadute. Il dato che fa riflettere è che il miglioramento dello stato dell’umore persisteva a distanza di tre mesi e sembrava addirittura essere superiore alla terapia tradizionale nel sottogruppo con sintomi più accentuati, forse perché è più facile per questi pazienti aderire alla terapia computerizzata (4).

Insonnia

Da qualche anno sono stati approntati alcuni programmi per il trattamento mediante internet della insonnia. In particolare un programma denominato SHUTi sembra particolarmente gradito ed efficace: esso si basa sui principi e le tecniche della CBT, è completamente automatizzato, interattivo, adattabile alle esigenze degli utenti; generalmente non è necessaria alcuna assistenza per portare a termine il progetto di cura che esso propone .
Una recente ricerca pubblicata su Jama Psychiatry (5) propone SHUTi come terapia di prima scelta per il trattamento dell'insonnia, dato il favorevole rapporto tra costi ed efficacia del trattamento.
In questo studio furono seguiti 303 pazienti con insonnia cronica: nel gruppo trattato con SHUTi (151 soggetti per 9 settimane di trattamento) si riscontrò un significativo miglioramento dei sintomi, in particolare una diminuzione del tempo necessario per addormentarsi e del numero e durata dei risvegli notturni .
Ciò che più ha sorpreso i ricercatori è che la percentuale di guarigione è simile a quella ottenibile in trattamenti CBT condotti personalmente dai terapeuti e che malgrado il programma internet non prevedesse alcun intervento personale, ben il 60% dei soggetti completavano tutti i livelli previsti.


Anche l’autorevolissimo Nice si è espresso a favore…

La quantità e la qualità dei dati a favore della Cognitive BehaviourTherapy computerizzata divenne tale che nel 2009 il NICE inglese (National Institute for Clinical Excellence) ufficialmente approvò la utilizzazione di questo tipo di terapia nell’ ansia e nella depressione.(6) Ma era solo l’inizio: la terapia cognitiva comportamentale somministrata tramite internet ha dimostrato di essere efficace in vari disturbi psichici ed in particolare nei disturbi depressivi, nei disturbi d'ansia generalizzata, nel disturbo con attacchi di panico, nei disturbi ossessivi compulsivi, nel disturbo post traumatico da stress, nei disturbi di adattamento, nel dolore cronico, nelle fobie …(7)


La realtà virtuale meglio di una psicoterapia ???

La necessità di trattare i numerosi soldati americani reduci dalle campagne di guerra in medio oriente ed affetti da Disturbo PostTraumatico da Stress ( in alcuni reparti ben 1 su 5 militari) ha portato ad elaborare varie “soluzioni informatiche” tra le quali si è distinto per efficacia un software di “immersione” in realtà virtuale, sviluppato dalla Università di California in collaborazione con l’ US Army, che portava i militari affetti da questo importante disturbo a rivivere e rielaborare in ambiente protetto, con risposte adeguate, i gravi traumi emotivi subiti durante la guerra. Secondo i ricercatori i risultati sono stati soddisfacenti (8).
Più recentemente software utilizzanti la “immersione” nella realtà si sono dimostrati efficaci nel trattamento delle fobie da altezza (9).

Gli Avatar oltre la psicoterapia?

Gli studi sugli Avatar hanno infranto una barriera storica: quella della terapia delle allucinazioni uditive che, come è noto, sono particolarmente difficili da trattare anche con un utilizzo generoso di psicofarmaci.
Recentemente uno dei riferimenti più solidi ed autorevoli in ambito psichiatrico, The Lancet-Psychiatry, ha pubblicato un piccolo studio randomizzato controllato di grande interesse sul trattamento di 75 pazienti con allucinazioni uditive mediante un Avatar che inviava messaggi atti a lenire le tormentose allucinazioni.
I risultati sono stati confortanti:il gruppo di pazienti trattati con avatar ha riferito dopo 12 settimane una riduzione tanto della frequenza che della gravità delle allucinazioni uditive, che avevano caratteristiche meno moleste e persecutorie. L’effetto della Avatar-terapia permaneva, sia pure in maniera attenuata, anche a distanza di settimane (10).
Va ricordato e sottolineato che il contatto diretto con terapeuti esperti a parere di tutti gli psichiatri è la soluzione ottimale ma i programmi informatici possono essere utilizzati con successo ove non sia possibile una psicoterapia personalizzata, ad esempio nel caso di persone abitanti in territori difficilmente raggiungibili.

