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UNA STRANA CAUSA DI MORTE

Categoria : professione
Data : 02 ottobre 2022
Autore : admin

Intestazione :

Un "caso clinico" molto particolere, raccontato dal dott. Casimiri, di Collerotto



Testo :

Come ben sapevano tutti i partecipanti, in occasione del pokerino serale nel retro del bar, a turno toccava a qualcuno essere “messo in mezzo” dagli amici.

“Mettere in mezzo” essenzialmente consisteva in sfottò prolungati, riesumazione di episodi ridicoli o imbarazzanti, risate alle spalle del malcapitato di turno. Siccome prima o poi toccava a tutti nessuno se la prendeva più di tanto.

Quella sera era toccato a Casimiri, il vecchio medico condotto che da tanti anni proteggeva la salute dei borgatari. Il recente avvento del giovane e attivo Salvatore gli aveva alleggerito il carico di clientela, però, nell’ attesa di andare in pensione, Casimiri era ancora il Nume Tutelare della salute a Collerotto.

“ Bè, Casimì – cominciò Veronelli, il farmacista noto come “Er Pillola” – come va, la gente continua ad omaggiarti, vedo. Quando in Farmacia sono sprovvisto di un farmaco e cerco di sostituirlo con uno analogo, rischio ogni volta di essere linciato.
“ Casimiri mi ha scritto questo farmaco, e questo voglio!” ringhia ogni volta l’ interessato.
“ Ma quest’ altro è identico, cambia solo il nome!”
“ Casimiri mi ha scritto questo – mi ripete con aria sempre più feroce l’ interessato - e questo voglio!”.
Veronelli fece una pausa, apparentemente un pò geloso.
“ Ma è possibile che abbiano tanta fiducia? Ma che, non sei un essere umano? Non hai mai sbagliato pure tu, qualche volta? È vero che, come dice il proverbio, gli errori del medico li copre la terra, ma tu, onestamente, non hai qualche errorino che ti tarla la coscienza?”

Il silenzio calò sulla tavola. Tutte le orecchie si appizzarono per non perdersi la risposta. Era arrivato il momento…
“Magari qualche errore involontario lo avrai fatto pure tu, no?” insistette Veronelli.
E il silenzio che seguì indusse tutti i presenti a posare la carte sul tavolo a protendersi in avanti.

“ A dire la verità – esitò Casimiri – ogni tanto mi interrogo su qualche episodio professionale dubbio, ma ce ne e’ uno che mi è rimasto in mente da quando ero giovane. Non che fosse un vero errore medico, è stato un errore di comportamento; però mi ha lasciato il segno, mi ha insegnato qualcosa su come vanno trattate le persone.

“Ero un giovane medico, tirocinante, e frequentavo il reparto di medicina di un grande Ospedale. Il Primario era uno che “se la tirava”, e l’ aiuto non era da meno. Io ero l’ultima ruota del carro.
Una mattina, in occasione del giro di visite, la caposala venne a porgere al primario il fascio delle analisi effettuate il giorno prima, inviato dal laboratorio.
“ Uhm, questo va bene, quest’ altro ha un pò di insufficienza epatica, e il numero 17… - qui si interruppe, vedevamo le rotelle che giravano vorticosamente nel cranio – il 17 ha il Potassio alto!”

Coro di costernazione da parte degli assistenti
“Il potassio alto! Ma è terribile! Il potassio alto! Può venire un arresto cardiaco!”

Tutto il codazzo, a seguito del Grande Capo, si precipitò nella stanza del malato numero 17. Ma il 17 non c’era. Il letto era sfatto ma vuoto.
“ Dov’è il 17??? – sbraitò il grande capo rivolto alla caposala – È forse andato a fare qualche radiografia?”
La caposala, con aria smarrita sfogliava freneticamente le consegne della giornata e scuoteva la testa.

Il Grande Capo alzava sempre di più la voce, tutti giravano di qua e di la, senza concludere niente. Il compagno di stanza, il numero 18, cercava di dire qualcosa ma la sua voce intimidita si perdeva nel caos.
“È andato in bagno…” mi sembro’ di leggere dal labiale.

Mi precipitai di corsa verso i bagni. Nel corridoio incrociai un anziano mingherlino che lo percorreva in senso opposto tenendo in mano un asciugamano e un rotolo di carta igienica. Lo riconobbi subito: era il ricercatissimo numero 17. Lo afferrai per un braccio e lo trascinai quasi di corsa verso la stanza mentre cercavo di spiegarli cosa stava succedendo.
Lì fu subito circondato, afferrato, strattonato, sommerso di domande inquisitorie, steso di autorità sul letto. E mentre la sua aria placida si trasformava in una espressione sempre più atterrita, un assistente gli infilava un ago nella vena di un braccio, un altro gli auscultava il cuore, la caposala correva in farmacia per procurarsi i farmaci necessari.

