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Il progetto toscano contro l'osteoporosi

Data : 20 ottobre 2005
Autore : admin

Pagina: 1 - introduzione e definizione

Tra le problematiche tipiche della età avanzata merita una particolare attenzione l’osteoporosi, in quanto possibile responsabile di grave disabilità funzionale e, quindi, di forte impatto sullo stato di salute della popolazione.
L’osso è un tessuto vivo in cui il collagene è la componente di supporto della struttura ed il fosfato di calcio è la componente minerale che ne dà forza e consistenza; la combinazione di queste due componenti fornisce resistenza ma anche flessibilità. Normalmente l’osso ha un proprio turnover con un costante riassorbimento di osso vecchio combinato alla formazione di osso nuovo. Fino alla 2° decade della vita la formazione dell’osso prevale rispetto al suo riassorbimento raggiungendo a questa età il picco di massa ossea (massima densità e consistenza dell’osso). Dopo tale età il riassorbimento dell’osso comincia a prevalere sulla sua formazione. I fattori determinanti il picco di massa ossea sono molteplici:
• fattori genetici e familiarità, fattori ormonali: livelli di estrogeni e androgeni, ormone della crescita;
• alimentazione: apporto di calcio, vitamina D e, molto probabilmente, anche di vitamine C e K;
• stile di vita: attività fisica, esposizione ai raggi UV, abitudine al fumo di sigaretta, eccessivo consumo di caffè ed alcolici;
• malattie congenite: fibrosi cistica, omocistinuria, osteogenesi imperfetta, ecc.;
• malattie croniche: celiachia, malattie infiammatorie intestinali, ecc.;
• trattamenti farmacologici prolungati: corticosteroidi, tiroxina, anticonvulsivanti.

L’osteoporosi è un processo fisiologico legato all’età, e rappresenta realmente uno dei tanti fattori di rischio di fratture (1). La possiamo definire come una condizione caratterizzata da una riduzione graduale del contenuto minerale delle ossa e da un’alterazione della loro microarchitettura, con conseguente incremento della fragilità ed aumentato rischio di andare incontro a fratture per traumi anche minimi (2). L’osteoporosi è una condizione silenziosa, senza prodromi di rilevo, l’esordio della sintomatologia dolorosa coincide, quasi sempre, con l’unica manifestazione clinica documentabile: le fratture che, con diversa frequenza, interessano vari segmenti dello scheletro. Operativamente l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito l’osteoporosi sulla base di un criterio diagnostico numerico, ovvero la riduzione della densità ossea al di sotto di 2,5 deviazioni standard (DS) rispetto al picco di massa ossea dell'età giovanile (T-score). Questa definizione è utile quale criterio per la conduzione di trials clinici o come strumento epidemiologico, mentre presenta diversi limiti nella normale pratica clinica 3). A questa definizione infatti, non è facilmente associabile un rischio definito, perché il valore densitometrico non è correlato linearmente con il rischio di fratture. La dimostrazione di una densità minerale tra -1 e -2,5 DS, identifica la condizione intermedia di osteopenia (vedi sotto). Al fine di evitare la sovrastima della riduzione della densità ossea l’indicazione dell’OMS è di usare il T score fino a 65 anni e lo Z score successivamente. Uno studio condotto dall’OMS ha evidenziato che l’osteoporosi interessa oltre 75 milioni di persone in Europa, Stati Uniti e Giappone con un rischio stimato del 15% di andare incontro ad una frattura vertebrale, del polso o dell’anca nell’arco della vita (4). L’età, il sesso femminile, la presenza di patologie tiroidee o epatiche, il trattamento prolungato con corticosteroidi, interventi di ovariectomia o una menopausa precoce, fratture pregresse legate a fragilità ossea, il fumo e un indice di massa corporea (BMI) < 19 costituiscono i maggiori fattori di rischio per l’osteoporosi (5).



