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LA MORTADELLA

Categoria : professione
Data : 07 dicembre 2023
Autore : admin

Intestazione :

Eravamo tutti impegnati a discutere sull’ alimentazione. Oddio, non che fossimo degli esperti in alta cucina, ma siccome c’era gente che proveniva d disparate regioni italiane, ciaascuno perorava con animosita’ le specialita’ della propria zona. Poi c’era chi, come Veronelli, concordava su qualsiasi vivanda che fosse buona e ben condita (e il suo girovita ne era testimone implacabile).



Testo :

C’era chi (pochissimi in verita’) esaltava la dieta vegetariana o addirittura vegana, chi discuteva della dieta mediterranea, chi preferiva il pesce alla carne, e viceversa.

Piano piano la discussione si era spostata dalla pura e semplice degustazione all’ aspetto salutistico dei vari menu, con ciascuno che ribadiva con fervore quanto letto o ascoltato qua e la’, che questa o quella dieta era l’ unica che consentiva di vivere infallibilmente oltre i cento anni.

A questo punto l’attenzione dovette per forza appuntarsi su Casimiri, il fantastico e adorato medico della zona, che fino a quel momento se ne era restato appena u po’ in disparte, pensieroso e silente.
Casimiri pero’ non si esprimeva, e rimaneva silenzioso.
Era strano, ma sembrava immerso nei suoi pensieri, sordo a quanto si svolgeva intorno.

Poi si scosse.
“Volete sapere quale e’ la dieta che fa vivere piu’ a lungo? Volete proprio vivere qualche tempo in piu’, a qualsiasi costo? Ne siete sicuri? – Fece scorrere lo sguardo sui presenti - Voglio raccontarvi una storia…”

Il clamore si ammutoli’: era molto raro che Casimiri raccontasse in giro qualcuno dei suoi casi, e nessuno voleva perdere l’ occasione. In silenzio si creo’ subito un circolo di sedie, intorno.

“Ecco – comincio’ – Oggi ho dovuto compilare il certificato di morte di Ubaldo. Lo conoscete, no? E’ quell’ anziano che vive con la famiglia alla periferia della borgata. Ancora non lo sapete, ma e’ morto oggi, in occasione del suo 98^ compleanno. Ve lo ricordate? Era stato sempre attivo e vigoroso, fino a qualche mese fa, quando venne colpito da un ictus devastante che lo costrinse, paralizzato e semiincoscente, a letto.
Naturalmente venne ricoverato in ospedale ma li’, dopo una serie di accertamenti e di tentativi di cura, i medici conclusero che la situazione era ormai disperata: non si muoveva, non parlava, giaceva ad occhi chiusi, rantolando. Le terapie non sembravano fare alcun effetto.
Data la situazione e vista l’ eta’ venne deciso di dimetterlo e di farlo seguire a casa, per i suoi ultimi giorni, dai servizi territoriali della ASL.
Conoscete anche i suoi familiari, no? La moglie e’ una tipina timida, sempre pronta a fare quanto le dicono quelli che contano; e quelli che contavano, nell’ occasione, erano gli addetti domiciliari della ASL.
“Mi raccomando – le diceva con tono aggressivo il capo-equipe – lasciatelo cosi’: non dategli niente, che e’ inutile. Non tentate di dargli da mangiare o da bere, che’ cosi’ lo faremmo solo soffrire piu’ a lungo. E’ meglio lasciare che le cose facciano il loro corso. Morira’ in poche ore, al massimo uno-due giorni”.

“Io sono passato a trovarli – continuo’ Casimiri - in fondo ero il loro medico di famiglia da anni e loro mi consideravano di famiglia. La moglie piangeva a dirotto, consolata dai figli, senza nemmeno avere il coraggio di guardare il marito.
Lo guardai io: volto incavato, occhi chiusi, labbra secche e screpolate, corpo abbandonato, respiro rantolante. Era indubbiamente senza speranza. Per un attimo sembro’ aprire gli occhi e guardarmi, e la lingua secca e patinosa sembro spuntare dalle labbra.

“Ma bagnategli le labbra! – non riuscii a trattenermi – non lo vedete che ha sete??”
“Ma ci hanno assolutamente ordinato di non dargli niente, che deve finire cosi’, che gli farebbe male!”
Guardai quel corpo quasi esanime sul letto: “Ma cosa volete che possa fargli male? – feci la mia voce autoritaria – Ordine del medico: dategli subito un po’ di acqua!”

