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L'AMORE TOSSICO

Categoria : professione
Data : 08 aprile 2024
Autore : admin

Intestazione :

[Un amore grande, sprecato...]



Testo :

Casimiri era venuto a trovarmi al bar e, senza essere invitato, si era stravaccato sulla sedia di fronte. Non che ci fosse qualche problema: lui era uno dei pochi che il Sachem considerava di casa, e gli erano permesse cose che agli altri avventori non erano concesse.

Quello che invece mi mise in pensiero fu l’ espressione cupa, che non gli era usuale.

Malgrado Casimiri stesse da tempo parlando di andare in pensione, erano mesi che ne parlava senza decidersi, era troppo affezionato al suo lavoro, ma oggi non sembrava proprio soddisfatto.

Posai il giornale che stavo leggendo.
“Buona giornata, Casimi’, come mai da queste parti? Hai chiuso lo studio in anticipo, oggi?”.
Penso che qualcosa della mia preoccupazione trapelasse malgrado i miei sforzi.
“No, ho lasciato lo studio a Salvatore, ci pensa lui. Devo andare in pensione, Sache’, ormai devo proprio andare in pensione…”.

Bruno, che gli ingenui considerano tutto muscoli e poco cervello, aveva invece intuito che qualcosa non andasse, e si era affrettato a portare due caffe’. Poi si era allontanato; faceva finta di non sentire, ma ormai lo conoscevamo troppo bene…

“ Oggi mi e’ capitato un caso particolare – riprese Casimiri – che mi ha fatto davvero riflettere molto. Te lo ricordi Mario il Fumaiolo?”

Certo che lo ricordavo: un giovanotto allampanato, sempre ingrugnato, che girava per le zone periferiche di Collerotto e nelle borgate vicine. Si era guadagnato il soprannome gia’ da adolescente, quando a scuola venne sorpreso piu’ volte nel sottoscala intento a fumarsi una canna. Il problema era che non si limitava a fumare (cosa che gia’ orripilava gli insegnanti e i bidelli) ma riusciva a trasmettere la sua abitudine agli altri scolari.
Quando alla fine, dopo ripetuti tentativi, riuscirono a fargli superare gli esami e a farlo uscire dalla scuola, si era ormai creata la fama di affidabile spacciatore di prodotti “da sollazzo”.

“ Era rimasto mio paziente, iscritto alla Mutua – raccontava Casimiri – e veniva da me per scroccarmi ogni tanto qualche ricetta di analgesici (che io rilasciavo con molta prudenza e parsimonia) o di sciroppi per la tosse a base di codeina, che utilizzva soprattutto quando rimaneva a corto delle sua sostanze preferite. Sono riuscito a tollerarlo soprattutto per la madre, una povera anziana vedova, persona per bene, a cui ero profondamente affezionato.

I miei rapporti col Fumaiolo si ruppero definitivamente quando riusci’ a rubare dal tavolo della mia segretaria qualche foglio di ricettario da utilizzare… be’, immagini come.

Aveva dimenticato pero’ che a Collerotto ci conosciamo tutti benissimo, per cui Veronelli, quando si vide presentare in farmacia una mia ricetta scritta e firmata con una calligrafia evidentemente “estranea”, la trattenne e mi telefono’ per avvertirmi.

Tu mi conosci: questa cosa mi fece infuriare: tradire cosi’ la mia fiducia, non si poteva tollerare! Percio’ telefonai a casa sua e parlai con la madre: le spiegai, cercando di essere gentile, che lei godeva la mia stima e fiducia e che la cosa non la riguardava direttamente ma, per quello che era successo, mi sentivo costretto a cancellare Mario dall’ elenco dei miei assistiti e che, solo per rispetto a lei, non lo denunciavo.
La madre non fece obiezioni, anzi mi meravigliai del tono dimesso con cui accetto’ la mia decisione”.

Lo interruppi: “Ma Parrocchi non te ne aveva parlato? Lo tiene d’occhio da tempo. Ormai lo sanno tutti che del Fumaiolo non bisogna fidarsi…!”