Pagina: 2 - criteri densitometrici OMS

Tabella 1. Criteri densitometrici OMS (da PNLG-ISS modificata)
Criteri densitometrici OMS prima dei 65 anni: Criteri densitometrici OMS dopo i 65 anni:
Normale: T-score>-1 DS
Ridotta Massa Ossea: T-score tra -2.5 e -1 DS
Osteoporosi: T-score<-2.5 DS
Osteoporosi Severa o Conclamata: T-score < -2.5 DS + 1 o più fratture da fragilità ossea documentate. Normale: Z-score>0 DS
Borderline: Z-score tra -1 e 0 DS
Osteopenia: Z-score tra -1 DS e -2 DS
Osteoporosi: Z-score < -2 DS
Le fratture della colonna possono comportare conseguenze invalidanti, ma sono meno pericolose di quelle dell'anca, associate a mortalità elevata o a rischio di invalidità e perdita di autonomia. Gli interventi terapeutici sulle fratture dell'anca sono meno efficaci e meno documentati rispetto alle vertebrali, il che diminuisce il rapporto costo-beneficio degli interventi farmacologici. Lo screening di massa mediante densitometria ossea ha uno scarso valore predittivo, non permettendo l’individuazione di coloro che andranno incontro a fratture, se non a prezzo di un'elevata percentuale di falsi positivi, qualunque sia la soglia prescelta di densità. Infatti vi è un'ampia sovrapposizione nella distribuzione delle fratture tra donne con diversi gradi di demineralizzazione ossea (6). Documentare l'effetto delle terapie solo sulla densità dell'osso significa basarsi su un end point surrogato (obiettivo debole). Una eccessiva attenzione agli end-poits secondari nella valutazione del beneficio ottenuto dalla terapia farmacologia può essere fortemente fuorviante: nel caso dell’osteoporosi la riduzione del numero di fratture costituisce l’obiettivo primario, “forte”, del trattamento, mentre l’aumento della massa densitometrica è un obiettivo secondario “debole”. Come esempio ricordiamo quanto accaduto con la terapia a base di fluoruri che aumentava sì la densità minerale ossea, ma rendeva l’osso più fragile (7).
Il Progetto toscano afferma l’idea dell’osteoporosi come un fattore di rischio, risultato di un processo fisiologico naturale del rimodellamento osseo la cui curva di progressione negli anni impatta negativamente con un ageing sempre più accentuato delle nostre popolazioni: da qui la necessità di iniziative di prevenzione, di ampio respiro, piuttosto che terapeutiche.



Pagina: 3 - classificazione dell’osteoporosi

La fisiopatologia del metabolismo osseo rappresenta il razionale per una possibile classificazione. Se si esclude l’osteoporosi che si sviluppa in seguito a uno specifico stato patologico come: immobilizzazione, malattie endocrine, malattie ematologiche, cause iatrogene, alterazioni metaboliche o nutritive, per questo definita secondaria, le altre condizioni osteoporotiche, cosiddette, primarie vengono ricondotte, essenzialmente, a due situazioni: l’osteoporosi di tipo 1 o post menopausale e quella di tipo 2 o senile.
Osteoporosi di tipo 1 o post menopausale
Fisiopatologia: il turnover osseo, con prevalenza della componente riassorbitiva, è accelerato nei 5 anni dopo la menopausa ed è, quindi, in stretto rapporto con la riduzione dei livelli circolanti di estrogeni. Si caratterizza per una perdita maggiore di tessuto osseo spugnoso rispetto a quello compatto e per una prevalenza di fratture localizzate a livello del corpo vertebrale e dell’avambraccio distale. La menopausa precoce rappresenta, in termini di frequenza, non di importanza assoluta, il principale fattore di rischio, l’età media in cui si manifesta la menopausa è di 50,8 anni.
Osteoporosi di tipo 2 o senile
Fisiopatologia: la perdita di massa ossea è legata all’età; a partire dalla terza decade di vita, si verifica una diminuzione del numero dei recettori intestinali per la vitamina D attivata, con una riduzione dell’assorbimento intestinale di calcio. L’anziano produce meno vitamina D dall’esposizione solare, che fra l’altro è assai ridotta, specie se istituzionalizzato e l’assorbimento del calcio si riduce a poco più del 10% di quello ingerito (nel giovane è del 40-50%). La vitamina D viene assunta in piccolissima dose con il cibo, quindi gli interventi alimentari servono solo per garantire l’apporto di calcio. L’ipovitaminosi D determina aumento dei livelli plasmatici di paratormone che innesca il processo di riassorbimento osseo. L’avanzare della età è, quindi, una delle principali cause di perdita della massa ossea in entrambi sessi, anche se inizia più precocemente nella donna. Per questo la riduzione del contenuto minerale osseo rappresenta un importante problema di salute pubblica in tutti i paesi, come la nostra Regione, nei quali l’andamento demografico è caratterizzato dal progressivo invecchiamento della popolazione.