Il professore spiegava a tutti che c’era pericolo di un arresto cardiaco, che il 17 era in pericolo, in grave pericolo, in immediatissimo pericolo. E mentre continuava ad istruire urlando il suo seguito, il numero 17 con gli occhi spalancati e attoniti, torse la faccia in una strana espressione atterrita, volse gli occhi al soffitto e si accasciò sul letto.

“Arresto cardiaco!” gridò l’ assistente che stava auscultando il torace.
“ Manovra di rianimazione!” gridò l’ aiuto montandogli a cavalcioni e cominciando a pompare il torace.
“ Chiamate il rianimatore! “ gridò l’ altro aiuto “ Portate il defibrillatore!”.
Il bailamme continuò per un pò, poi quando fu chiaro che non c’era nessun risultato, piano piano tutti si acquietarono.

“Siamo arrivati troppo tardi!” sentenziò il Professore. “ Il potassio è un assassino subdolo e letale”
“Ma come è possibile? – mi chiese il malato del letto 18, che si era alzato e si trovava vicino a me – Stava benissimo, era solo andato in bagno, stava tornando a letto tranquillo, come è possibile una cosa così?”
Mi guardava smarrito.
“ Ma sa – faccio io, smarrito quanto lui - gli arresti cardiaci sono così, possono venire all’ improvviso… Poi col potassio alto…”
“Oddio, Dottò – mi si aggrappò al braccio, terrorizzato – Oddio, e io il potassio come ce l’ho??”

Si sparse la voce, nel reparto, e per diversi giorni il potassio divenne il protagonista principale delle visite in corsia; la domanda che tutti facevano al Primario era: “Come ce l’ho il potassio?”.
E qualunque malattia avessero, dai calcoli renali all’ ulcera gastrica, ciò che per loro contava era il potassio.

A me era stato dato l’ incarico di riempire il modulo del certificato di morte del paziente 17 (si chiamava Augusto, solo allora avevo conosciuto il suo nome) e mentre lo contemplavo, incerto su cosa scrivere, pensavo che se magari in corridoio lo avessi affrontato più tranquillamente, se avessi cercato di tranquillizzarlo, se lo avessi un pò difeso dall’ ondata di paura che lo aveva sommerso, forse le cose sarebbero potute andare diversamente.

E mi resi conto che sul certificato stavo scrivendo un falso, un falso così sottile che nessuno, nemmeno gli investigatori della TV, avrebbe mai potuto contestare.
“Insufficienza renale, iperpotassiemia, arresto cardiaco” avevo scritto.
Ma se fossi stato una persona del tutto onesta avrei dovuto scrivere semplicemente “Morto di paura”.
Una morte inutile, forse evitabile, probabilmente causata dallo stress improvviso.
Da allora l’ episodio mi ritorna sempre in mente: quando mi trovo davanti un caso di malattia incurabile o fatale cerco di ricordarmi che non è solo un “caso”, ma una persona e che ha bisogno di essere sostenuta anche e soprattutto in quel momento, di sentire la vicinanza di persone amiche. È una cosa che in quei momenti così difficili può sostenere e magari rasserenare un pò. E faccio di tutto per farmi sentire vicino.

È per questo, con tutti gli errori che ogni essere umano può commettere, che sono diventato il medico che sono.
Chissà, a volte mi consolo pensando che magari qualche morte inutile potrei averla effettivamente evitata…”.

Il racconto di Casimiri terminò in un silenzio sepolcrale, mentre tutti gli ascoltatori osservavano il vecchio medico piegato silenzioso su se stesso, e trattenevano il respiro non sapendo cosa dire, timorosi di intervenire a vanvera.

E nel silenzio risuono’ stridente la voce scandalizzata di Teodoro:
“ A Casimi’, ma a me non l’ hai mica controllato mai il potassio!!! Ma che medico sei, a scordarti ‘ste cose???”.
Venne investito da una pioggia di improperi e di oggetti lanciati dagli altri presenti; Bruno lo prese per la collottola sollevandolo di peso e trascinandolo fino al bagno.

Casimiri dopo un attimo di esitazione, riuscì anche a sorridere
“Non lo trattate troppo male, non e’ colpa sua!”
Sembrò di risentire la predica domenicale di Don Bartolo

“ Amate i poveri di spirito, perche’ di essi e’ il regno dei cieli”.

Daniele Zamperini - 2022
Dal ciclo del Bar dello Zozzo



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