“Il fatto vero e proprio pero’ e’ successo solo oggi: la Sora Carmela, la madre del Fumaiolo, è venuta da me in studio, dopo tanto tempo che non la vedevo.
Era in stato pietoso, con i vestiti che le pendevano addosso, con la faccia gonfia e arrossata, le lacrime agli occhi, e camminava strascicando i piedi.
E quando le ho chiesto cosa fosse successo scoppiò in un pianto dirotto, non riusciva a dire una parola. Le ho dato tempo, ma poi ho cominciato ad insistere: cosa era successo?

Solo alla fine, è riuscita a parlare:
“Mario e’ stato investito da una macchina, l’ hanno portato in Ospedale, e’ gravissimo, non si sa se ce la fara’…”.

Puoi capire Sache’, ho sentito un’ ondata di pieta’ per quella povera donna, ma piu’ cercavo di consolarla, piu’ lei continuava a piangere; l’ ho abbracciata, ma lei si e’ scostata come se le avessi fatto male.
Solo dopo un po’ il pianto si e’ interrotto e lei, con gli occhi bassi, ancora colmi di lacrime, tiro’ su le maniche del vestito scoprendo le braccia.

Dovevi vede’, Sache’, erano piene di lividi, qualcuno fresco, altri di vecchia data, tutte ecchimosi con sfumature di varie eta’. Sono allibito e ho lasciato perdere ogni ritegno: le ho sollevata un po’ la gonna, poi ho scostato il colletto aprendole un po’ la camicetta, ed ho intravisto una serire di segni simili che, ero disposto a scommettere, erano disseminati anche sul corpo.

E mentre io, allibito, ho continuato a tacere, lei ha finalmente alzato il viso, gonfio e tumefatto, e ha ricominciato a parlare:
“ E’ stato Mario, dotto’! E’ tanto tempo che mi ruba tutti i soldi che ho in casa! E mi ha rubato tutti gli ori, anche la fede del mio povero marito! E quando non ne trova abbastanza – e qui c’e’ stato un nuovo scoppio di lacrime – allora mi prende a calci e pugni per la rabbia …”

“Io non riuscivo ancora a dire nulla.”

“ E oggi e’ stato investito sotto casa, e mi dicono che forse e’ un incidente o forse so’ stati i compari suoi! E gli infermieri dell’ ambulanza cercavano di incoraggiarmi, dicendo che ce l’ avrebbe fatta, anche se dalle loro facce si capiva che non ci credevano. E i vicini di casa sono tutti venuti a consolarmi mentre io piangevo a dirotto, piangevo e pregavo.

Ma lo sai cosa pregavo, dottò? Che non ce la facesse, che morisse, che Dio se lo portasse via! Gesu’ – piangevo - fallo morire!”
E continuò a piangere a dirotto.

“Tu hai capito, Sache’? – conclude Casimiri con un alito di voce – capisci come si è ridotto il mondo, con una madre che prega perchè il figlio muoia? E ci credi quando ti dico che mi sono scoperto a pregare con lei, dentro di me, per la sua morte?
Io, che ho giurato di difendere la vita, sempre e di tutti, io, senza distinzione alcuna!
Capisci perche’ me ne voglio andare in pensione?
Non ce la faccio più, Sache’, non ce la faccio più…

Non me la sento piu’ di affrontare queste situazioni, di sostenere i poveracci, di consolare gli afflitti, quando vedo che tutto questo e’ inutile, che il dolore contro cui lotto e’ causato da altri esseri umani, spesso proprio quelli che dovrebbero invece essere i più vicini, i più affettuosi, i più protettivi…

Quando un medico, abituato a lottare per la vita, arriva a pregare per la morte di qualcuno, non puo’ piu’ fare questo mestiere! Dentro di me si e' spezzato qualcosa…”


Daniele Zamperini – 2022 – “Ricordando il Bar dello Zozzo”
Matite di Roberta Floreani



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stampato il 21/11/2024 alle ore 22:14:24