Pagina: 4 - conseguenze delle fratture

Le temibili conseguenze delle fratture
Le conseguenze legate alle fratture del femore sono pesantissime:
• la mortalità è del 15-25%;
• la disabilità motoria colpisce più della metà dei pazienti nell’anno successivo all’evento;
• circa il 20% perde completamente la possibilità di camminare indipendentemente;
• solo il 30-40% riprende piena autonomia nelle attività quotidiane.
È fondamentale la tempestività dell’intervento chirurgico dopo la frattura, intervento che ormai la letteratura concorda nel definire necessario nella quasi totalità dei pazienti, indipendentemente dalla loro età, per permettere una buona ripresa funzionale.
Il Progetto speciale di interesse regionale contenuto nel P.S.R 2005-2007 ” Artroprotesi dell’anca - Ortopedia chirurgica, come modello di programmazione e governo clinico ” promuove nel sistema sanitario toscano questa attenzione.
La dimensione del fenomeno frattura femorale e vertebrale nella Regione Toscana.
Nel 2001 sono stati dimessi per frattura del collo del femore oltre 5.600 cittadini toscani con età maggiore di settanta anni. Circa 2.000 le artroprotesi impiantate.
L’80,9% delle fratture di femore è stato sottoposto ad intervento chirurgico, con variazioni significative legate alla età e al genere.
Non è da dimenticare che oltre ai nuovi casi di frattura è fondamentale valutare anche il numero di fratture prevalenti, soggetti con storia di frattura, per l’impatto sulla qualità della vita e sulla richiesta assistenziale.
Anche le fratture vertebrali rappresentano un grave problema nella popolazione anziana perché aumentano con l’età e comportano dolore e disabilità funzionale progressiva.
La loro incidenza è paragonabile a quella delle fratture del femore, anche se in circa la metà dei casi non sono diagnosticate.



Pagina: 5 - terapia o prevenzione ?

