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Una terapia alimentare per la fibrosi cistica

Categoria : scienze_varie
Data : 30 novembre 1999
Autore : admin

Intestazione :

Spiragli per la terapia di questa patologia genetica



Testo :

13.10.1999
È spesso nella membrana che si nascondono le chiavi delle vie metaboliche cellulari. E proprio analizzando la composizione delle membrane di alcuni tessuti l’équipe di S. Freedman e J. Alvarez del Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston ha segnato un passo avanti verso la comprensione e la cura della fibrosi cistica, una malattia genetica fino ad oggi ritenuta incurabile.
Pochi giorni fa, al congresso annuale della Fondazione per la fibrosi cistica tenutosi a Seattle, i due ricercatori hanno annunciato di avere osservato, sul modello murino della malattia, una composizione particolare negli acidi grassi delle membrane cellulari di molti organi. Esiste infatti uno sbilanciamento a favore dell’acido arachidonico, a scapito di un altro componente, l’acido docosaenoico (DHA). Questo squilibrio, caratteristico dei topi affetti da fibrosi cistica, sembra rispecchiare un omologo difetto nella malattia umana. Integrando la dieta degli animali con grandi quantità di DHA per una settimana i ricercatori hanno osservato una regressione dei sintomi della malattia in tutti gli organi colpiti.
La fibrosi cistica è prodotta da mutazioni genetiche che determinano un difetto nei canali di membrana per il passaggio dello ione cloro. Questo genotipo risulta in una malattia caratterizzata dalla ridotta funzionalità di molti organi. In particolare, i polmoni soffrono di una congestione cronica che conduce a infezioni recidivanti. Fino a oggi la terapia si basava essenzialmente sull’uso di antibiotici, ma questa osservazione apre la strada a un nuovo approccio, già peraltro ipotizzato dalla farmaceutica Genzyme,
che se ne è accaparrata la proprietà intellettuale.
Il DHA è una sostanza comune, di cui esistono già integratori in commercio. La scarsità di dati sperimentali sull’uomo induce comunque ad una certa cautela riguardo alla messa a punto della terapia. La quantità di DHA richiesto per bilanciare gli acidi grassi nelle cellule umane è infatti sconosciuto, e sono ancora insufficienti i dati riguardanti la tossicità del composto ad alte dosi. Gli scienziati hanno comunque accolto questa scoperta con ragionevole favore.
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