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Le radici sociali della malattia - Parte seconda

Categoria : scienze_varie
Data : 16 ottobre 2025
Autore : admin

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Testo :

La salute come prodotto di fattori interconnessi

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), i determinanti della salute sono “le circostanze nelle quali le persone nascono, crescono, vivono, lavorano e invecchiano, e i sistemi messi in atto per affrontare le malattie”.
Queste circostanze sono a loro volta plasmate da fattori politici, economici, sociali, ambientali e culturali.
Occorre quindi passare da un modello strettamente biomedico a uno bio-psico-sociale. Questo modello è stato proposto nel 1977 da George L. Engel e si pone come alternativa al tradizionale modello biomedico, ritenuto troppo riduttivo. Esso si articola in tre livelli:
 livello biologico: genetica, biochimica;
 livello psicologico: emozioni, credenze, pensieri, personalità, meccanismi di adattamento (coping);
 livello sociale: stato socio-economico, relazioni sociali e familiari, istruzione, ambiente.

Il modello bio-psico-sociale permette di integrare i vari spetti della malattia facilitandone la comprensione e il trattamento. Il concetto chiave è quello di interconnessione. Un semplice esempio mostra come funziona questo approccio. Supponiamo di avere un paziente affetto da diabete. Possiamo identificare tre livelli:
 un livello biochimico (predisposizione genetica, resistenza all’insulina, iperglicemia);
 un livello psicologico (difficoltà ad accettare la diagnosi, la malattia provoca stress cronico e ansia per il timore di complicanze);
 un livello sociale (la malattia può incidere sulla vita lavorativa e quindi sulle disponibilità economiche, sulle relazioni sociali e familiari).

Si comprende quindi che la salute non è una condizione statica ma si modifica nel tempo e risente continuamente delle influenze psicologiche (percezione dello stress, esclusione sociale, ansia e depressione) e sociali (reddito, istruzione, opportunità lavorative, condizioni abitative, ecc.). Chi si trova in uno status sociale inferiore è più vulnerabile all’accumulo dei fattori di rischio nel corso dell’esistenza e a una maggiore incidenza di patologie croniche.
Ad esempio a Londra la differenza di aspettativa di vita tra i quartieri benestanti e quelli popolari può superare i dieci anni. E non si tratta solo di longevità: cambia anche il numero di anni vissuti in buona salute. Chi nasce in contesti svantaggiati ha più probabilità di sviluppare malattie croniche precocemente, e spesso deve affrontare un percorso frammentato e tardivo di accesso alle cure. Nei quartieri di Kensington and Chelsea o Richmond upon Thames, l’aspettativa di vita può superare gli 85 anni. In quartieri più svantaggiati come Tower Hamlets o Newham, può scendere fino a 75-77 anni, o anche meno in alcuni sottogruppi.
Un caso emblematico è quello degli Stati Uniti, una delle economie più ricche al mondo, ma con indicatori di salute pubblica spesso peggiori rispetto a paesi europei con minori risorse economiche. Nonostante un sistema sanitario altamente tecnologico, l’assenza di copertura sanitaria universale, le disuguaglianze razziali, il precariato lavorativo e la scarsa protezione sociale contribuiscono a una mortalità precoce e a una qualità della vita peggiore per milioni di cittadini americani. Il confronto tra USA e Canada è impietoso. L’aspettativa di vita media negli Stati Uniti è attorno ai 76-77 anni; in Canada (una nazione confinante e per molti versi paragonabile) la vita media si aggira su 82-83 anni. Anche la mortalità infantile è minore in Canada rispetto agli USA: 4,4 morti per 1000 nati vivi contro 5,4 morti per 1000 nati vivi. I canadesi tendono anche ad avere un tasso minore di obesità, diabete, mortalità da cause evitabili. Il Canada spende circa l’11-12% del PIL per la sanità, gli USA circa il 17-18%. Allora come si spiegano questi dati? Il fattore chiave è rappresentato dal sistema sanitario dei due paesi: in Canada il sistema è pubblico, di tipo universalistico e praticamente gratuito per le cure essenziali; negli USA l’accesso è fortemente influenzato dal tipo di assicurazione e una parte significativa della popolazione, quella svantaggiata, rimane parzialmente o totalmente scoperta.
Anche in Italia i ceti sociali svantaggiati mostrano esiti di salute peggiori. Per esempio oltre il 40% delle persone con bassi redditi ritiene di non godere di buona salute contro il 23% delle persone economicamente più agiate. La depressione affligge il 13% dei soggetti in difficoltà economica mentre colpisce “solo” il 4% di chi non ha questo problema. Tra i laureati l’aspettativa di vita è superiore di circa 3 anni per gli uomini e di 18 mesi per le donne rispetto a chi ha conseguito solo una licenza di scuola media inferiore. Da notare che esistono anche importanti differenze regionali. Per esempio l’aspettativa di vita è superiore in media di circa 18-24 mesi per le persone che vivono nel nord-est del paese rispetto a chi vive nel mezzogiorno d’Italia. Queste variazioni riflettono in parte le differenze di reddito che esistono tra le varie regioni e in parte la qualità dei servizi sanitari regionali, con il sud generalmente più sfavorito.


Renato Rossi




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