Terapia o prevenzione per la patologia osteoporotica?
La riduzione della massa ossea avviene fisiologicamente con il progredire dell’età. Ovviamente avrà ripercussioni maggiori se la persona ha già in partenza una massa ossea ridotta, come quando è carente l'assunzione di calcio con la dieta in età giovanile, fattore che non permette di raggiungere un picco di massa ossea adeguato. La quantità ottimale di calcio che il nostro organismo necessita ogni giorno non è un valore fisso e dipende dal tasso di assorbimento e dalla perdita (variabili da persona a persona), così come dall’età. L'incremento dell’assunzione di calcio è utile nella prevenzione dell'osteoporosi e vi sono prove che può aumentare la massa ossea nelle donne giovani (9). L'esercizio fisico è efficace nella prevenzione dell'osteoporosi anche nelle donne più anziane10. Si tratta perciò di interventi raccomandabili comunque e indipendenti dall'età e dal rischio individuale.
La principale fonte di calcio è costituita dai derivati del latte. In caso di disturbi alimentari, per esempio intolleranza al lattosio (lo zucchero del latte) o di regimi dietetici, per esempio a causa di ipercolesterolemia, diabete, obesità, può sembrare arduo arrivare ad una assunzione sufficiente di calcio. In realtà è possibile mantenere un corretto apporto di calcio con la dieta senza eccedere nell’uso dei grassi. Il latte e lo yogurt scremato contengono una quantità di calcio sovrapponibile a quella degli altri prodotti e sono pressoché privi di grassi. Il latte ad alta digeribilità può essere assunto in caso di intolleranza al lattosio. Spesso si dimentica che una parte importante del fabbisogno di calcio può essere assunto con l’acqua. Oltretutto si tratta di un calcio facilmente assorbibile. Un’acqua usata allo scopo di contribuire al fabbisogno giornaliero di calcio dovrebbe contenerne almeno 200 - 300 mg per litro ed avere un basso contenuto di sodio. Per il contenuto in sali dell’acqua minerale si può fare riferimento ai valori di calcio e sodio indicati dall’etichetta applicata sulla bottiglia. L’acqua dell’acquedotto ha normalmente un buon contenuto di calcio.
Le diverse modalità di intervento possibili, preventive o terapeutiche, sono determinate sia dai fattori di rischio in gioco per la malattia osteoporotica, e dalla loro modificabilità, sia dal rischio relativo della sua conseguenza più temibile, la frattura, che correla non linearmente con la riduzione della massa ossea. Come già rilevato la diminuzione del contenuto minerale osseo riconosce tre cause principali:
1. l’età e, nella donna, la menopausa;
2. il mancato raggiungimento del picco ottimale di massa ossea durante la crescita;
3. la perdita di massa ossea conseguente a patologie specifiche.
Per le condizioni di osteoporosi conseguenti a patologie specifiche, (terza causa principale) la presa in carico dovrà essere promossa dai professionisti interessati secondo Linee guida specifiche.
Per le prime due cause sono possibili sostanzialmente le seguenti linee di intervento:
1. una linea di trattamento definita “population based approach “, mirante a migliorare l’assetto osseo metabolico con semplici misure sanitarie comportamentali; è ben applicabile alla popolazione anziana per la quale, senza dispendiose misure di screening, è possibile prevedere un introito aumentato di calcio e vitamina D che è quindi utile supplementare, unitamente a programmi di attività motoria adattata.
2. una seconda linea definita “high risk approach“ risulta più impegnativa in termini di costi e di risorse disponibili e si deve basare su una più precisa identificazione di sottogruppi ad elevato rischio per frattura da osteoporosi tenendo soprattutto conto dell’età del soggetto e della relativa aspettativa di vita.
Per la identificazione dei sottogruppi costitutivi la seconda linea, “high risk approach“, vi è convergenza di vedute su questi punti:
• considerare l’utilità della terapia estrogenica solo per migliorare la qualità della vita in donne che entrano in menopausa e sono affette da una importante sintomatologia (14) ;
• migliorare le condizioni alimentari e funzionali motorie degli anziani;
• trattare farmacologicamente chi ha già avuto una frattura da fragilità;
• trattare farmacologicamente i pazienti con T score < – 2.5 SD e uno o più fattori di rischio.
Si sottolinea l’attenzione sulle variabili/condizioni associate ai gruppi selezionati per la variabile “high risk approach “: se si esclude la componente genetica, tutte sono il risultato della mancanza di una politica di prevenzione primaria della condizione osteoporotica.
Nel gruppo “high risk approach“ il problema vero, a ben vedere, si riduce alla condivisione dei criteri di selezione per individuare i pazienti con T score < – 2.5 SD, pazienti con aumentato rischio di incorrere in fratture.



Pagina: 6 - selezione della popolazione a rischio

Criteri di selezione della popolazione a rischio di osteoporosi.
La situazione attuale:
• al presente non è universalmente accettato lo screening per identificare i pazienti con osteoporosi;
• non si dovrebbe istituire uno screening di massa della densità ossea nella popolazione di donne in post menopausa;
• è raccomandata una strategia case finding in cui i pazienti siano identificati a causa di una frattura da fragilità ossea o per la presenza di importanti fattori di rischio (evidenza di grado C).
Non sono stati individuati strumenti né fattori di rischio di provata efficacia per identificare la popolazione a rischio di osteoporosi conclamata (diminuzione della massa ossea e frattura). Comunque come più a rischio possiamo considerare le persone con queste caratteristiche:
• Chi è molto magro (ad esempio a causa dell'anoressia) con indice di massa corporea <19 Kg/m2;
• Chi ha assunto farmaci cortisonici, tiroxina a dosi TSH soppressive o anticonvulsivanti per anni;
• Chi ha gravi carenze alimentari di calcio o malassorbimento (celiachia, malattie infiammatorie croniche intestinali, ecc.);
• Chi fuma molto o beve alcoolici in eccesso;
• Chi ha avuto un genitore o un fratello/sorella che ha sofferto di osteoporosi grave;
• Le donne che sono andate in menopausa naturale prima dei 45 anni (menopausa precoce) o che hanno subito in giovane età l'asportazione delle ovaie (menopausa precoce chirurgica);
• Le donne che per disturbi del ciclo mestruale non hanno avuto le mestruazioni per lunghi periodi (anni)8 .
La presenza di più fattori di rischio associati ad un basso valore densitometrico osseo indica un elevato rischio di frattura dell'anca. Sono pochi gli studi che valutino come utilizzare i fattori sopra elencati per definire il rischio individuale di frattura nella pratica clinica.
L’insieme degli interventi “population based approach“, sostanzialmente supplementazione di vit.D negli anziani, corretta alimentazione negli adolescenti, e adesione a diversi comportamenti e stili di vita è, comunque, parte coerente degli interventi previsti dalla linea “high risk approach“.
Questa considerazione ci consente di promuovere, e di investire, ragionevolmente su un approccio preventivo di comunità.



