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Comunicazione elettronica arma impropria (parte 3): diffamazione

Categoria : professione
Data : 06 dicembre 2024
Autore : admin

Intestazione :

(Segue dalla parte 2)
La diffamazione (art. 595 c.p.).



Testo :

Il reato di diffamazione è codificato nell'art. 595 c.p. che punisce, con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a euro 1.032, “chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente (l'ingiuria, n.d.r.), comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione”.
La pena è aumentata alla reclusione fino a due anni od alla multa fino a euro 2.065, nel caso in cui “l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato”.
Un ulteriore aumento di pena (reclusione da sei mesi a tre anni o multa non inferiore a euro 516) è poi previsto nel caso in cui “l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico”.

Gli elementi essenziali del reato di diffamazione, dunque, sono:
a) - l'offesa alla reputazione di una persona, e cioè all'insieme delle sue qualità morali, sociali e professionali per come percepite nell'ambiente di riferimento:
in altri termini, l'insieme delle opinioni che l'ambiente sociale e professionale ha in merito all'integrità della persona offesa. Per tali ragioni, la capacità lesiva dell'offesa deve esere valutata in rapporto alla personalità delle parti (offensore ed offeso) ed in relazione al contesto (particolare e sociale) in cui l'offesa viene proferita. Peraltro, non è necessario che la persona offesa sia identificata con il proprio nominativo, essendo sufficiente la sua individuabilità in via deduttiva. Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è maggiore, a causa della maggiore credibilità dell'offesa stessa, poiché circostanziata: tranne che in ipotesi particolari, l'offensore non è ammesso a provare, a sua discolpa, la verità o la notorietà del fatto attribuito alla persona offesa. Una speciale aggravante è poi prevista dall'art. 3 D.L. n. 122/1993 (conv. Legge n. 205/1993), in caso di discrimazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;
b) - la comunicazione con più persone. Secondo la giurisprudenza, non è necessario che la comunicazione sia inviata a più persone “contemporaneamente”, potendovi anche essere comunicazioni che si susseguono nel tempo. Inoltre, il reato è integrato anche nell'ipotesi in cui l'offensore comunichi con una sola persona, ma nella consapevolezza che quella comunicazione giunga comunque ad altri soggetti. La pena è maggiore se la comunicazione avviene con la stampa od altro mezzo di pubblicità: a tal ultimo proposito, risulta evidente che lo strumento dei social media e, più in generale, di internet, costituisca un mezzo di notevole “pubblicizzazione” dell'offesa, in quanto capace di raggiungere un numero esteso ed indefinito di persone in brevissimo tempo: pertanto, la diffamazione a mezzo internet costituisce una fattispecie aggravata.
E' fondamentale, quindi, che nell'ambito delle comunicazioni elettroniche (e delle comunicazioni in generale) i soggetti mantengano sempre un contegno di adeguata continenza espressiva, verbale e scritta.

Ciò non esclude, tuttavia, la legittimità del diritto di critica e del diritto di cronaca, il cui esercizio costituisce una causa di esclusione del reato: a tal fine, però, è necessario che vengano rispettati i requisiti della verità del fatto e della pertinenza/rilevanza della notizia, nonché della congrua motivazione dei giudizi di disvalore espressi in merito all'integrità della persona offesa.

Come per l'ingiuria, è prevista la causa di non punibilità della provocazione, in caso di stato d'ira determinato da un fatto ingiusto altrui.
Il reato di diffamazione è perseguibile a querela di parte, da presentarsi entro tre mesi.

