UNA VITA DI CORSA
Categoria : professione
Data : 01 agosto 2024
Autore : admin
Intestazione :
Quella sera non avevamo voglia di giocare a carte. L’ aria tiepida che veniva dalla campagna, carica del profumo dell’ erba pareva fatta apposta per illanguidire gli animi e indurre al riposo. Così stavamo tutti semiappisolati sulle sdraie del portico posteriore, con una birra in mano.
Testo :
“ Casimì – fece Bruno, ad un certo punto – levame una curiosità: come mai uno come te, un medico con un sacco di specializzazioni che stava per diventare famoso in tutta Italia, si è venuto a rinchiudere qui a Collerotto, a fare il medico della mutua? “ Casimiri si limitò a grugnire, e Bruno continuò “ Sei venuto qui già ad una certa età. Perchè? Hai rinunciato ad una vita di soddisfazioni: potevi viaggià, dicono che le infermiere sò disponibili e brave, coi medici, e mica solo professionalmente. Mò te sei chiuso qui. Ma perchè?” Casimiri posò la birra sul pavimento. “Aspetto de morì” Rispose dopo un attimo.
Le conversazioni tacquero, i presenti sembravano svegliarsi all’ improvviso. Tutti fissammo Casimiri, che riprese a parlare con un sospiro. “ Ho un cancro – disse in soffio – e ce l’ ho da tanto tempo. – Le parole sembravano uscire a fatica – Ero giovane quando, facendo delle analisi per una sperimentazione all’ Università, risultai portatore di un gene oncologico latente. Oncologico – spiegò per i meno colti – significa che può attivarsi da un momento all’ altro e scatenare un tumore devastante. Latente significa che per ora è dormiente ma non si può sapere per quanto. E questo è tutto! “
Tutto??? Ma come è possibile pretendere di sentire un’ esplosione del genere e poi far finta di niente? Dopo poche secondi tutte le sedie si erano strette intorno a Casimiri bloccandogli ogni uscita.
“ Va bè, Casimì, ma questo non spiega… Perchè sprecare la vita in una borgata come Collerotto quando potresti trascorrere il tuo tempo in modo più piacevole? – Cercavo di capire – Non hai voglia di vedere il mondo, di vivere, insomma? Qui ci vengono solo i disperati e chi non sa dove andare…”
“ È proprio per questo, che sono venuto qui! – e mentre lo guardavamo cercando di capire , lui fece un sorrisetto – Io ho già vissuto, Sachè ho vissuto almeno tre volte… “
Sarà stata la serata tiepida, ma Casimiri stavolta non si interruppe. Stavamo tutti in silenzio per capire le sue parole, appena sussurrate, come una persona che parla solo tra sè.
“ Vedi, Sachè, ero giovane quando mi sono accorto di avere quel virus che si era annidato dentro e che, per quei tempi, non era eliminabile in alcun modo. Vi potete immaginare come mi crollasse il mondo addosso. Non è un modo di dire: solo chi ci è passato può capire come davanti a lui, alle sue prospettive, ai suoi progetti, ai suoi sogni, cadessero delle paratoie, delle saracinesche impenetrabili, contro le quali era completamente inutile bussare. Avevo cominciato solo da poco a porre le basi del mio futuro, e le vidi crollare tutte insieme, rovinosamente”.
Continuavamo a tacere, presi dal dramma di quella storia.
“ Solo che, come sussurra qualcuno che mi conosce, io sono più testardo di un mulo e più duro di una roccia. E tu non ridere, Brù! Mi guardai metaforicamente allo specchio, e mi feci un discorsetto ‘Caro mio – mi dissi – con tutti i tuoi studi, con tutta la tua scienza, stai andando incontro ad un avversario che non puoi sconfiggere. Tu lo sai bene, alla fine vincerà solo lui. Ma se non puoi batterlo in campo aperto cerca di batterlo con l’ astuzia: se la tua vita sarà più breve, cerca di buttarci dentro tutto quello che puoi: fai in modo che alla fine, quando arriverà, potrai dire quasi ridendo: ti ho fregato, ho vissuto una vita intera”.
“E così – continuò Casimiri, - mi sono buttato freneticamente nella vita, con tutta l’ energia che mi era rimasta, con tutta la frenesia di portare a termine tutto nel tempo più breve, così avrei avuto meno rimpianti. Studi, viaggi, famiglia, figli. Poi affari, amicizie, progetti accavallati, lasciato uno e preso un altro, per vivere, vivere, vivere! Oddio, non posso negare di aver avuto i miei momenti brutti, ma per fortuna sono sempre riuscito a superarli, e anche – un sorrisetto soprappensiero – per vivere piacevolmente”.