Pagina: 7 - population based approach

La prevenzione delle fratture associate all’osteoporosi è un obiettivo che, ove raggiunto, permette non solo di migliorare la qualità della vita delle singole persone ma anche la riduzione drastica di costi sociali e di economia sanitaria. La particolare natura e costituzione dell’obiettivo, patologia osteoporotica e fratture da caduta in soggetti osteoporotici, rende opportuno distinguere ed articolare gli interventi operativamente in due sub-obiettivi:
1. Prevenzione dell’osteoporosi.
2. Prevenzione delle fratture in pazienti con osteoporosi.

1. Prevenzione dell’osteoporosi.
La salute dell’osso è un processo che deve svilupparsi durante tutta la vita sia nei maschi che nelle femmine.
Il riassorbimento dell’osso è particolarmente evidente nelle donne subito dopo la menopausa ma l’osteoporosi si sviluppa con maggiore probabilità quando il picco di massa ossea, raggiunto entro i primi 20-25 anni di vita, non è ottimale.
La migliore difesa allo sviluppo dell’osteoporosi è costruire un osso forte e sano durante l’infanzia e l’adolescenza.
Alcune indicazioni sono valide in tutte le età:
1. seguire una dieta bilanciata ricca di calcio e vitamina D;
2. praticare esercizio fisico;
3. seguire stili di vita sani (poco alcol, niente fumo, niente droghe);
4. solo quando appropriato sottoporsi alla densitometria per definire la densità minerale ossea;
Altre sono specifiche per età:
A) Azioni utili a favorire nei bambini ed adolescenti il raggiungimento di un adeguato picco massimo di massa ossea.
B) Azioni utili a prevenire e/o ritardare la comparsa di osteoporosi negli adulti.
C) La prevenzione secondaria della osteoporosi (prevenzione delle fratture).
A) Azioni utili a favorire nei bambini ed adolescenti il raggiungimento di un adeguato picco massimo di massa ossea.
Iniziative utili a favorire nei bambini ed adolescenti il raggiungimento di un adeguato picco massimo di massa ossea possono costituire un obiettivo specifico dell’Accordo regionale con la Pediatria di Libera Scelta e costituire obiettivo per progetti dedicati delle strutture aziendali di Educazione e promozione della Salute.
B) Azioni utili a prevenire e/o ritardare la comparsa di osteoporosi negli adulti.
L’obiettivo è ridurre il riassorbimento dell’osso al minimo fisiologico.
Le donne in età peri-menopausale dovranno avere più attenzione per la rapidità con cui può instaurarsi il riassorbimento osseo che può arrivare ad una riduzione del 5% per anno della densità minerale ossea.
Le stesse cautele dovrebbero essere previste anche negli uomini che superano i 70 anni di età.
Per prevenire l’osteoporosi o ritardare il suo sviluppo si dovrebbe:
• evitare il fumo e l’eccessivo uso di alcol (fattori di rischio a cui sono dedicati specifici progetti nel P.S.R 2005-2007).
• assicurare un apporto giornaliero di calcio e vitamina D adeguato alla età.