La tutela risarcitoria dell'offeso.
Per quanto riguarda la tutela risarcitoria del danneggiato, si evidenzia quanto segue:
[/b]a) - nel caso di reato (diffamazione): il danneggiato può scegliere se costituirsi parte civile nel processo penale, oppure se agire innanzi al giudice civile. [/b] Nel primo caso, il risarcimento del danno sarà oggetto di una condanna generica (se del caso, con riconoscimento di una provvisionale), da azionare in un successivo giudizio civile per la concreta liquidazione degli importi risarcitori. In questa ipotesi, il danneggiatonon dovrà più fornire, in sede civile, la prova dell'an (e cioè, “se” è stato danneggiato), ma soltanto la prova del “quantum” (e cioè, soltanto l'ammontare dei danni subìti). Nel secondo caso, invece, il danneggiato dovrà dimostrare in sede civile sia l'an, sia il quantum della sua pretesa risarcitoria;
b) - nel caso di illecito non costituente reato (ingiuria): il danneggiato (come gia' detto nel cap. precedente) può agire esclusivamente in sede civile;
c) - in ogni caso: il risarcimento può comprendere, oltre al danno patrimoniale previsto dall'art. 2043 c.c., anche il danno non patrimoniale previsto dall'art. 2059 c.c. (danno morale e d'immagine);
d) - il danno patrimoniale comprende sia il danno emergente (perdita secca), sia il lucro cessante (mancato guadagno), e si estende (in caso di dolo) anche ai danni non prevedibili all'epoca del fatto. Peraltro, il giudice può eseguire una valutazione equitativa dei danni, ogni volta che non sia possibile stabilirne la misura precisa, con equo apprezzamento delle circostanze del caso in ordine al lucro cessante;
e) - il danno non patrimoniale, essendo un danno-conseguenza al pari di quello patrimoniale, va sempre dedotto e provato (anche tramite il notorio o le presunzioni), essendo la giurisprudenza ormai indirizzata a negare la sussistenza del danno cd. “in re ipsa”;
f) - ai sensi dell'art. 120 c.p.c., “Nei casi in cui la pubblicità della decisione di merito può contribuire a riparare il danno … il giudice, su istanza di parte, può ordinarla a cura e spese del soccombente, mediante inserzione per estratto, ovvero mediante comunicazione, nelle forme specificamente indicate, in una o più testate giornalistiche, radiofoniche e in siti internet da lui designati”. E' opportuno evidenziare che tale pubblicazione non comporta la riduzione dell'entità del risarcimento del danno in favore del danneggiato, poiché opera su un piano parallelo a quello economico e poiché serve a tutelare (anche) il generale interesse della collettività alla circolazione di notizie non false;
g) - la prescrizione dell'azione in sede civile è determinata in 5 anni, ai sensi dell'art. 2947 comma 1 c.c.. Tuttavia, nel caso di reato trova applicazione il comma 3 della suddetta norma, secondo cui “se per il reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applica anche all'azione civile” (per la diffamazione 6 anni, oppure 7 anni e mezzo in caso di atti interruttivi);
h) - preliminarmente all'azione civile risarcitoria, il danneggiato può agire in via cautelare civile, con lo strumento del ricorso d'urgenza ex art. 700 c.p.c., al fine di ottenere, ad esempio, la cancellazione di frasi diffamatorie in siti web o pagine telematiche, così come, in sede penale, può chiedere il sequestro preventivo della pagina telematica dal contenuto diffamatorio. Tale ultima tutela, però, non si applica nei confronti della stampa e, quindi, ne restano escluse le testate giornalistiche on-line.

Avv. Massimiliano Maiellaro
Dott. Daniele Zamperini, medico-legale

(Segue la Parte 3: Norme sulla corrispondenza)

Massime giurisprudenziali sulla diffamazione (banca dati ItalgiureWeb - https://www.italgiure.giustizia.it).
- Cass. Pen. sent. n. 36217/2024: “In tema di diffamazione, l'elemento psicologico consiste nella volontà e rappresentazione che la frase intenzionalmente lesiva dell'altrui reputazione, anche se comunicata a una sola persona, venga sicuramente a conoscenza di almeno un'altra persona.” (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la sentenza impugnata che aveva considerato consapevolmente "comunicata a più persone" una missiva, contenente espressioni offensive, trasmessa attraverso l'applicativo "Messanger" al presidente di un'associazione, sul presupposto, non provato, della certa previsione, da parte del reo, che anche i membri del direttivo dell'associazione avessero l'accesso a tale applicativo.);

- Cass. Pen. sent. n. 32027/2018: “In tema di diffamazione, nella valutazione del requisito della continenza, necessario ai fini del legittimo esercizio del diritto di critica, si deve tenere conto del complessivo contesto dialettico in cui si realizza la condotta e verificare se i toni utilizzati dall'agente, pur se aspri, forti e sferzanti, non siano meramente gratuiti, ma siano, invece, pertinenti al tema in discussione e proporzionati al fatto narrato ed al concetto da esprimere.”;

- Cass. Pen. sent. n. 18170/2015: “Il rispetto del canone della continenza esige che le modalità espressive dispiegate siano proporzionate e funzionali alla comunicazione dell'informazione, e non si traducano, pertanto, in espressioni che, in quanto gravemente infamanti e inutilmente umilianti, trasmodino in una mera aggressione verbale del soggetto criticato. Pertanto, il requisito della continenza, quale elemento costitutivo della causa di giustificazione del diritto di critica, attiene alla forma comunicativa ovvero alle modalità espressive utilizzate e non al contenuto comunicato.”;

