Un'alternativa al trapianto di fegato?
Categoria : epatologia
Data : 30 aprile 2000
Autore : admin
Intestazione :
Epatociti modificati potrebbero evitare la sostituzione dell'organo
Testo :
Un nuovo modo di far crescere in laboratorio le cellule epatiche potrebbe in futuro rappresentare una reale opportunità di sopravvivenza per coloro che sono in attesa di un trapianto di fegato, consentendo di superare in parte il problema della reperibilità degli organi. Questo l’ambizioso obiettivo che si sono posti i ricercatori del Brigham and Women's Hospital di Boston, che hanno ottenuto i primi incoraggianti risultati riportati questa settimana in Science. Il procedimento terapeutico alla base dello studio consiste nella possibilità di utilizzare epatociti sani, trapiantati nell’organismo, per ripristinare le normali funzioni epatiche di cui il soggetto è deficitario. La tecnica non è in realtà nuova: è già stata testata nell’uomo, ma la sua applicabilità è limitata dalla difficoltà di reperire un numero di cellule sufficiente per il trapianto, dato che gli epatociti crescono molto difficilmente in provetta. Il gruppo di ricercatori guidato da Philippe Leboulch è riuscito a mettere a punto una strategia per risolvere il problema: modificando geneticamente gli epatociti, ovvero inserendo in essi un gene tumorale (oncogene), è possibile innescare il fenomeno della immortalizzazione, per il quale le cellule acquistano la capacità di moltiplicarsi all’infinito. Per ovviare il problema del rischio tumorigenico provocato dall’iniezione di queste cellule nell’organismo, gli studiosi sono riusciti a rendere reversibile l’immortalizzazione: l’oncogene era inserito in modo tale da poter essere successivamente escisso dalle cellule mediante un trattamento enzimatico. Gli epatociti così ingegnerizzati sono stati dunque iniettati nella milza di ratti il cui fegato era stato rimosso per il 90 per cento: a differenza degli animali di controllo non trattati, che sono morti per insufficienza epatica nel giro di pochi giorni, nel 60 per cento degli animali trapiantati si sono ripristinate le normali funzioni del fegato, consentendo la sopravvivenza e, soprattutto, senza provocare effetti dannosi. Non ho idea quando questa tecnica potrà essere usata anche per l’uomo ha precisato Leboulch, ribadendo che si tratta ancora di studi preliminari e che diversi sono gli aspetti che occorre definire prima di lasciarsi prendere dall’entusiasmo. Certo è che se dovesse dimostrarsi efficace e priva di rischi per l’uomo, la procedura di immortalizzazione reversibile potrebbe in futuro essere estesa anche ad altre cellule somatiche, con potenziale applicazione in varie condizioni patologiche.
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