Pagina: 8 - la carenza di vitamina D

La carenza di vitamina D.
La carenza di vit.D dipende per lo più da ridotto introito, ma anche da diminuito assorbimento intestinale, diminuita sintesi intestinale, diminuita sintesi cutanea e ridotta conversione da calcidiolo a calcitriolo.
La produzione di Vitamina D è sufficiente se vi è una esposizione giornaliera al sole della superficie corporea normalmente scoperta (mani e viso), per almeno 10 min.
Non siamo esenti perché siamo il “ paese del sole “! Le persone anziane si espongono poco o affatto al sole, soprattutto durante i mesi invernali non produciamo, quindi, vitamina D. Mangiamo poco grassi animali, non introduciamo, così, l’unica fonte significativa di vitamina D.
Due indagini multicentriche, lo studio Seneca pubblicato su Lancet nel 1995 e lo studio More, evidenziano che l’Italia è il paese al mondo con la maggior incidenza di ipovitaminosi D. La prevalenza di ipovitaminosi severa tra anziani sani in Italia, secondo lo studio Seneca, è stimata pari al 92% (15, 16).
E’ dimostrato, e d’altra parte era da attendersi, che la carenza di vit. D è particolarmente accentuata nel periodo invernale e inizio della stagione primaverile.
Così come è significativo rilevare che pur interessando in modo diffuso la popolazione anziana, la carenza di vitamina D insiste, in particolare, nella sottopopolazione di anziani con malattie croniche, ex fumatori, appartenenti alle classi sociali più basse, con minore scolarità, che non godono di soggiorni al mare, esposti tra l’altro ai molteplici fattori correlati al rischio di cadere, cui la frattura è possibile conseguenza.
In numerosi studi è stata dimostrata una relazione tra deficit di vitamina D e rischio di frattura, in particolare di femore.

Al deficit di vitamina D è stato associato anche un quadro di miopatia prossimale o comunque di deficit muscolare: il deficit di vitamina D potrebbe pertanto, di per sé, tradursi clinicamente in un aumentato rischio di caduta e quindi di frattura anche indipendentemente dagli effetti negativi sulla massa ossea.
Supplementazione di Vitamina D in anziani: l’evidenza della efficacia della prevenzione primaria.
Molti studi dimostrano che la somministrazione di calcio e vitamina D in soggetti anziani carenti, non già fratturati e senza altre condizioni di rischio, si associa ad una riduzione del rischio di frattura.
La somministrazione di vitamina D in soggetti anziani si associa ad una riduzione del rischio di frattura, ascrivibile anche a fattori extra scheletrici: sono stati riportati infatti miglioramento dell’equilibrio, della forza muscolare e della mobilità funzionale ed una riduzione del rischio di cadute (11, 12).
Uno studio (13) condotto su 2.686 soggetti ultrasessantacinquenni (la maggior parte dei quali era di sesso maschile) dimostra che la somministrazione per os di 100.000 UI di vitamina D3 ogni 4 mesi per 5 anni riduce del 22 % l’incidenza di fratture.



Pagina: 9 - la supplementazione di vitamina D

La prima iniziativa del progetto: “Aggiungi vita agli anni: il progetto toscano contro l’osteoporosi”.
L’idea toscana è di utilizzare l’organizzazione sanitaria territoriale - Medicina Generale e Unità di Cure primarie distrettuali, Dipartimenti della Prevenzione - finalizzata alla vaccinazione antinfluenzale, per fornire, contestualmente ad un atto di prevenzione primaria di indubbia efficacia quale la vaccinazione antinfluenzale, due fiale di vit.D3 da 300.000 unità ciascuna, a tutti i soggetti oltre 65 anni con particolare attenzione e promozione della iniziativa, verso la categoria delle donne ultrasessantenni che, in ragione del riassorbimento dell’osso particolarmente evidente subito dopo la menopausa, presentano un rischio di frattura maggiore.
La stessa iniziativa dovrebbe proseguire, oltre il periodo vaccinale, coinvolgendo la Medicina Generale e la Medicina di Comunità distrettuale, estendendo la somministrazione attiva ai soggetti sessantenni.
Le fiale dovranno essere assunte per via orale in due giorni consecutivi, preferibilmente dopo la colazione mattutina.

La somministrazione di vitamina D3 alle dosi consigliate è assolutamente sicura, non presenta alcuna controindicazione, né effetti collaterali anche in soggetti affetti da patologie alla cui base c’è ipercalcemia, iperparatiroidismo primitivo, sarcoidosi.