Le “App” dilagano ma rischiano di annegare i pazienti…

Le App che diagnosticano il disturbo psichico dell’utente e suggeriscono od indirizzano verso alcune terapie sono sempre più numerose, date le difficoltà di accedere ai servizi di diagnosi e cura psichiatrica e la limitata disponibilità di psicoterapeuti professionisti in gran parte dei paesi del mondo. Vi è dunque una reale necessità di fornire un aiuto ai milioni di persone sofferenti di problemi psichici, ma il diffondersi incontrollato di vari generi di “App”suscita forti preoccupazioni: una ricerca inglese di alcuni anni or sono esaminò 27 “mental health apps” registrate dal National Health Service: tra queste solo 14 erano specificatamente dedicate al trattamento di disturbi psichici e solo 4 avevano dimostrato una qualche efficacia terapeutica(11).



Conclusioni

Thomas Kuhn evidenziò come larga parte delle rivoluzioni scientifiche ebbero origine quando gli scienziati incontrarono “anomalie” che non potevano essere spiegate dai paradigmi fino ad allora accettati, all'interno dei quali s'era sviluppato fino a quel momento il progresso della loro disciplina.
Le “anomalie” mettevano in crisi credenze consolidate e tutto il corollario di argomentazioni e deduzioni che le teorie consolidate portavano con sè (12).
Il sorprendente fenomeno della efficacia ormai “documentata” della psicoterapia “digitale”, seppure con tutte le precauzioni e le limitazioni necessarie, dimostra tuttavia che il paradigma della “ relazione terapeutica” va riconsiderato alla luce di questi recenti sorprendenti dati.
La mole dei problemi da risolvere è peraltro enorme, basti accennare alla raccolta del consenso, al rispetto della privacy, alla possibile perdita dei dati, al rischio di demandare alle macchine attitudini tipicamente umane, quali la personalizzazione, l’intuizione, l’empatia,la gestione delle emozioni, il ragionamento clinico, l’attenzione al contesto.
La comunità medica e psichiatrica internazionale non è riuscita fino ad ora ad esprimere riflessioni tanto ampie ed approfondite non solo da comprendere il fenomeno ma soprattutto da utilizzarlo in maniera costruttiva.
Attendiamo fiduciosi ma con crescente ansia … (che dite, c’è una “App” anche per noi??)


Riccardo De Gobbi e Giampaolo Collecchia



Bibliografia


1) http://www.pillole.org/public/aspnuke/pdf.asp?print=news&pID=5583

2) Weizenbaum, Joseph. "ELIZA - A Computer Program for the Study of Natural Language Communication between Man and Machine," Communications of the Association for Computing Machinery 9 (1966): 36-45.

3) Fitzpatrick KK et al. Delivering cognitive behavior therapy to young adults with symptoms of depression and anxiety using a fully automated conversational agent (Woebot): a randomized controller trial. JMIR Ment Health. 2017 Jun 6;4(2):e19. doi: 10.2196/mental.7785

4) Sally N Merry, Karolina Stasiak et Al. The effectiveness of SPARX, a computerised self help intervention for adolescents seeking help for depression: randomised controlled non-inferiority trial BMJ 2012;344:e2598

5) Buysse DJ.: Insomnia. JAMA. 2013; 309(7):706-716.

6) National Institute for Clinical Excellence(2009): Computerised cognitive behaviour therapy for depression and anxiety: Technology Appraisal 97. http://www.nice.org.uk/nicemedia/pdf/TA097guidance.pdf

7) Kumar V , Satta Y et al.:The Effectiveness of Internet-Based Cognitive Behavioral Therapy in Treatment of Psychiatric Disorders Cureus 9(8): e1626. DOI 10.7759/cureus.1626 2017 Open Access Review Article

8) Rizzo A, Jarrell Pair J et Al.: Development of a VR Therapy Application for Iraq War Veterans with PTSD. University of Southern California Institute for Creative Technologies
13274 Fiji Way, Marina del Rey, CA. 90292

9) Daniel Freeman, Polly Haselton et Al.: Automated psychological therapy using immersive virtual reality for treatment of fear of heights: a single-blind, parallel-group, randomised controlled trial Lancet Psychiatry 2018;5: 625–32 Published Online July 11, 2018http://dx.doi.org/10.1016/
S2215-0366(18)30226-8

10) Tom KJ Craig, Mar Rus-Calafell M. et al: AVATAR therapy for auditory verbal hallucinations in people with psychosis: a single-blind, randomised controlled trial thelancet.com/psychiatry on November 29, 2017 http://dx.doi.org/10.1016/
S2215-0366(17)30427-3

11) Leigh S, Flatt S.: App-based psychological interventions: friend or foe? Evid Based Mental Health November 2015 Vol 18 No 4

12) Kuhn Thomas: La Struttura delle Rivoluzioni Scientifiche. Einaudi Editore Torino 2009









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