LA COMMEDIA DELL’ARTE
Categoria : professione
Data : 27 dicembre 2023
Autore : admin
Intestazione :
Un racconto "natalizio" per i lettori di Pillole
Testo :
Si avvicinava il Natale. Non che fosse una novità, succedeva tutti gli anni. Il problema era che, come tutti gli anni, noi “patriarchi” come amavamo chiamarci, perché “anziani” non ci sembrava adeguato, venivamo sfrattati dalla saletta del poker.
Quella saletta, che per quasi tutto l’ anno era la nostra seconda casa, calda, intima, accogliente, diventava una buriana di strilli, urla, canti stonati, e le povere sedie dove avevamo posato le nostre nobili terga, diventavano piano d’appoggio di un sacco di roba informe, vagamente assomigliante a capi di abbigliamento accatastati.
Bruno se ne stava accasciato da una parte, su uno sgabello miracolosamente rimasto libero mentre Marisa andava impettita avanti e dietro con l’ aria di un sergente che passa in rassegna le truppe.
Il fatto era che le truppe mostravano poca voglia, mooolto poca, di rispettare la disciplina.
“ Insomma – gridava Marisa – se vogliamo fare la recita di Natale, dovete stare buoni, chè dobbiamo assegnare le parti!”
La parte femminile della truppa (ragazzine delle elementari) tutto sommato restava quasi in fila; la parte maschile (stessa età ma del sesso opposto) formava una specie di urlante caos, un mucchio informe di carne da cui sporgevano braccia e gambe impegnate a fare la lotta.
“ Bruno, aiutami, non so più che fare”. Bruno si alzò stancamente, poi si drizzò, gonfiò il torace ed emise un terrificante “ STATE FERMI!”. Inutile dire che nessuno osa disobbedire allo Zozzo che urla. Ogni movimento si bloccò di colpo, poi il groviglio di corpicini cominciò a dipanarsi furtivamente e i vari componenti si disposero pressappoco in riga. “ Bene – fece Marisa, con tono di sollievo – adesso possiamo cominciare a dare le parti. – guardò un bigliettino spiegazzato preso dalla tasca del grembiule – Allora, la direttrice mi dice che la Madonna la deve fare Pinuccia Ranieri. Chi è Pinuccia?”.
Avanzò di un passo una ragazzina allampanata, con trecce stoppose che masticava una gomma americana con l’ aria strafottente,. “ Sò io”. Cappa di gelo sugli organizzatori. Il Sachem, da un lato commentava la scena. “ Ma chi è quella? Ma proprio la Madonna dovrebbe fare? – e sottovoce – La Maddalena, semmai…” Serenella, seduta per terra vicino a me, con il notes in mano e la penna dietro l’ orecchio (perfetta immagine dell’ undicenne inviata speciale del giornalino scolastico) mi guardò con sufficienza, poi mi sussurrò all’ orecchio “ È la figlia della professoressa di Italiano, la Colasanti, perché se no farebbe la Madonna?” “ Ma scusa, Serenè, che c’entra la professoressa di Italiano delle medie nella recita di Natale delle elementari?” Uno sguardo di malcelato disprezzo, da donna adulta che parla con un ragazzino un po’ ritardato “Ma se la trattiamo male poi alle medie la Colasanti ce la farà pagare! È una vipera, Sachè, ché non la conosci?”. No, grazie al Cielo non la conoscevo direttamente, però l’ avevo intravista e ne avevo sentito tristemente parlare. Fisicamente era la copia della figlia: secca, stopposa, con l’ aria sempre leggermente schifata e supponente; a quanto si diceva godeva a pontificare coi colleghi (guardate quanto sono brava, io!) tanto che dietro le spalle la chiamavano La Regina dei Miei Stivali (o, nel sintetico linguaggio della borgata La Stronza). Inoltre godeva a tormentare gli alunni (e perfino i colleghi) anche per questioni minime, come gli errori di battitura sui documenti. Poveretti! Capivo come mai la figlia avesse preso quell’ aria di padrona della scuola.
Intanto avevo seguito con la coda dell’ occhio la distribuzione delle altre parti: una bambina paffutella avrebbe fatto l’ angelo, un’ altra, un po’ più grande la pastorella, Giuseppe l’ avrebbe fatto un ragazzino balbuziente e i tre re magi, per premio, i primi della Quinta A. L’ assegnazione del bue e dell’ asinello aveva provocato qualche tafferuglio: fughe, rifiuti e crisi di pianto. Nessuno voleva essere ricordato come “il Somaro di Natale” o “il Cornuto della Mangiatoia”. Una Marisa, ormai stremata e pentita dell’ incarico, decise di soprassedere al problema, riservandosi di decidere in seguito.