- Cass. Pen. sent. n. 17944/2020: “Ai fini della configurabilità del delitto di diffamazione, è necessario che le parole utilizzate siano attributive di qualità sfavorevoli alla persona offesa, ovvero che gettino, comunque, una luce negativa su quest'ultima, con la conseguenza che è priva di rilevanza penale l'espressione di un auspicio la cui verificazione dipenda dalla volontà e dalle inclinazioni di terzi.” (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la valenza diffamatoria dell'augurio rivolto, in un canale su Internet, all'autore di un'intervista critica sulla omosessualità che "le figlie diventassero lesbiche e sposassero dei gay");

- Cass. Pen. sent. n. 55386/2018: “La diffamazione, che è reato di evento, si consuma nel momento e nel luogo in cui i terzi percepiscono le espressioni offensive e dunque, nel caso in cui frasi o immagini lesive siano state inserite in un messaggio di posta elettronica diretto a più destinatari, non è sufficiente il mero inserimento nella rete, ma occorre quanto meno la prova dell'effettivo recapito dello stesso, ovvero che il messaggio sia stato "scaricato" mediante trasferimento sul dispositivo del destinatario.” (In motivazione la Corte ha precisato che tale prova non deve essere necessariamente frutto di accertamenti tecnici, potendo essere oggetto di testimonianza e anche di prova logica acquisita in via inferenziale, ad esempio facendo riferimento all'accertata abitudine del destinatario di accedere con frequenza al "server" di posta elettronica.);

- Cass. Pen. sent. n. 522/2016: “Ai fini della configurabilità del reato di diffamazione, è necessario che l'autore della frase lesiva dell'altrui reputazione comunichi con almeno due persone ovvero con una sola persona ma con modalità tali che detta notizia venga sicuramente a conoscenza di altri, e tale requisito deve presumersi qualora l'espressione offensiva sia contenuta in un documento che, per sua natura, sia destinato ad essere visionato da più persone.” (Fattispecie relativa a frasi offensive inserite in un vaglia postale, che per necessità operative del servizio postale, non resta riservato tra il mittente ed il destinatario.);

- Cass. Pen. sent. n. 8890/2020: “In tema di diffamazione, sussiste il requisito della comunicazione con più persone anche quando uno dei due destinatari sia tenuto al segreto professionale.” (Fattispecie relativa alla manifestazione di espressioni offensive della reputazione di una collega di lavoro nel corso di un incontro di mediazione con il dirigente aziendale, tenuto in forma riservata con l'assistenza di uno psicologo);

- Cass. Pen. sent. n. 323/2021: “Ai fini della configurabilità del delitto di diffamazione non occorre che la propalazione delle frasi offensive avvenga simultaneamente, potendo la stessa aver luogo anche in momenti diversi, purché comunque rivolta a più soggetti.” (Nella specie, le frasi riferite alla condotta sessuale spregiudicata della vittima erano state indirizzate ad una pluralità di destinatari, attraverso singole chiamate, mediante "account" informatici falsamente riconducibili alla persona offesa);

- Cass. Pen. sent. n. 2598/2021: “Non osta all'integrazione del reato di diffamazione l'assenza di indicazione nominativa del soggetto la cui reputazione è lesa, qualora lo stesso sia individuabile, sia pure da parte di un numero limitato di persone, attraverso gli elementi della fattispecie concreta, quali la natura e la portata dell'offesa, le circostanze narrate, oggettive e soggettive, e i riferimenti personali e temporali.”;

- Cass. Pen. sent. n. 28675/2022: “Integra il delitto di diffamazione, e non la fattispecie depenalizzata di ingiuria aggravata dalla presenza di più persone, l'invio di messaggi contenenti espressioni offensive nei confronti della persona offesa su una "chat" condivisa anche da altri soggetti, nel caso in cui la prima non li abbia percepiti nell'immediatezza, in quanto non collegata al momento del loro recapito.”;

- Cass. Pen. sent. n. 37618/2023: “In tema di diffamazione militare, la diffusione di un messaggio offensivo in una "chat" dell'applicazione "whatsapp" non configura l'aggravante dell'uso di un "mezzo di pubblicità", trattandosi di strumento di comunicazione destinato a un numero ristretto di persone e privo della necessaria diffusività.”;

- Cass. Pen. sent. n. 31179/2023: “In tema di diffamazione, l'invio di una e-mail di contenuto diffamatorio a singole caselle di posta elettronica riservate non configura l'aggravante delle offese arrecate a mezzo stampa o con altro mezzo di pubblicità in quanto non comporta alcuna automatica diffusione a un numero indeterminato di soggetti. (In motivazione la Corte ha precisato che non può confondersi lo strumento informatico usato per trasmettere la comunicazione con la diffusività della stessa).”;

