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RU486 in Italia

Data : 13 settembre 2005
Autore : admin

Pagina: 1 - L'aborto facile

La sperimentazione, autorizzata dal Ministero della Salute, è partita dopo cinque anni di battaglie di alcuni medici torinesi, ed in particolare del ginecologo Silvio Viale, del Sant´Anna. La richiesta di poter utilizzare le pastiglie di RU486 era stata infatti avanzata fin dal 2000, rimbalzando da un comitato di bioetica ad un ufficio ministeriale fino all'approvazione (? vedi in seguito), giunta di recente che autorizza 400 interruzioni di gravidanza ‘sperimentali´. RU486 può essere utilizzata entro i primi 49 giorni dal concepimento, cioè nelle prime sette settimane. I farmaci che provocano l´aborto farmacologico sono in realtà due, il mifepristone, che si prende il primo giorno e blocca gli effetti del progesterone ed il misoprostol che agisce sull'utero provocando l´aborto. La maggior parte delle donne (50-60%) abortisce nelle prime 4 ore dopo aver ingerito misoprostol, il 20-25% nelle prime 24 ore, il 10% nelle ore successive: i sintomi sono quelli di un´interruzione spontanea, con dolori e perdite simili, anche se più intensi, rispetto a quelli mestruali. In una parte dei casi, variabile tra il 2% e il 5%, si rende necessario un successivo intervento simile al normale aborto chirurgico. Proprio la ‘facilità´ dell´aborto farmacologico ha suscitato le proteste di esponenti della politica e del mondo cattolico. Per prima era arrivata, già nel 2001, una nota della Curia torinese che condannava il possibile ‘primato negativo di Torino, unica città in Italia a rendere più facile l´aborto´. Contemporaneamente, una pressione trasversale esercitata dalle rappresentanti piemontesi del centrosinistra si era associata alla richiesta di Viale e del primario del ‘Sant´Anna´, Mario Campogrande, per chiedere che l´RU486 potesse venir utilizzato al più presto. Ai dubbi etici e medici erano seguiti quelli farmacologici (l´RU486 non è in vendita in Italia ed il misoprostol ha una indicazione diversa da quella abortiva). Nel 2002, ad un primo sì, seguirono altri rinvii. Soltanto a fine 2004 l´Istituto superiore di Sanità ed il Comitato bioetica della Regione Piemonte fecero arrivare al ‘Sant´Anna´ un primo parere positivo, seguito da ulteriori mesi di pratiche e trattative con la casa farmaceutica francese che produce le pastiglie. Il 1° settembre, è iniziata la sperimentazione: 3 letti dove le donne possono restare in attesa che le pastiglie facciano effetto.....



Pagina: 2 - Chi ha dato l'autorizzazione?

«Manderò gli ispettori al Sant´Anna di Torino. Non a caso ho parlato di rispetto delle procedure e il compito spetta all´Agenzia Italiana del Farmaco. Il nuovo protocollo sulla sperimentazione della "pillola abortiva" sarà stato anche spedito, ma non è mai arrivato al ministero della Salute. E il ministero non ha mai autorizzato nulla. Voglio anche capire come è avvenuto l´arruolamento delle 400 donne, perché vedo il rischio di un approccio ideologico alla questione: si usano metodi sbrigativi per sopprimere una vita umana, mentre c´è gente che alza il sopracciglio quando qualcuno cerca di salvarne una, come con la terapia Di Bella». Il ministro della Salute Francesco Storace non si sottrae alle polemiche dopo l´avvio della sperimentazione della RU 486, annunciato ieri da "Repubblica".
«Le procedure seguite dal Sant´Anna di Torino sono corrette e, paradossalmente, sono già state verificate dal ministero della Salute - precisa il ginecologo Silvio Viale, uno dei medici dell´équipe torinese, il progetto è stato a lungo analizzato dagli ispettori della Farmacovigilanza, che nel luglio del 2004 hanno trasmesso il parere positivo espresso dalla V sezione del Consiglio Superiore di Sanità. Se il ministro Storace vuole compiere ulteriori passi di verifica è il benvenuto. Da un punto di vista medico-scientifico devo ricordagli che tutti quelli che si sono occupati della sperimentazione hanno finito per dare un parere favorevole».
D´altro canto, secondo l´équipe degli sperimentatori e la direzione sanitaria del Sant´Anna, la modifica del protocollo è avvenuta accogliendo i rilievi del Consiglio superiore di Sanità: l´assunzione finale della seconda pillola, quella che provoca l´aborto, avverrà in day-hospital dove la donna sarà tenuta sotto controllo per 24 ore. Anche se negli altri Paesi europei, dove l´uso RU 486 è autorizzata da molti anni, l´aborto, che deve avvenire entro le prime sette settimane dal concepimento, può avvenire anche a casa. Ovviamente (?) sotto il controllo dei medici.
Ma gli ostacoli, i dubbi, non finiscono qui. Il professor Nello Martini, direttore generale dell´Agenzia Italiana del Farmaco, si domanda: «L´ospedale Sant´Anna ha importato un farmaco non registrato in Italia, mentre la legge prevede che venga autorizzato dall´Aifa. A noi non è giunta alcuna richiesta, necessaria visto che si tratta di una sperimentazione clinica. Va da sé che se il comitato etico chiede il permesso noi non glielo negheremo. Seconda questione: chi sosterrà i costi della sperimentazione? Di solito è la casa produttrice del farmaco, ma non ci è stato comunicato».
Alla prima domanda risponde il dottor Silvio Viale: «Il "mifepristone", la RU 486, ha già avuto il parere favorevole dell´Agenzia del farmaco, che l´ha inserito nell´elenco dei farmaci importabili per usi specifici. L´augurio è che anche in Italia venga attivata la registrazione, o in alternativa, sia indicato come importare la pillola». Critico Francesco D´Agostino, presidente del Comitato nazionale di Bioetica: «L´uso della RU 486 può aprire la strada ad una privatizzazione dell´aborto fuori dal controllo ospedaliero, contravvenendo alla legge sull´aborto».