Uscirono tutti insieme affollandosi al portone. Rimasero indietro solo alcune mamme con relativi rampolli. “ Mi scusi, Marisa, ma perché mio figlio (o figlia, a seconda dei casi) non ha la parte che si merita? Perché non può fare l’ angelo, (o il Re Magio, o Giuseppe, eccetera) mentre è solo candidato a fare il bue o al massimo un pastorello?”.
Interminabili stremanti discussioni, contrattazioni, mezze promesse; solo molto più tardi Marisa riuscì ad asciugarsi il sudore e ad appoggiarsi al braccio di Bruno “Portami al Bar, Brù, anzi, no, portami direttamente a casa, se no casco lunga per terra”. “ Marì – rispose Bruno – dobbiamo trovà una soluzione, se no qui esci morta”.
Le cose non migliorarono con le prime prove: la Madonna pareva una professionista venuta dal Raccordo Anulare, un pastorello picchiò un angioletto perché, diceva, “le ali spettavano a lui, che era più buono”, l’ asinello piangeva per la vergogna e il bue cercava di incornare uno dei Re Magi, che lo aveva preso in giro. Scoprii che Serenella era stata nominata vice regista per cui correva qua e là con aria importante per dare una mano a Marisa, ma alla fine era anche lei fradicia di sudore .
“ Dobbiamo trovare una soluzione!” ribadì con forza Bruno, stavolta con tono definitivo. “ Sì, sì, assolutamente! - faceva Marisa, stravolta, e rivolta a me – Sachè, fatti venire un’ idea”.
Una parola! Io l’ idea ce l’ avevo, ma mica lo sapevo come l’ avrebbero presa! “ Marì – esordii – tu hai due figli, e devi pure dare una mano al bar, no?”. L’ interessata annuì, sollevata che qualcuno capisse i suoi problemi. “ Brù, tu devi rifare l’ inventario del magazzino, no?” In realtà l’ aveva fatto da poco ma siccome mi aveva capito al volo, annuì platealmente con aria dispiaciuta. “ Serenè, tu devi fare i compiti delle vacanze, no?” Serenella invece non capì “Sachè, ma c’ è tanto tempo… “ “ No, Serenè le cose vanno fatte nel tempo giusto, tu lo sai no? E se io ti dico che hai tanto da fare, è vero o no che hai tanto da fare?” Stavolta capì al volo “ Certo Sachè, se lo dici tu…” “ Bene, allora quale soluzione può essere migliore di quella di delegare il prestigioso incarico di regista e l’ altrettanto prestigioso di Vice regista a persone di alta capacità intellettuale, di alta dirittura morale, di capacità organizzative e pratiche addirittura sublimi e con tanto tempo libero durante le feste?” Mi guardavano con gli occhi sgranati. “ Insomma, per fare un esempio, alla Professoressa Colasanti e alla sua adorabile figliola???”. Vidi diverse mandibole che cadevano lasciando i proprietari a bocca aperta. “La Colasanti???” “Ma che sei matto?” “Sachè, ce rovini la festa!” Si parlavano addosso sovrapponendosi, disperati all’ idea. “ Sachè, non si può, la Colasanti è delle medie, non possiamo infilarcela”. “ Perché no? La regista è una figura autonoma, esterna, e oltretutto ha la figlia nelle elementari per cui… E poi – qui sfoderai la mia arma segreta – per evitare accuse di favoritismo, mica potrà mettere la propria figlia a fare la Madonna, no? Voi capite?”.
Capivano. L’ idea di Pinuccia Ranieri nascosta dietro le quinte anziché sul palco a fare una Madonna da bassifondi era troppo attraente! Che un’ eventuale figuraccia ricadesse sulla Colasanti era un valore aggiunto. E la consapevolezza di essersi liberati da un impegno del genere era a dir poco meravigliosa. Solo Serenella appariva dispiaciuta “ Sachè, ma io allora che faccio? Mi cacci via dallo spettacolo? Non è giusto, io ho fatto del mio meglio!”. Le feci l’ occhiolino: “Serenè, ma te pare? Devi solo avere un po’ di pazienza… Mò andiamo a convincere la Colasanti, e vi prego, siate adoranti e convincenti. Supplicatela, se occorre. Ricordatevi: ‘Siete In Missione Per Conto di Dio!’ ”. La citazione li galvanizzò, furono bravissimi, ottennero il risultato sperato e allora diedi inizio al Piano B.
***** Don Bartolo non era affatto contento. “ No, no e no! Volete mettere nei guai un povero prete per poter fare i comodacci vostri? – ci guardava con aria feroce – Io con la Colasanti non ci voglio avere a che fare!”.
Annabella mi guardava con aria offesa e amareggiata “Sachè, questo mi faresti? Mi vorresti mettere in mezzo a ‘sti pasticci? Ad Annabelluccia tua? – Il termine fece venire da ridere al lei stessa – Annabelletta … insomma alla tua amichetta Annabella qui presente?”