- Cass. Pen. sent. n. 13252/2021: “L'invio di una "e-mail" dal contenuto offensivo ad una pluralità di destinatari integra il reato di diffamazione anche nell'eventualità che tra questi vi sia l'offeso, stante la non contestualità del recepimento del messaggio nelle caselle di posta elettronica di destinazione.”;

- Cass. Pen. sent. n. 30318/2016: “In tema di diffamazione, configura il requisito della comunicazione con più persone, necessario ad integrare il reato, l'invio ad una persona di una mail con contenuto offensivo anche nei riguardi di altro soggetto, con l'intenzione di favorirne la comunicazione a quest'ultimo, che poi ne ha effettiva conoscenza.”;

- Cass. Pen. sent. n. 8898/2021: “In tema di diffamazione, nel caso di condotta realizzata attraverso "social network", nella valutazione del requisito della continenza, ai fini del legittimo esercizio del diritto di critica, si deve tener conto non solo del tenore del linguaggio utilizzato, ma anche dell'eccentricità delle modalità di esercizio della critica, restando fermo il limite del rispetto dei valori fondamentali, che devono ritenersi sempre superati quando la persona offesa, oltre che al ludibrio della sua immagine, sia esposta al pubblico disprezzo.” (Fattispecie relativa alla pubblicazione di commenti "ad hominem" umilianti e ingiustificatamente aggressivi su una bacheca "facebook", pubblica "piazza virtuale" aperta al libero confronto tra gli utenti registrati.);

- Cass. Pen. sent. n. 4873/2016: “La diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l'uso di una bacheca "facebook" integra un'ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell'art. 595, comma terzo, cod. pen., sotto il profilo dell'offesa arrecata "con qualsiasi altro mezzo di pubblicità" diverso dalla stampa, poiché la condotta in tal modo realizzata è potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato, o comunque quantitativamente apprezzabile, di persone e tuttavia non può dirsi posta in essere "col mezzo della stampa", non essendo i social network destinati ad un'attività di informazione professionale diretta al pubblico.” (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la sussistenza anche dell'aggravante di cui all'art. 13 della legge n. 47 del 1948.);

- Cass. Pen. sent. n. 38755/2023: “Ai fini dell'affermazione della responsabilità per il delitto di diffamazione, l'accertamento tecnico in ordine alla titolarità dell'indirizzo IP da cui risultano spediti i messaggi offensivi non è necessario, a condizione che il profilo "facebook" sia attribuibile all'imputato sulla base di elementi logici, desumibili dalla convergenza di plurimi e precisi dati indiziari quali il movente, l'argomento del "forum" sul quale i messaggi sono pubblicati, il rapporto tra le parti, la provenienza del "post" dalla bacheca virtuale dell'imputato con utilizzo del suo "nickname".”;

- Cass. Pen. sent. n. 7720/2021: “In tema di diffamazione, l'amministratore di un sito internet non è responsabile ai sensi dell'art. 57 cod. pen., in quanto tale norma è applicabile alle sole testate giornalistiche telematiche e non anche ai diversi mezzi informatici di manifestazione del pensiero (forum, blog, newsletter, newsgroup, mailing list, facebook), salvo che sussistano elementi che denotino la compartecipazione dell'amministratore alla attività diffamatoria.”;

- Cass. Pen. sent. n. 12546/2018: “In tema di diffamazione, il "blogger" risponde del delitto nella forma aggravata, ai sensi del comma 3 dell'art. 595 cod. pen., sotto il profilo dell'offesa arrecata "con qualsiasi altro mezzo di pubblicità", per gli scritti di carattere denigratorio pubblicati sul proprio sito da terzi quando, venutone a conoscenza, non provveda tempestivamente alla loro rimozione, atteso che tale condotta equivale alla consapevole condivisione del contenuto lesivo dell'altrui reputazione e consente l'ulteriore diffusione dei commenti diffamatori.” (Fattispecie in cui l'imputato aveva consapevolmente mantenuto nel suo "blog" contenuti offensivi, propri e di terzi, a commento di una lettera della persona offesa dal medesimo pubblicata, fino all'oscuramento intimato dall'autorità giudiziaria ed eseguito dal "provider".);