Il trattamento con Vitamina D non favorisce la comparsa di calcificazioni arteriose anzi sembra diminuire il rischio arteriosclerotico.

La vitamina D non aumenta il rischio di calcolosi renale, lo diminuisce.

La concentrazione ematica della vitamina D non raggiunge mai, con la somministrazione di 300.000 UI per due giorni consecutivi, valori tali da indurre intossicazione.
Non necessariamente la somministrazione di vitamina D deve essere associata alla somministrazione del calcio.
Per quanto riguarda l’apporto del calcio l’efficacia è documentata solo per i pazienti con reale carenza di calcio e non per chi presenta un apporto adeguato di calcio.
Si deve opportunamente insistere sull’educazione all’uso del calcio, scegliendo alimenti ricchi di calcio, evitando di “sanitarizzare” ulteriormente le condizioni di vita degli anziani.
Il progetto toscano si caratterizza come il primo progetto con una dimensione di intervento regionale, l’unico rivolto alla universalità dei soggetti a rischio di ipovitaminosi, senza distinzione di genere.
È il primo progetto regionale che affronta in maniera integrata sia la condizione osteoporotica che il rischio fratture, privilegiando un atteggiamento preventivo.
L’obiettivo è sensibilizzare sul rischio osteoporosi: in Italia la percentuale di donne cosciente dei rischi legati alla osteoporosi è all’incirca del 20% a fronte del 50% registrato nelle donne francesi e spagnole.



Pagina: 10 - la prevenzione delle fratture

C) La prevenzione secondaria della osteoporosi (prevenzione delle fratture).
Non si cade perché si è affetti da osteoporosi… chi è affetto da osteoporosi quando cade ha più probabilità di procurarsi una frattura!
L’eziologia delle fratture osteoporotiche è multifattoriale e le strategie per fronteggiare l’osteoporosi dovrebbero tenere in considerazione questi fattori, soprattutto nel determinismo delle fratture degli uomini e donne ultrasettantenni.
Nella popolazione anziana circa l’87% delle fratture si verifica in seguito ad una caduta, l’importanza dell’evento traumatico è almeno pari a quella della perdita della massa ossea.
In questa fascia di età fattori importanti sono, oltre un adeguato supporto di calcio e vitamina D se la dieta è carente:
• la prevenzione delle cadute;
• la promozione di una moderata attività fisica costante.

1. Promuovere una campagna di prevenzione delle cadute nell’anziano.

Si tratta di sensibilizzare al tema e diffondere un Protocollo di precauzioni che affronti almeno alcune delle seguenti iniziative:

• applicare l’antisdrucciolo ai tappeti;
• applicare gli appoggiamani nel bagno o lungo i percorsi normalmente effettuati;
• utilizzare pad trocanterici sugli anziani particolarmente magri;
• controllare la vista;
• evitare una scarsa illuminazione delle stanze;
• controllare l’udito, promuovendo l’uso di appositi presidi in caso di ipoacusia.
• evitare di camminare sui pavimenti bagnati;
• evitare calzature inadeguate;
• evitare di scendere e salire scale interne;
• usare in ambienti esterni il bastone connotandolo come “signorile“ appoggio da passeggio e non come presidio sanitario stigma di disabilità.


2. Promuovere una moderata attività fisica costante.

Sono stati prodotti diversi progetti sul tema specifico quali il Progetto: Keep Mooving - Stare in movimento e altri; di concerto con la Medicina Generale e il Consiglio Sanitario Regionale dovranno essere definite e condivise le iniziative più opportune.

D’altra parte il sistema toscano con le linee di indirizzo sulla attività fisica adattata per le sindromi algiche e per le condizioni cliniche da ipomobilità stabilizzate negli esiti, di cui alla delibera di Giunta n° 595 del 2005, dispone di percorsi specifici ed originali di presa in carico immediatamente disponibili anche per programmi di prevenzione delle fratture in soggetti a maggior rischio.