La moglie corse al capezzale con un fazzoletto bagnato, e glielo passo’ sulle labbra. Ubaldo lo ciuccio’ avidamente, cosi’ la moglie, guardandomi in cerca di approvazione, lo bagno’ di nuovo, e cerco’ di fargli scorrere un po’ di acqua nella bocca riarsa.
Procedemmo cosi’ per qualche minuto, poi il malato ha mosso la bocca come cercando di dire qualcosa; la moglie si precipito’ cercando di capire cosa stava cercando di dire. Lui biascico’ ancora qualcosa, una volta, due volte. Si esprimeva nel suo dialetto originario, cosi’ per me era ancora piu’ incomprensibile. Poi la moglie si volto’ esterrefatta verso di me.
Non riuscii a trattenermi. “Cosa sta dicendo?”
Lei mi guardo’, ancora esterrefatta.

“MORTADELLA!” disse, e ripete’ “Mortadella…”

“Mortadella???” Ripetemmo in coro tutti i presenti.
La moglie mi guardo’ con aria di preghiera “Mortadella” ripete’
Ci siamo guardati, e tutti sembravano pendere dalle mie labbra. Trassi un profondo respiro...
“E MORTADELLA SIA!”

Be’, ve la faccio breve: i famigliari, a turno, gli bagnavano le labbra e gli passavano pezzi piccolissimi di mortadella (accuratamente scelta) tra le labbra. Ubaldo la ciucciava avidamente. Poi chiudeva gli occhi e tutti pensavano che fosse arrivato il momento ma, poi li riapriva e faceva sporgere la punta della lingua, riapriva appena le labbra, succhiava un po’ di acqua e ciucciava qualche pezzettino di mortadella che la moglie o i figli gli infilavano tra le labbra. Pezzetti minimi, appena sufficienti a lasciargli un po’ di sapore, ma lui sorrideva, quasi in estasi.
Poi i pezzetti aumentarono un po’ di dimensione. E’ andato avanti cosi’ alcune ore, mi dicono, poi nel pomeriggio e’ venuto a mancare.

Io l’ ho visto, anche le labbra secche e contorte parevano atteggiate in un sorriso estatico, felice. La moglie mi disse che le sembrava averlo sentito biascicare qualcosa come “Dio vi benedica”, ma naturalmente non ne era sicura. Pero’ il sorriso sul volto, anche se contorto, era indubitabile.

“Be’ - concluse Casimiri facendo scorrere lo sguardo sull’ attentissima platea – Voi pensate che tenere Ubaldo a digiuno o a minestrine ospedaliere gli avrebbe magari potuto prolungare la vita di qualche ora? Ne dubito fortemente! Ma anche se fosse vero, era veramente importante fargli vivere qualche ora in piu’ infelice, tra le sofferenze anziche’ aiutarlo a morire felice? Intendiamoci, non si tratta di praticare eutanasia, ma solo di evitare l’ accanimento terapeutico e facilitare un sereno trapasso. In questo caso il cibo desiderato era stato il regalo piu’ grande.”.

Riprese l’ aria pensierosa:
“Chissa’ perche’ proprio la mortadella? Forse era legata a qualche ricordo importante, o forse la sua malattia ne esaltava il sapore e la gradevolezza. Be’, credo di aver parlato anche troppo, per cui vi informo: ora vado a cena e assaggero’, moderatamente, e’ ovvio, qualcuno di quei cibi buonissimi che vengono quasi dimenticati per supposti motivi di salute. Solo piccole quantita’, sono sempre un medico, ma nei pochi secondi di degustazione ripensero’ a Ubaldo, e alla lezione che mi ha impartito: vale la pena rinunciare alle cose buone della vita solo per vivere qualche minuto o qualche ora infelice in piu’? – Sorrise – Meditate, gente, meditate… E ricordatevi della mortadella…”.

Era ormai ora di cena; ci disperdemmo in silenzio, pensierosi. Credo che ognuno di noi, quella sera, abbia apprezzato con molto gusto e attenzione le cose buone che gli venivano servite nel piatto.

Anche l’ umile mortadella…


Daniele Zamperini
Annamaria Pullara



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stampato il 22/11/2024 alle ore 06:37:05