- Cass. Pen. sent. n. 8/2019: “In tema di diffamazione a mezzo stampa, le notizie e le valutazioni esternate con espressioni dubitative o interrogative, se non corrispondenti al vero, possono ledere l'altrui reputazione quando le frasi utilizzate nel contesto della comunicazione, in quanto allusive, insinuanti e suggestive, siano idonee ad ingenerare nel lettore il convincimento dell'effettiva rispondenza a verità del fatto adombrato.” (Fattispecie relativa ad un articolo di stampa nel quale, sia pure in termini ipotetici, si veicolava il messaggio che un sindaco avesse potuto avallare una speculazione privata illecita mercificando la propria funzione.)”;

- Cass. Pen. sent. n. 27675/2019: “In tema di diffamazione, è legittimo il sequestro preventivo di un "blog" che integra un "mezzo di pubblicità" diverso dalla stampa, per cui non trova applicazione la normativa di rango costituzionale e di livello ordinario che disciplina l'attività di informazione professionale diretta al pubblico, che rimane riservata, invece, alle testate giornalistiche telematiche.”;

- Cass. Pen. sent. n. 26512/2021: “In tema di diffamazione, per la sussistenza della circostanza aggravante dell'attribuzione di un fatto determinato è sufficiente che l'episodio riferito venga specificato nelle sue linee essenziali, in modo che risulti maggiormente credibile e che le espressioni adoperate evochino, alla comprensione del destinatario della comunicazione, azioni concrete e dalla chiara valenza negativa.”;

- Cass. Pen. sent. n. 17243/2020: “In tema di diffamazione, l'esimente del diritto di critica postula una forma espositiva corretta, strettamente funzionale alla finalità di disapprovazione e che non trasmodi nella gratuita ed immotivata aggressione dell'altrui reputazione, ma non vieta l'utilizzo di termini che, sebbene oggettivamente offensivi, hanno anche il significato di mero giudizio critico negativo di cui si deve tenere conto alla luce del complessivo contesto in cui il termine viene utilizzato.”;

- Cass. Pen. sent. n. 9953/2022: “In tema di diffamazione, ricorre l'esimente dell'esercizio dei diritti di critica e di satira politica nel caso in cui le espressioni utilizzate esplicitino le ragioni di un giudizio negativo collegato agli specifici fatti riferiti e, pur se veicolate nella forma scherzosa e ironica propria della satira, non si risolvano in un'aggressione gratuita alla sfera morale altrui o nel dileggio o disprezzo personale.” (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto scriminata la condotta di un sindaco che, nel corso del consiglio comunale dedicato alla discussione dello strumento di pianificazione paesaggistica regionale, aveva criticato l'operato della responsabile dell'Ufficio Tecnico di quel Comune e l'aveva paragonata alla maga Circe, evocando in maniera scherzosa e ironica le capacità ingannatorie del personaggio omerico.);

- Cass. Pen. sent. n. 8721/2017: “In tema di diffamazione, ai fini della applicazione dell'esimente dell'esercizio del diritto di critica, non può prescindersi dal requisito della verità del fatto storico ove tale fatto sia posto a fondamento della elaborazione critica.”;

- Cass. Pen. sent. n. 2218/2022: “In tema di diffamazione, la scriminante del diritto di cronaca non opera nel caso in cui la notizia pubblicata su un sito "internet" provenga da uno scritto anonimo, in quanto insuscettibile del controllo di veridicità e, quindi, non meritevole di interesse pubblico.” (In motivazione, la Corte ha evidenziato che l'obbligo di verifica non può ritenersi assolto dalla precedente pubblicazione della notizia da parte di altre fonti di informazione.);

- Cass. Pen. sent. n. 26477/2021: “In tema di diffamazione, la causa di non punibilità della provocazione non ha natura di scriminante ma di scusante, idonea ad eliminare solo la rimproverabilità della condotta dell'autore in ragione delle motivazioni del suo agire, ferma restando l'illiceità del fatto, imputabile a titolo di dolo, e la conseguente obbligazione risarcitoria nei confronti del soggetto leso.”;

- Cass. Civ. n. 1091/2016: “In tema di lesione del diritto all'immagine ed alla reputazione, la quantificata entità del corrispondente danno risarcibile non può essere automaticamente ridotta per effetto della pubblicazione della sentenza su un quotidiano, costituendo tale misura, oggetto di un potere discrezionale del giudice, una sanzione autonoma che, grazie alla conoscenza da parte della collettività della reintegrazione del diritto offeso, assolve ad una funzione riparatoria in via preventiva rispetto all'ulteriore propagazione degli effetti dannosi dell'illecito, diversamente dal risarcimento del danno per equivalente che mira al ristoro di un pregiudizio già verificatosi.”



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stampato il 05/12/2024 alle ore 03:32:52