Pagina: 11 - gli anziani fragili

La coerenza della politica sanitaria toscana. Gli anziani fragili: un universo conosciuto.
La Regione Toscana dispone di strumenti utili per “screenare“ la fragilità sanitaria e sociale del soggetto anziano, entrambe condizioni, probabili fattori di rischio, per un accelerato processo osteopenico ed osteoporotico.
• Il “ Progetto SIFÀ - Studio d’Intervento sulla Fragilità dell’Anziano ”.
• Il progetto di interesse regionale contenuto nel P.S.R 2005-2007 “ Attivazione di interventi di sorveglianza attiva a favore della popolazione anziana “ .
La metodologia utilizzata nei due progetti consente di strutturare all’interno del sistema toscano una modalità omogenea di approccio alle criticità della popolazione anziana.
La Medicina Generale è il terminale sensibile di entrambi i progetti: da qui parte una particolare attenzione al coinvolgimento dei medici di medicina generale nel progetto prevenzione della condizione osteoporotica: l’arruolamento dei soggetti anziani individuati nei due progetti, particolarmente a rischio di osteoporosi, rappresenterà uno degli indicatori di successo della iniziativa.
La filosofia del progetto. Gli attori coinvolti: il ruolo della Zona – Distretto e delle Società della Salute.
Il progetto si affida alla capacità di governo della salute della zona-distretto; i medici di medicina generale sono gli attori fondamentali nella strategia preventiva “population based approach“, con un ruolo diverso rispetto al tradizionale progetto educativo, un counseling, per una presa in carico “leggera”.
Quando il tema di interesse, e di intervento, assume un' alta prevalenza nella popolazione, e richiede di spostare nella direzione corretta la media dei comportamenti e stili di vita in atto è opportuno superare l’obiettivo individuale e privilegiare una visione di comunità, non dimenticando che nell’attuale contesto socio-culturale i cittadini manifestano un forte disagio, se non una vera e propria resistenza, verso modelli che non rispettano la propria esigenza di individualità.
Ad una necessità di sistema, e il rischio osteoporosi è una esigenza di sistema, dobbiamo rispondere con un progetto di sistema: complessivo, una rete di iniziative, anche comunicative, sinergiche.
Il progetto toscano fa propri i principi del marketing sociale promossi dal Center for disease control and prevention di Atlanta (Cdc) per la promozione della salute.
I principi del marketing sociale sono fortemente coerenti con la filosofia delle sinergie organizzate per la promozione della salute propria della Società della Salute.
E’ necessario, ad esempio, coinvolgere la grande distribuzione: evidenziare le acque minerali ad alto contenuto di calcio, rendere disponibili, ed immediatamente riconoscibili in settori alimentari della stessa tipologia, gli alimenti più ricchi di calcio; una sorta di percorso coerente, un colore unico, un simbolo da applicare.
In alcuni paesi europei il calcio è obbligatoriamente addizionato alle farine (Inghilterra), in altri è aggiunto ai fiocchi di avena (Danimarca), latte, cereali, succhi di frutta e dolci (Germania), latte (Grecia e Olanda), farina (Islanda e Irlanda) bevande a base di soia e farine di cereali (Svezia).
In Italia non esistono politiche a riguardo.
Il progetto è unico, dovrà essere conosciuto, riconoscibile e condiviso in tutta la Regione Toscana.
La forza del progetto è nella sua pervasività di sistema e di alleanze, una rete di iniziative che rinforza positivamente l’idea progetto .
Costruire un’alleanza e alleanze per la salute, per aggiungere vita agli anni sempre più disponibili per la popolazione anziana, e non, della nostra regione.
Assumere la vitamina D distribuita gratuitamente significa partecipare attivamente ad un progetto di promozione della propria salute, unico in tutto il territorio regionale, che questa iniziativa avvia: campagne informative specifiche accompagneranno l’intervento e sensibilizzeranno al tema i cittadini.
Non deve passare l’idea che il rischio osteoporosi si può combattere con i farmaci; la condizione osteoporotica è il risultato della nostra scarsa capacità di promuovere comportamenti e stili di vita per ...aggiungere vita agli anni !

Regione Toscana



Pagina: 12 - bibliografia

1. Bollettino d’Informazione sui Farmaci n° 3 2005
2. Royal College of Physicians. Osteoporosis. Clinical guidelines for prevention and treatment. Uptodate on pharmacological interventions and an algorithm for management. London 2001
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