Pagina: 3 - Regolamentazione cercasi

Chi scrive è un antiabortista radicale. Chiarire subito le posizioni è un atto che serve a far comprendere subito il mio punto di vista. L'aborto non dovrebbe, a mio avviso, mai, in nessun caso, essere autorizzato dallo Stato. La progenie è ciò che fornisce un senso etico, biologico, filosofico alla razza umana e ne costituisce il presupposto. Nell'arco di milioni di anni di evoluzione nessun meccanismo fisiologico si è sviluppato per favorire la perdita di una vita. Si sono invece sviluppati sofisticatissimi meccanismi per favorire al massimo la possibilità di generare un soggetto vitale e con buone probabilità di sopravvivenza. Sarà stato un caso l'aver favorito, da parte della cosiddetta pressione ambientale, lo sviluppo di soggetti in cui il piacere fosse abbinato alla possibile procreazione? Perchè mai poi una vita nascente o potenzialmente tale debba essere sottoposta alla volontà di un già nato (spesso per futili motivi, futili dal punto di vista della società) qualcuno ancora me lo deve spiegare. Da un punto di vista biologico, caso mai, sarebbe l'esatto contrario: cosa è già lo sappiamo, cosa sarà dovrebbe essere, statisticamente parlando, probabilmente più evoluto. Tralasciamo il piano religioso. La procreazione è solo parzialmente un atto volontario da fare a 2, tra individui di ambo i sessi (tranne che per le meraviglie della scienza ed i suoi effetti speciali con i figli postumi, nonne mamme, uteri in locazione e quant'altro). Non è come defecare, urinare, sputare od altra funzione fisiologica. Il fatto che nell'evoluzione, nella razza umana, la generazione non si sia sviluppata a comando significherà pur qualcosa. La constatazione poi che, a differenza di altre funzioni fisiologiche controllabili volontariamente (l'interruzione della minzione, ad esempio), non sussista un meccanismo volontario di interruzione del processo avviato significa che esso è biologicamente sottratto al controllo volontario della madre o del padre. La sottrazione al controllo volontario solitamente connota funzioni assolutamente indispensabili per la vita o di importanza primaria di cui non è possibile far a meno senza gravi conseguenze (respirare, sudare, ammiccare etc. etc) La gravidanza e lo sviluppo del feto vanno biologicamente avanti anche se la madre o il padre non vogliono. Se poi i genitori non vogliono allevare il figlio o non possono farlo se ne farà interamente carico la società che dovrà far di tutto per garantire opportunità pari a quelle dei nati ed allevati in un ambito familiare con standard minimi ritenuti accettabili (concetto dinamico). Se la legalizzazione dell'aborto è servita, come dicono alcuni, più o meno convinti, a ridurre la piaga dell'aborto clandestino, l'utilizzo di RU486, per non scadere nella deriva della banalizzazione dell'atto grave dell'aborto, dovrebbe essere limitata ad un utilizzo esclusivamente ospedaliero o paraospedaliero, al posto dell'intervento di suzione. Dovrebbe essere istituito un registro come per gli stupefacenti. Ogni dose dovrebbe essere tracciata. Al contrario di quanto avviene in altri paesi, dove l'abortivo può essere assunto a casa, l'utilizzo della RU486 dovrebbe essere riservato a condizioni di degenza ospedaliera o quanto meno di ricovero in dimissione protetta, in modo che rimanga traccia formale, archiviata secondo le attuali procedure riservate alle cartelle cliniche. Non dovrebbe essere un prodotto acquistabile in farmacia, ma disponibile esclusivamente presso le strutture autorizzate a praticare l'interruzione di gravidanza. Con queste misure si ridurrebbe il rischio sanitario di replicare l'agghiacciante infanticidio seriale della signora tedesca ricordata nell'articolo di Giuliano Ferrara sul Foglio del 12/09/2005.

Luca Puccetti




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