“ Sono in missione per conto di Dio!” – citai ancora con aria pomposa, schivando la ciabatta che Donbà, gridando “Eretico!”, mi aveva lanciato. Alla fine, però, ero riuscito a convincerli tutti e due.
*****
Così continuammo ad avvicinarci al Natale. Due volte quella settimana andai ad assistere alla disperazione della Colasanti, che si strappava i capelli sentendo un Giuseppe balbuziente che recitava monologhi incomprensibili. La figlia, dopo che qualche misterioso borgataro le aveva infilato un sacco sulla testa e l’ aveva un po’ maltrattata, si muoveva con molta maggiore cautela.
In fondo anche le prove erano un vero spettacolo: le femminucce ad esempio si sentivano grandi attrici e si muovevano enfatiche, con gesti così caricati da diventare ridicoli, guardando verso il pubblico con l’ aria di aspettarsi l’ applauso ad ogni parola.
L’ importante però, per la Colasanti, era rispettare alla lettera il copione che aveva buttato giù e che, da professoressa di italiano, era epurato di ogni minimo errore, grondante di congiuntivi e di termini astrusi che in borgata non avevano mai sentito. Perciò alla quarta “Ma-Ma-Marì, vi-v-i-vi-eni su 'sto mucchio de paja a riririposatte un po-pochetto” cominciava ad ululare come un lupo alla luna “ NONONO! Il copione dice ‘Vieni, o Maria, a stendere le stanche membra su questo povero giaciglio ‘ ”. E Giuseppe la guardava con aria stupita del tipo “Perché, io che ho detto?”
I maschietti erano generalmente più difficili da domare e interrompevano continuamente la recita ponendo quesiti esistenziali, del tipo “ Ma Gesù era della Lazio o della Roma?”. E siccome non riuscivano ad avere una risposta definitiva si sfogavano “abbellendo” la recitazione con dei fuori programma poco intonati al contesto. I Re Magi si litigavano le posizioni nel corteo scambiandosi pizzicotti. Credo di essere stato l’ unico essere al mondo a vedere la Colasanti con i capelli letteralmente dritti per lo sconforto. Quasi un orgasmo!
Sabato e domenica invece andai in parrocchia ad assistere alle prove della messa di Natale. Annabella aveva ricordato a Don Bartolo di aver fatto l’ insegnante e in più, da giovane, la corista. Aveva perciò espresso con vigore i suoi punti di vista convincendolo a modificare un po’ il copione, e a dare un taglio musicale particolare alla cerimonia.
“ L’ errore dei registi di mezza tacca – diceva - è il voler imporre un copione difficile ad interpreti non adeguati. Se il copione è troppo pomposo o contorto o comunque non adeguato alle capacità degli interpreti è inutile insistere a pretendere troppo da loro! È molto meglio fare il contrario, adattare il copione alle capacità degli attori. Se poi uno riesce a rendere divertente lo spettacolo, è il massimo…”.
Organizzò così scenette recitate alternate al coro di studenti della medie, un po’ jazz, un po’ gospel, un po’ semplicemente allegro, ma che finivano sempre con un’ Alleluia cantato entusiasticamente tutti insieme. E i più intraprendenti, seguendo l’ esempio dei film televisivi, si mettevano pure a infiorettare con accenni di balletto e gag mimate.
Il piano B prevedeva che lo spettacolo musicale arrivasse a sostituire del tutto la penosissima recita scolastica delle elementari, ma il progetto si dimostrava più difficile del previsto perché emersero dei lati molto sgradevoli. A dirlo pareva facile, ma dispiaceva mettere fuori gioco i bambini delle elementari che si erano tanto impegnati, a modo loro, nella recita. In alternativa allora avevamo pensato di fondere i due spettacoli alternando le scene tra i due gruppi, ma neanche questa era una soluzione facile: come mescolare in modo armonico due cose così diverse rispettando i gusti così diversi delle registe, evitando di rovinare tutto e di fare tutti una figuraccia? Oltretutto per ogni iniziativa da intraprendere insieme ci voleva il consenso di entrambe le scuole, un problema irrisolvibile. È vero, eravamo partiti con un maligno spirito di vendetta verso la Colasanti però ormai (sarà stato lo spirito del Natale) ci faceva quasi pena. Serenella difendeva a spada tratta la scuola elementare facendoci notare che la maligna vendetta contro la Colasanti sarebbe ricaduta sui bambini che, poverini, avevano l’ unica colpa di essere bambini. Si era creata così una sgradevole situazione di stallo. Sarebbe stato utile un piano C…
Mancavano pochi giorni alla rappresentazione, quando ci fu un’ evoluzione inaspettata. La Colasanti era scivolata per le scale procurandosi una forte distorsione alla caviglia a cui si era aggiunta, secondo il principio che ‘piove sempre sul bagnato ’ una laringite che l’ aveva resa afona. Una vera disdetta, aveva dichiarato con un filo di voce alla Preside, ma non era più in grado di seguire le prove e preparare lo spettacolo natalizio. Le veniva da piangere – giurò – al pensiero di interrompere questa tradizione.