“ Come sarebbe?” Chiede Teodoro, che non era mai stato troppo sveglio.
“ Bè – fa Casimiri – la mia famiglia mi ha aiutato… - e gli scappa fuori una strana risata – una moglie pestifera, un barattolo di pepe ambulante, da prendere a pizzichi molto piccoli; poi dei figli balzani ma fantastici; poi un sacco di amici. Devo confessare che qualche volta non sono stato un santo, magari qualche volta ho deragliato dalla retta via – fece un sorriso sghembo vedendo l’ aria di disapprovazione di Donbà – ma ho sempre cercato di non fare mai del male a nessuno. Sono solo un essere umano, pure io, e pure io a volte ho avuto bisogno di amare e di sentirmi amato.”
“ Ma che c’entra questo con Collerotto? – interviene Bruno, concreto come al solito – perchè alla fine hai mollato tutto e sei venuto a stare qui?”
“ È difficile da spiegare. A un certo punto, dopo aver superato un momento di difficoltà, mi sono fermato un attimo a fare il punto. Era tanto tempo che, trascinato dalla corrente e dal bisogno di vivere, non mi ero più reso conto dove ero arrivato. E a quel punto mi sono accorto di una cosa: avevo fatto tante cose, visto tanti posti, provato tante emozioni da aver riempito molto più di una vita. Mettendola a confronto con la maggior parte della gente che conoscevo, ne avevo vissute almeno due, se non addirittura tre; e allora ho capito, o meglio me lo sono sentito dentro, che quello che volevo adesso era soprattutto la pace. Ho mollato un sacco di impegni e sono subentrato ad uno che stava andando in pensione, e sono capitato qui. Ho trovato amici e gente che mi piaceva, e ora cerco di insegnare a quelli di Collerotto a vivere tutto il tempo che hanno a disposizione, senza sprecarne nulla perchè è l’ unico modo per fregare il destino”.
Fece una pausa e riprese la birra che aveva posato a terra. “Stasera mi avete preso in un attimo di debolezza ma sia chiaro che non se ne deve parlare più”
Seguì un lungo silenzio, durante il quale sembrò che pure le mosche tacessero in raccoglimento. La moglie di Bruno si accostò istintivamente come per abbracciare Casimiri, poi la conversazione riesplose in un turbinio di domande, ipotesi, incoraggiamenti, pacche sulle spalle e tutti i modi in cui si manifestava il bisogno di farsi sentire vicini. Durò qualche minuto poi si placò e tutti, un pò imbarazzati, si ritrassero indietro. Bruno portò un pò di birra e tutti, con una sorta di pudore, si rimisero a cambiare discorso parlando di calcio e delle solite cose.
Mi accostai a Casimiri: “Scusa, ma sono passati un sacco di anni, possibile che non si sia trovato qualcosa di utile, per risolvere ‘ sta faccenda?”. Mi guardò, con l’ ombra di un sorriso “ Bè, in effetti la scienza è andata parecchio avanti, ma si sa che le cose non sono mai certe: le cure che sono uscite fuori potrebbero funzionare oppure no, ma quello che conta è che nulla potrà più togliermi quello che ho vissuto. Io resto qui, Sachè – e il sorriso si allargò, un pò beffardo - E sia chiaro: finchè Dio lo vorrà, io resterò qui a rompervi le palle!”
“ Sopporterò virilmente, Casimì – ridacchiai io di rimando - solo che mi è venuto un dubbio: ma quello che hai raccontato è proprio tutto vero? Ricordo male o tu sei quello che inventava storie pure ai pazienti per farli sentire meglio? Mi ricordo di Carlini e della sua impotenza, tanto per esempio. Ma allora tutta ‘sta storia così sentimentale e strappacore, è proprio vera o te la sei inventata?”
Il sorriso si allargò ancora “ E che ne so, Sachè, è l’ età, non mi ricordo più… Non mi ricordo nemmeno quello che vi ho raccontato. Magari mi sono inventato tutto. Eh, sì, può essere. Prendilo come un racconto da marinaio. Ma in fondo, amico, che importanza ha??” E ci abbracciammo.
Al Bar dello Zozzo – Daniele Zamperini – 2020 – Matite di Roberta Floreani
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