Il seguito lo raccontano le cronache, un tantino aggiustate a dire il vero, pubblicate da Serenella: la Preside si rivolse a Don Bartolo pregandolo di far esibire in suoi coristi al posto della recitina dei bambini. “Certo, disse, non sarà la stessa cosa per quelli delle elementari, ma almeno faremo qualcosa”. Annabella e Serenella volsero uno sguardo implorante al Sachem: fatti venire un’ altra idea, imploravano con gli occhi, risolviamo qualcosa! Quando si aggiunse lo sguardo un po’ bovino di Don Bartolo, il Sachem non resistette alla pressione e l’ idea venne fuori. Emisi il mio grido di vittoria “ Eureka!” gridai. E siccome Serenella ovviamente mi guardava interrogativa, tradussi “Ho trovato!”. Era stato concepito un Piano C!
C’era da lavorare in fretta, il tempo scarseggiava. Trasferimmo tutti gli “attori” per le prove nella saletta dietro il bar, aggiungemmo al cast Vittorino, che si presentò con la chitarra e un paio di amici del suo complessino, poi con l’ aiuto di Bruno (l’ unico capace di tener buona quella marmaglia) cominciammo a preparare lo spettacolo nella sala-teatro della Parrocchia, l’unica così grande da poter ospitare entrambe le scuole. Annabella passò le notti a rivedere il copione adattandolo secondo i suoi criteri.
Malgrado i nostri timori fu un successo clamoroso, di cui si parlò a lungo, in borgata.
Una Natività presentata come commedia dell’ arte, un’ opera buffa con scene recitate piuttosto liberamente, con un rispetto piuttosto vago del copione, sottofondo musicale e alternarsi di canti e balli, non sempre legati perfettamente tra loro, ma pazienza, tanto era tutta roba natalizia... Giuseppe, che quando cantava non balbettava più ma tirava fuori una voce davvero non male, si esibì verso Maria in una serenata con una melodica dichiarazione d’ amore che fece venire le lacrime alle signore più sensibili. Il bue e l’ asinello si esibirono in un balletto (a dire la verità poco più di un dondolio di coppia) canticchiando con entusiasmo un “Noi salviamo Gesù, noi proteggiamo Gesù “ che strappò gli applausi. Le battute dell’ angelo vennero fuori incomprensibili, l’ attore si era emozionato e tirò fuori con aria stralunata un’ insalata di parole senza senso che però fece ridere a crepapelle gli spettatori. L’ ultimo dei Re Magi, un adorabile batuffolino biondo, porse a Gesù il suo dono: ” Gesù, ti ho portato il mio dono – ci pensò un attimo, non aveva mai capito perché i grandi la chiamassero mirra - La birra! – poi agitando il ditino ammonitore – però bevine poca, ché mamma dice che ai bambini fa male”. Fu il trionfo della spontaneità e dell’ umorismo involontario.
Alla fine, sospirando di sollievo e con un sorriso che andava da un’ orecchio all’ altro, Don Bartolo, Annabella e Serenella si inchinarono al pubblico che rideva e applaudiva, ciascuno indicando con orgoglio i propri pargoli.
Poi Don Bartolo chiese il silenzio.
“ Non sarebbe giusto – disse alla platea – dimenticare una persona che ha dedicato tanto del suo tempo alla creazione di questo spettacolo e che, solo per un terribile colpo di sfortuna, ha dovuto abbandonare all’ ultimo momento: La professoressa Colasanti, della scuola media. Professoressa, la prego, venga sul palco!” “ L’ aiuto io!” dissi mentre la Colasanti, seduta in seconda fila, si alzava faticosamente e si avviava verso la scaletta.
“ Mica ci hai fregato, sai, Professorè – le sussurrai all’ orecchio durante il tragitto - Lo so benissimo che nun te sei fatta niente. Mò prenditi pure gli applausi, non siamo gelosi, ma ricordati che per vivere in pace dovrai evità di fare la stronza, occhei? ”. Non parlò, forse la laringite era autentica, però mentre si inchinava al pubblico plaudente anche lei aprì un sorriso fino alle orecchie.
Ancora ci chiediamo: sarà stato il timore dei borgatari e del sacco sulla testa, o stavolta c’è stato un vero miracolo di Natale? Fatto sta che da quell’ anno non si sentirono più lamentele sulla Colasanti, la Regina dei Miei Stivali.
Daniele Zamperini - da "Ritorno al Bar dello Zozzo" - 2020 Matite di Roberta Floreani
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